Je suis Charlie (di Homo Videns)
Lo smarrimento è forte, dopo l’ultima strage compiuta (indegnamente) in nome di una religione, quella islamica. Lo sconcerto domina, sia in Francia, che in Italia, come negli altri paesi europei ed occidentali. Com’è possibile uccidere in nome di Dio?
È ancora troppo presto per dire chi siano stati gli assassini, quale la loro storia, quali le loro idee, quali i loro mandanti effettivi e morali. Quello che è chiaro è l’obiettivo della strage: un giornale, e per di più satirico. Il messaggio è chiaro, anzi chiarissimo: “ci sono cose che non potete e non dovete dire”. Lo stesso messaggio lanciato con le decapitazioni, in gran parte di giornalisti.
Chiarissimo. Come è chiaro che il fascismo iniziò le sue gesta con l’assalto alla sede dell’Avanti, giornale socialista, e poi dell’ Unità, giornale comunista. Parimenti, le sedicenti “Brigate rosse” investirono il loro futuro gambizzando giornalisti, come Indro Montanelli e uccidendone uno, Walter Tobagi. Non ci volle molto coraggio – bisogna dirlo – per questi atti; così come non c’è voluto molto coraggio per ammazzare degli inermi giornalisti.
Fucili contro matite; pallottole contro parole; è il massimo della vigliaccheria.
Primo punto chiaro è, quindi, che la libertà di parola e di espressione è il nemico di chiunque vuole instaurare una dittatura. È così anche per i terroristi islamici (o para-islamici). C’è una matrice totalitaria ed anti-democratica che accomuna fascismo, brigatismo, terrorismo islamico.
Secondo punto: c’è una cosa che differenzia questo terrorismo religioso da quello politico: l’ambiguità che si nasconde fra le pieghe della religione. I terroristi islamici giocano sull’ambiguità: sanno che noi occidentali, cresciuti nei valori della tolleranza, riteniamo secondario l’elemento religioso nella società. Loro lo ritengono invece fondante, il principale elemento di coesione e di identità sociale.
Possiamo condividere o avversare le idee che erano di Tobagi o di Gramsci, ma noi occidentali sappiamo che ciò non è sufficiente per giustificare la pena di morte, né per Tobagi, né per Gramsci. Possiamo condividere o avversare l’ironia e la satira, ma la più grande avversione per essa non può giustificare l’uccisione di chi la esprime. Personalmente, non condivido la satira caustica e troppo mordace, la considero controproducente; ma se uno la vuol fare, che la faccia; chi è contrario potrà rispondere a sua volta. Ma con le matite, non con le armi. Per questo, anche Homo Videns è Charlie: je suis charlie.
Pare semplice! A noi sì! Perché per noi europei, lo Stato è laico, non è religioso, non è cattolico, non è protestante. Per gli estremisti islamici, invece, ironizzare su Maometto equivale a mettere in discussione la loro stessa identità. Ci sono, infatti, degli Stati islamici, quali l’Arabia Saudita, il Qatar, il Mali, ecc., dove qualsiasi critica alla religione musulmana è punita con il carcere, fino alla pena di morte. E così è avvenuto per Salman Rushdie. Come avveniva in Italia, con Galileo e con Giordano Bruno.
Per noi, è acqua passata; anche se ci sono rigurgiti di oscurantismo, per gli occidentali la distinzione fra Stato e Chiesa è una cosa acquisita per sempre.
Gli estremisti islamici, invece, stanno combattendo una guerra di religione, una cosa per la quale noi non siamo più attrezzati; noi non capiamo come si possa combattere, oggi, una guerra di religione. Restiamo sconcertati… e loro ci colpiscono; e non si fermano neanche di fronte ad un poliziotto di nome Ahmed, un nome inconfondibilmente arabo, forse anche musulmano.
Dicevamo, altre volte, su questo stesso blog, che il problema è nostro: questi nuovi estremisti islamici nascono e crescono fra di noi; il che vuol dire che noi non facciamo abbastanza, le nostre istituzioni educative e culturali non fanno abbastanza per formare la coscienza democratica dei concittadini, per includere anche gli “stranieri” nella cultura della tolleranza. Primo problema; e forse, per gli italiani ancora più duro che per gli altri europei. Perché siamo troppo bonaccioni. E questo ci rende molto vulnerabili.
Secondo problema: bisogna prendere atto che oggi si deve dare una risposta militare forte, distruggendo questo Stato Islamico che sta crescendo fra Siria e Iraq, e che funge da attrattore, da mito unificante per questi estremisti. Centinaia, migliaia di musulmani di terza generazione, vengono attratti da questo nuovo Stato. Questo sedicente Stato Islamico ha la stessa funzione che aveva la Russia di Stalin per i comunisti degli anni della Resistenza e degli anni ’50, quando si pensava di “fare in Italia come fanno in Russia”. La Russia di Stalin era il mito dei comunisti di quella stagione.
Oggi, il sedicente Stato Islamico funge da mito per gli estremisti islamici. Hanno dichiarato guerra ai nostri valori, alla nostra mentalità, alla nostra cultura, alla stessa convivenza pacifica dei popoli. Ma chi li combatte, sul campo? Sono soltanto i Curdi; e noi… stiamo a guardare.
Homo Videns