Occorre un cambiamento radicale per ridare dignità alla città (di Giuseppe Florio).

Il candidato Guarini guarda al suo futuro ed espone il suo programma.

Che abbia dismesso gli abiti da militare per calarsi nel ruolo di candidato sindaco lo si capisce da qualche dettaglio. Arriva in ritardo all'appuntamento, è incline all'umorismo, non elude affatto le domande dirette («Il competitor più simpatico? Mingolla. Il più antipatico? Molfetta»). L'ammiraglio Emilio Guarini ci tiene insomma a mostrarsi umano, troppo umano e non necessariamente schiacciato nel polo di destra: «Siamo movimenti civici alleati con partiti di destra, la nostra collocazione è quella dell'area liberale». Lo accompagnano la moglie Angela, appassionata di “House of cards” e quindi sua presunta stratega, il fidato amico Antonio Mitrugno, l'addetto stampa Agnese Poci: più una cerchia degli affetti che veri e propri pretoriani.

Chi vincerà le elezioni a Mesagne?
«Le situazioni stanno cambiando giorno dopo giorno ed ancora cambieranno nelle prossime settimane: quindi la prudenza è d'obbligo. L'entusiasmo però mi porterebbe a dire che vinciamo noi»
Quante liste la supporteranno?
«Ho dovuto far fatica a capire che il numero delle liste era importante ai fini della valutazione preventiva del risultato. Inizialmente ero più portato ad avere poche liste (una o due) ma di grande spessore, piuttosto che un gran numero ma riempito di persone che spesso malvolentieri si candidano. Mi sono poi reso conto che il mio primo convincimento non era quello vincente, per cui ho accettato qualche piccolo compromesso. Piccolo, però, perché le circostanze mi sono venute incontro. Siamo partiti orgogliosamente da soli, con due liste molto ben costruite, poi abbiamo registrato l'avvicinamento di Fratelli d'Italia, Progettiamo Mesagne e, credo di poter dire, Mesagne Moderata. Stiamo anche lavorando per allestire una lista di imprenditori in erba che hanno grandi idee ma che ancora si devono affermare».
Perché l'elettore dovrebbe votarla?
«Lo spiego facilmente. Mesagne ha in via prioritaria bisogno di un cambiamento radicale, in realtà predicato anche da tutti gli altri candidati. Io aggiungo che è da cambiare la mentalità con cui si gestisce la cosa pubblica. I due progetti di sinistra presentano un cliché e uomini assolutamente in linea con gli ultimi 20 anni. Riconosco in loro la massima onestà intellettuale ed anche il desiderio di portare a termine quello che propongono: ma non sono disposto a credere che possano avere la lucidità, la forza ed anche la stessa mentalità per riuscirci. La conclusione allora è scontata, se togli Mingolla e Molfetta, rimango io (giù risate dell'entourage, mentre neppure nomina Sabrina Didonfrancesco e Danilo Facecchia, n.d.r.)».
Se dovesse essere eletto sindaco, quale sarebbe la sua prima scelta politica forte?
«Non riesco ancora ad immaginare un atto amministrativo formale, ma certamente darò un segnale chiaro di pulizia intellettuale del sindaco, della giunta e del modo di gestire l'intera amministrazione. Il cittadino dovrà capire da subito che è cambiata l'aria dal punto di vista della moralità con cui viene governata la città!»
Perché fin qui era sporca?
«No, ma era cattiva. I cittadini devono acquisire nuove abitudini, non sarà più necessario credere nella raccomandazione per ottenere diritti e servizi acquisiti».
La progressione di Guarini verso le elezioni sembra acquistare energia man mano che ci si avvicina al 31 di maggio. La sua forza non risiede tanto nella pure straordinaria mobilitazione della grandi famiglie della borghesia conservatrice, tecnocratica ed anche un po' snob. L'ammiraglio guadagna maggiore consenso nella misura in cui riesce ad interpretare le istanze di quella larga fetta di società moderata che ha in uggia la sinistra, che dai tempi di Enzo Incalza cerca un condottiero e che oggi ripete come un mantra: «Uniti si vince».

Giuseppe Florio

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