La “mesagnesità” Ricerche sulle tradizioni popolari mesagnesi (IV)
Quarto appuntamento della rubrica relativa alle tradizioni popolari mesagnesi;
continuiamo a proporre alcune schede relative ai giochi tradizionali, un vero e proprio mondo perduto (schede n. 11, 12 e 13).
Scheda n. 11
Nome: A ccavallu t’oru
Numero giocatori: due squadre formate ognuna da non meno di 4-6 elementi
Genere: maschile
Luogo: all’aperto
Materiali: nessuno, ma occorreva un muro o un palo o una sedia
Descrizione:
Due squadre formate da un numero variabile di ragazzi, almeno quattro per squadra ma potevano essere anche sei, difficilmente il numero dei giocatori era superiore per via del peso complessivo dei ragazzi. Si tirava a ttueccu e la squadra perdente si “metteva sotto”, nel senso che ogni componente della squadra si piegava sulla schiena in fila, attaccandosi l’un l’altro all’altezza del bacino, gambe divaricate e testa ben protetta. Il primo della serie si appoggiava ad un muro o palo, talvolta poteva anche starsene seduto su di una sedia.
Si formava così un superficie fatta di schiene sulle quali dovevano saltare i ragazzi della seconda squadra, più fortunati nel sorteggio. Questi ragazzi dovevano saltare tutti e mantenersi in equilibrio senza cadere, perché questo comportava la penalità di “mettersi sotto” e sostenere , a loro volta, i compagni della prima squadra. Ma se questi di sotto non reggevano il peso dei compagni e cadevano, perdevano e si rimettevano sotto.
Chi saltava non solo doveva farlo per bene per mantenere l’equilibrio, ma il primo che saltava doveva cercare di farlo il più avanti possibile per lasciare il posto ai compagni della squadra che saltavano successivamente, cercando di non cadere né di provocare, con il loro salto, la caduta rovinosa dei compagni.
Per fare posto i giocatori della seconda squadra che saltavano sul dorso dei compagni, potevano anche lasciarsi cadere di sotto, per liberare spazio agli amici, restando avvinghiati con braccia e gambe all’avversario, faccia a faccia!
Se tutto andava per il verso giusto, il gioco era vinto solo se i ragazzi della squadra di sotto battevano le mani in segno di sconfitta e di riuscita del gioco per i giocatori della squadra di sopra.
Scheda n. 12
Nome: A ccavallucciu
Giocatori: due, un adulto ed un bambino
Genere: maschile e femminile
Luogo: generalmente al chiuso, in casa; durante la bella stagione anche all’aperto
Materiali: nessuno
Descrizione:
È un gioco infantile che tende a simulare una cavalcata. Un adulto (generalmente il padre, il nonno, un parente del bambino) accavalla una gamba sull’altra e pone il bambino, naturalmente abbastanza piccolo e poco pesante, sul piede all’insù della gamba. Il bambino, a cavalcioni sul piede, tiene le mani dell’adulto per non cadere. L’adulto solleva con ritmo, simulando una cavalcata, il piede ed il bambino e mentre lo fa recita una filastrocca:
oppi oppi cavallucciu
sciamu a lla fera e ccatamu nnu ciucciu
oppi oppi cavallucciu.
Variante:
oppi oppi cavallucciu,
sciamu a Llatianu e ccattamu nnu ciucciu
oppi oppi cavallucciu.
Scheda n. 13
Nome: A cci nn’acchia (anche Tiritoti o Titiritoti)
Numero giocatori: un gruppo numeroso, comunque più di due
Genere: maschile; in tempi più recenti, anche femminile
Luogo: all’aperto, in strada
Materiali: un muro, un albero o un palo della luce
Descrizione:
È un gioco classico (nascondino; rimpiattino): un ragazzo deve cercare gli altri che si sono nascosti e catturarli simbolicamente dopo aver raggiunto per primo la meta stabilita.
Ma andiamo con ordine. I giocatori, meglio se cinque o sei, tirano a sorte per stabilire chi deve cercare i compagni, ben nascosti e per niente intenzionati a farsi scoprire. Il designato dalla sorte si appoggia al muro o al palo e, con gli occhi chiusi, conta sino a 51 (o anche 41; in alcuni paesi viciniori si conta fino a 31) dando così tempo agli altri giocatori di nascondersi nei pressi.
Prima dell’inizio del gioco i ragazzi stabilivano una meta, una porta o un breve lato del muro. La meta doveva essere toccata dai ragazzi rimasti nascosti, senza essere scoperti dal ragazzo che la difendeva. Quando conquistava la meta, il ragazzo gridava “seglia”!
Il gioco consisteva nell’arrivare alla meta senza essere scoperti. Quando il ragazzo conduttore del gioco scopriva un altro giocatore, ne pronunciava ad alta voce il nome e chi era scoperto per primo diveniva a sua volta cercatore. Ma se l’ultimo giocatore riusciva a raggiungere la meta senza essere scoperto, salvava se stesso e i compagni catturati in precedenza (gridava in tal caso “sarva tutti”).
Il grido tiritoti o titiritoti apriva il gioco e la ricerca dei giocatori nascosti.
Marcello Ignone