Nel centrosinistra si infiamma il totonomine (di Giuseppe Florio).

Tutto tace ma nessuno tace. Il dibattito in seno a quello che fu e che non si sa se sarà ancora il centrosinistra sembra languire, almeno sul piano dei confronti ufficiali. Le schermaglie, però, non sembrano affievolirsi, affidate all'iniziativa di singoli o gruppi ed a mezzi fino a poco tempo addietro insoliti come Facebook.

Pompeo Molfetta, autocandidatosi a concorrere allo scranno più alto di Palazzo dei celestini, rifiuta l'ipotesi di partecipare alle primarie? Il deputato Toni Matarrelli gli dà man forte, argomentando che, dopo anni di mancato avvicendamento con candidati del medesimo segno (PDS, poi DS ed infine PD), spetterà ad altri?

La segreteria democratica ignora le provocazioni ed attende di imbastire, presumibilmente prima di consumare l'appuntamento con le primarie regionali del 30 novembre, una serie di confronti bilaterali con le forze politiche tradizionalmente appartenute al centrosinistra e con movimenti civici ed associazioni.

 

Ma, per conto del PD, risponde perentoriamente sul social network la frangia renziana, molto liberal e un po' sfrontata, di “Mesagne cambia verso”: «Non possiamo che farcene una ragione e andare avanti con chi ha idee meno ambigue sulla democrazia. L'abbandono della coalizione di centrosinistra da parte del partito che più di tutti ha condizionato questa amministrazione crea i presupposti per una nuova stagione della politica amministrativa mesagnese.

Una nuova stagione che passerà, con buona pace degli autocandidati, dalla scelta di ridare ai cittadini la possibilità di indicare, tramite le primarie (entro il 15 dicembre), il candidato sindaco e il programma di governo. Bene quindi le azioni intraprese unitariamente dal PD fino ad oggi». Se l'apparenza suggerisce uno stato di calma e di compattezza, in realtà in alcuni settori del PD sarebbe montato il subbuglio. L'ipotesi di investire tutta la propria forza sul candidato potenzialmente più efficace (in termini di consenso nella città) e cioè su Francesco “Ninni” Mingolla, primario di Medicina all'Ospedale San Camillo De' Lellis, figura stimata e particolarmente benvoluta, non sarebbe gradita dall'intero partito.

Resistenze, se non proprio aperte ostilità, potrebbero provenire dall'ex vicepresidente della provincia Damiano Franco e dai suoi (numerosi) fedelissimi, ma anche dagli esponenti pittelliani di LabDem Mino Carriero (membro della segreteria regionale) e Annamaria Scalera (della direzione regionale), stramotivati a chiedere ed anzi pretendere il rinnovamento generazionale.

Proprio il movimentismo di questi ultimi avrebbe procurato un primo grado di allarme: «Di questo passo si rischia di sfasciare quel che abbiamo pazientemente ricostruito, la soluzione per vincere le elezioni non l'abbiamo a portata di mano. Bisogna sforzarsi di inventarsi una figura nuova, come fu per Mario Sconosciuto, bisogna cercare all'esterno per sparigliare anche l'assalto alla diligenza di Sinistra Ecologia Libertà».

Così una delle menti più acute del PD, che oggi vuole rimanere anonimo ma presto si lascerà intervistare.

Giuseppe Florio

 

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