La storia della " puccia" alla vigilia dell'Immacolata (di Cosimo Zullo)
Agli inizi degli anni 60, i nostri comuni erano prettamente agricoli.
L'attività nelle nostre case iniziava quando ancora era molto buio, prima dell'alba.Intanto si viveva intensamente con i nonni e i genitori la novena della Madonna Immacolata.
Ricordo che nelle case la mattina, verso le quattro, arrivavano a ritirare le olive raccolte, i cosiddetti"uastasi". Erano chiamati così, perché nella tradizione i contadini avevano molti dubbi , per come venivano conteggiate le " misure" delle olive .Erano le squadre di quelli che compravano le olive dai contadini e poi le rivendevano ai proprietari degli oleifici, i " trappitari" Dopo che " gli uastasi"andavano via, ci si recava alla Chiesa dell'Immacolata per la novena.
Le mamme molto spesso, prima dell'alba , preparavano "la gialletta". I nostri padri e i nonni prima di andare in campagna , era abitudine che facevano colazione , non con latte e biscotti, ma con vino e questa zuppetta piccante con i pomodori.In tutte le abitazioni vi erano luci accese, vi era movimento e preparativi per andare in campagna.Ricordo che, allora ,la raccolta delle olive avveniva tutta a mano impegnando molte donne braccianti ed ognuna aveva il suo cesto detto " panaro".La cosa che ricordo che il giorno della vigilia, era consuetudine portare alle raccoglitrici la "puccia".Quella puccia , molto diversa da ciò che oggi si mangia nelle pizzerie.
Era un panino, tipo una "rosetta" farcita con le olive nere, un po' oleata e molto saporita.
Era un modo molto semplice per " onorare" in campagna la vigilia della Immacolata.
Cosimo Zullo
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