Molfetta punta sui giovani. Ecco come cambia la politica (di Giuseppe Florio).
Pompeo Molfetta, a capo della coalizione “Diamoci una mano”, rischia di perdere la faccia, di rovinarsi la storia politica, di guastare la biografia personale e chissà che altro ancora.
Ed invece è più che serafico: è «gramscianamente» ottimista, puntando tutto sulla volontà di farcela. A volergli dar retta, la scommessa si gioca (e si vince) sul programma: sulla partecipazione a costruirlo, sulla sua qualità profonda, sulla fattibilità. «Ma c'è qualcosa di più», precisa. «Il nostro programma è inteso come una piattaforma interattiva aperta e perdurante che non esaurisce le sue funzioni durante la campagna elettorale ma sostiene costantemente l'azione di governo e si arricchisce sempre dei contributi di tutti coloro che vorranno sostenerlo».
Molfetta sarà pure (politicamente) vecchio, ma ha scelto di parlare un linguaggio nuovo, quasi fuori sincrono rispetto al contesto: «I capisaldi valoriali del nostro programma sono i principi di civiltà, bellezza e conoscenza. In via prioritaria produrremo uno sforzo supplementare per far ripartire la crescita economica in modo da ridurre il disagio sociale, la disoccupazione giovanile e le sacche sempre maggiori di indigenza che la crisi congiunturale ha provocato, in modo da migliorare le condizioni oggettive di vita dei cittadini altrimenti ogni anelito verso un futuro di progresso, di civiltà, di bellezza e conoscenza rischierebbe di rimanere sulla carta».
Così illustra: «Abbiamo intenzione di rafforzare le istituzioni pubbliche, il senso dello Stato ed i valori costituzionali, improntando l’azione di governo ma anche i comportamenti individuali al rispetto della legalità, della cooperazione e della solidarietà. Recupereremo il senso di appartenenza ad una comunità che ha una precisa identità da ricostruire e rilanciare nel futuro partendo dalla sua storia e dalle sue tradizioni (quello che definiamo il «plus» della nostra comunità). Favoriremo la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica fornendo strumenti idonei e funzionali allo scopo ed un più forte coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, di tutti gli organismi di rappresentanza, delle agenzie formative e del volontariato sociale».
«Quanto al tendere alla bellezza», aggiunge, «intendiamo preservare e valorizzare nel tempo la qualità della vita degli uomini, delle cose e dell’ambiente. Bisogna riconsiderare che la nostra città non ha solo uno straordinario patrimonio artistico e architettonico su cui dovrebbe essere costruito il suo “brand” identificativo, ma ha anche un grande valore rurale da riscoprire, una qualità urbana e ambientale da esaltare e rafforzare, una vocazione naturale per le arti, per le scienze e per l’impresa produttiva da rilanciare. Ogni azione di governo sarà improntata al rispetto dell’ambiente ed al miglioramento delle relazioni umane, così che Mesagne torni ad essere città ospitale, accogliente aperta e moderna, fertile di cultura e di impresa in tutti i settori del vivere civile. La bellezza dunque non come astrazione concettuale ma come ricerca di pratiche quotidiane per vivere meglio ed insieme il nostro tempo».
E conclude: «Puntare sulla conoscenza significa riconoscere la necessità di reclutare le risorse migliori della città, riferendosi, ascoltando e facendo interagire fra loro i centri di formazione presenti sul territorio come la scuola, gli istituti di ricerca, le università, l’associazionismo culturale e le tante eccellenze individuali presenti nella nostra città, affinché il sapere sia diffuso e condiviso. In questo processo un ruolo cruciale deve appartenere ai nostri giovani».
Giuseppe Florio