Sei candidati sindaci. Aumenta l'animosità (di Giuseppe Florio).
Sei candidati sindaci ai blocchi di partenza, un numero ancora indefinito ma fin troppo alto di liste a supporto ed un tasso di animosità che, col passare delle settimane, sfiorerà – c'è da scommetterci – l'indecenza.
La partita per lo scranno più alto di Palazzo dei Celestini sembra giocarsi nell'alveo di quello che fu il centrosinistra, tra Pompeo Molfetta (alla guida di una coalizione civica eterogenea) e Ninni Mingolla (candidato per il Partito Democratico). Si contenderebbero la terza posizione Emilio Guarini, ammiraglio a capo del movimento Civico 26, il leader di ProgettiAmo Mesagne Antonio Calabrese e la forzaitaliota Sabrina Didonfrancesco. In posizione almeno apparentemente marginale il candidato del Movimento 5 Stelle Danilo Facecchia al quale, in perfetta mimesi del proprio guru nazionale, non serve alcun invito ad alzare oltremodo i toni. Nel mirino, praticamente di tutti gli altri competitors, Pompeo Molfetta, forse perché in presumibile vantaggio.
«Hanno progettato una macchina infernale succhia voti, infinite liste per "incastrare" più famiglie possibili, quasi un'armata di regime. Vogliono vincere con la forza e per forza, perché per loro gli interessi in gioco sono troppo alti. Se perdessero, perderebbero il potere, il controllo di questa città. Finora grazie al loro gioco di potere hanno potuto controllare le persone, non hanno mai voluto renderci liberi, autonomi, indipendenti», argomenta su Facebook Facecchia a proposito della coalizione
“Diamoci una mano”, per soggiungere: «Non ho capito se quelli che esaltano la macchina "Molfetta sindaco" siano inconsapevoli, ingenui, fessi oppure sono complici del piano diabolico». Touchè.
Neppure il democratico Mingolla, che pure nelle prime sortite sembrava aver adottato la cifra del «buon padre di famiglia», sembrerebbe volersi sottrarre alla ricerca dello scontro polemico: «La coalizione di Molfetta è un minestrone politico che porterebbe Mesagne alla ingovernabilità», scrive ancora una volta sul social network di Mark Zuckerberg.
E poi così argomenta: «Al di là delle belle parole e dei buoni intenti, nulla può provenire di buono dal mettere insieme personalità provenienti da tradizioni e visioni totalmente diverse come quelle messe insieme dal dott. Pompeo Molfetta e dall’On. Toni Matarrelli.Occorre riflettere su come potranno trovarsi d’accordo esponenti che hanno militato per anni nella destra più conservatrice con esponenti della sinistra radicale. Come potranno conciliare le loro vedute sui temi dello sviluppo economico, delle politiche sociali o dell’immigrazione, per esempio.
Potranno apportare tutte le ragioni di questo mondo e tirare in causa la condivisione di punti programmatici comuni ma, non ci sono dubbi, verrebbero prima o poi smentiti dai fatti.Una coalizione siffatta sembra nata per assicurare poltrone in Consiglio Comunale ad aree politiche disaggregate che da sole non avrebbero incontrato il minimo consenso nei mesagnesi».
Intanto, come se il pepe non fosse già abbastanza, qualche forza politica preannuncia ufficiosamente di avere «un dossier, notizie-bomba pronte ad esplodere, scheletri nell'armadio da rivelare alla città». Un buon modo davvero per affrontare la competizione elettorale.
Giuseppe Florio