L’Eskimo l’ho avuto anch’io (di Carmelo Colelli)
Il prof. Marcello Ignone, nel suo articolo “L’Eskimo me lo ricordo …”, ha raccontato
uno spaccato della vita giovanile mesagnese, gli anni ’60, i ragazzi politicizzati, il loro modo di vivere, la frequentazione dei vari circoli politici presenti in Mesagne.
Io, negli anni raccontati dal professore, non ho vissuto a Mesagne, tornavo solo nel periodo estivo, inizio Luglio fine Settembre. In questo periodo trascorrevo le giornate con i miei amici. Un gruppetto ben affiatato e anche noi, indossavamo l’Eskimo durante la stagione fredda.
Eravamo studenti delle superiori, alcuni già lavoravano. Uno di questi amici era molto politicizzato, amante della storia, molto preparato sulle trasformazioni sociali che erano avvenute in Italia e in Europa, buon conoscitore della storia della sinistra e del Partito Comunista.
Oltre alla preparazione storica aveva anche un’ottima preparazione letteraria, la sua penna e la sua lingua erano fluide e precise, ogni concetto che esprimeva lo motivava e ne dimostrava le fonti che gli avevano consentito di formularlo.
Era uno di quei giovani che voleva cambiare il mondo. La necessità della lotta per un miglioramento sociale la sentiva come missione della sua vita.
Anche noi, come tutti gli altri giovani, eravamo soliti la sera passeggiare sul viale della Villa Comunale. Lì si affrontavano i problemi, si approfondivano, le ore scorrevano e alla fine della serata era sempre necessario rimandare al domani ulteriori discussioni.
Come sapete il nostro paese è piccolo e ci si conosce un pò tutti, i ragazzi di quegli anni frequentavano le stesse scuole e gli stessi posti.
Il mio amico, quello più politicizzato, una sera si trovò a passare dalla sede dei ragazzi di destra. Cercava un suo compagno di scuola, su una scrivania vide dei fogli scritti a mano, era una relazione, redatta da uno dei ragazzi più preparati di quella sezione, la lesse e trovò in un punto alcune difformità linguistiche, le corresse e dopo aver salutato il suo compagno di scuola andò via.
La fine degli anni ’60 fu arricchita in molte parti d’Italia da scontri tra elementi di destra e di sinistra.
Passeggiando, nella Villa Comunale, il nostro amico ci raccontò quello che aveva fatto. In tempi normali, il suo gesto sarebbe stato visto come un bel gesto di cortesia. In quegli anni poteva essere considerato un affronto, una provocazione.
Lui e noi riflettevamo su quanto aveva raccontato e pensavamo che sarebbe certamente accaduto qualcosa, incominciammo ad aspettarci la reazione.
Nello stesso viale passeggiavano tutti, quelli di destra, quelli di sinistra e tutti gli altri che non erano interessati a discorsi politici.
Eravamo all’altezza del chiosco, quello verso via Carmine, da lontano vedemmo il gruppo dei ragazzi di destra, capeggiati dal loro amico, l’autore della relazione, venirci incontro, capimmo che erano diretti verso di noi, capire il perché ci fu subito chiaro e ci allertammo.
Proseguimmo indifferenti, l’incontro avvenne a metà del viale, quando fummo proprio vicini, l’autore della relazione si staccò dal gruppo e ci venne incontro, si avvicino al mio amico, noi eravamo tutti pronti a proteggerlo, gli altri pronti ad attaccare e proteggere il loro amico, i due si guardarono, il ragazzo di destra porse la mano al mio amico e lo ringraziò della correzione fatta sulla relazione.
Un bellissimo gesto, un bel modo di essere avversari.
Tutto fini lì.
Erano gli anni in cui i giovani si informavano, discutevano, si confrontavano, le nuove idee venivano condivise elaborate e dove possibile realizzate.
I frequentatori dei vari circoli in paese, di qualsiasi colorazione politica, erano preparati, leggevano, si informavano, costruivano ideologie.
Da quell’ episodio sono passati quasi cinquant’anni, i due sono diventati degli ottimi professionisti, uno un bravissimo professore di lettere, l’altro un bravo professionista, entrambi hanno continuato a seguire la loro fede giovanile, io non ho mai dimenticato quello che avvenne quella sera d’estate della fine degli anni ’60.
È la prima volta che racconto questa storia, ho omesso i nomi di quei due ragazzi, perché uno non c’è più e dell’altro non ricordo il nome.
Lo spirito del racconto è quello di comunicare, a chi fa politica, oggi, di prendere esempio da chi ha fatto politica 50 anni fa, di prendere questo esempio come modo di confrontarsi nelle dispute odierne, essere avversari ma con rispetto.
Carmelo Colelli