Chi vincerà le elezioni? Ecco le prime risposte (di Giuseppe Florio).
Chi si gioca realmente la partita per Palazzo dei Celestini? Con una mezza dozzina di candidati sindaci, una pletora di liste, circa 300 candidati schierati come truppe la competizione si preannuncerebbe di difficile lettura.
Invece – e questo è comune sentire – le previsioni potrebbero essere meno complicate del previsto. Azzardando allora una griglia degli arrivi: Danilo Facecchia, candidato del Movimento 5 stelle, è praticamente sconosciuto alla comunità cittadina. Negli ultimi anni sembrerebbe aver scimmiottato gli aspetti più deteriori del grillismo, adottando come profilo di comportamento una sgradevole animosità contro la casta (accusata di ogni sorta di nefandezze, ma sempre senza comprovarle) e contro le voci dissonanti (giornalisti diffamatoriamente dipinti come «lacchè»). Per lui, attorniato da un gruppo variopinto di attivisti (molti genuinamente appassionati ma anche e purtroppo turbopopulisti e qualche nostalgico del fascismo), si profila un mesto ultimo posto.
Potrebbero giocarsi una «finalina» (terzo e quarto posto) i movimenti civici ProgettiAmo Mesagne, Civico 26 ed il partito Forza Italia. Diverse le situazioni: Antonio Calabrese, candidato per i primi, si è distinto per il garbo e la puntualità nel condurre una intransigente opposizione alla giunta Scoditti: molte istanze presentate da ProgettiAmo Mesagne hanno incalzato, quando non messo in seria difficoltà, il governo in carica.
Sconterebbero la scelta di presentarsi da soli ma non la vacuità della proposta politica. Emilio Guarini, ammiraglio galantuomo a capo di Civico 26, rivestirebbe un po' il ruolo dell'outsider, come il marziano a Roma affrescato da Flaiano: potrà suscitare curiosità e quindi interesse, coagulando consenso anche oltre i settori sociali di tradizionale riferimento, ovvero quelli della borghesia conservatrice e delle professioni.
La sua decisione di competere in solitudine è prima di tutto una vocazione purista, con dei tratti – absit iniuria – un po' naïf che, risultando anacronistici, potrebbero valere qualcosa in punti percentuali. Sabrina Didonfrancesco invece, candidata per il partito berlusconiano, pagherebbe le difficoltà procuratele dalla vistosa assenza di personale politico, patita dopo la confluenza durante la scorsa estate della maggior parte della classe dirigente in Mesagne Futura. Dalla sua, però, una diffusa popolarità nei ceti umili ed il fatto di incarnare l'unica quota rosa nel panorama cittadino.
In finale è lecito presumere che allora dovranno battersi il democratico Francesco Mingolla, medico ospedaliero generoso e perciò molto amato in città, e Pompeo Molfetta, medico di base rigoroso ed altrettanto stimato. La sfida, per così dire «sanitaria», si dipanerà attraverso la conta degli eserciti in campo. Sulla carta, e stando così le cose, Molfetta sarebbe in vantaggio – per prevenire la sommossa: a detta degli analisti più fini del PD – ma non tanto da superare le forche caudine del ballottaggio.
Frangente in cui rientrerebbero in ballo quelli del terzo e quarto posto: come spiega con la consueta e colta arguzia il commissario cittadino di FI Luigi Indolfi, «poi arriva Brenno». Come a dire: «E' lì che riusciremo a fare la differenza».
Giuseppe Florio