Curcio: homo videns ... ha ricevuto una lettera ... La redazione è disponibile ad aprire un dibattito!

Caro direttore, ho ricevuto una lettera da un nostro lettore (uno che c’era), il quale riferisce di essere stato testimone oculare di una vicenda che, da semplice cronaca qual era 40 anni fa, oggi è diventata storia. La sottopongo alla tua attenzione e a quella dei nostri lettori.

L’Homo videns deve tuttavia evidenziare che questo lettore racconta soltanto la sua esperienza personale, ciò che ha vissuto di persona. E chi allora (40 anni fa) non era ancora nato, o aveva pochi anni, non può sapere che cosa si muoveva in Italia, e nel mondo, qual era il contesto storico. Mi pare necessario, quindi, ricordare che gli anni settanta si aprirono con l’approvazione in Parlamento (nel maggio del ’70) dello Statuto dei lavoratori, dopo le lotte degli ultimi anni ‘60. Con quella legge si acquistò il diritto di poter avere una tessera sindacale, senza per questo essere discriminati; e si poteva quindi esprimere le proprie idee, anche nei luoghi di lavoro; in poche parole, si diventava cittadini anche in fabbrica, non solo “dipendenti”. 

La TV era ancora in bianco e nero, quella a colori arrivò nel 1977. Fino al 1979 c’erano solo due reti, dominate dalla DC e dagli altri partiti di governo. Poi arrivò la terza rete, e cominciò ad affacciarsi una informazione più vicina alla sinistra.

Nel 1970 nacquero le cosiddette “Brigate rosse”. Nel dicembre dello stesso anno ci fu il tentativo di colpo di stato di Valerio Borghese. Il terrorismo nero si rivolse sia contro militanti della sinistra che contro obiettivi eclatanti, come i tralicci dell’energia elettrica, i treni di grande percorrenza con centinaia di persone a bordo, ecc. Il terrorismo rosso si rivolse contro alcuni capi della Fiat e della Siemens, poliziotti come Luigi Calabresi, giornalisti come Indro Montanelli e Walter Tobagi, militanti della destra, ecc.

Nello stesso periodo nascevano movimenti politici come il Manifesto, Avanguardia operaia, PDUP, Democrazia Proletaria, ecc., che scelsero il terreno democratico, non terroristico. Nacquero anche gruppi fiancheggiatori, sia del terrorismo rosso che di quello nero.

Nel 1973 ci fu la guerra fra Egitto e Israele, che causò la crisi energetica: la benzina fu razionata; la circolazione domenicale fu consentita a targhe alterne: una domenica le targhe pari, quella successiva le targhe dispari.

A livello internazionale, alla fine del 1973, ci fu in Cile il colpo di stato del generale Pinochet, che uccise Salvador Allende, il socialista che aveva vinto le elezioni. In conseguenza di ciò, il PCI di Berlinguer elaborò la tesi del “compromesso storico”, per evitare colpi di stato anche in Italia, come era avvenuto in Cile; ma anche come era avvenuto in Grecia alla fine del 1969.

Nel 1974 le BR attuarono una lunga serie di attentati, con lo scopo di arruolare gli incerti. La notte del 4 agosto 1974, il gruppo fascista Ordine Nuovo fece saltare il treno “Italicus”: 12 morti, 48 feriti. Il 4 maggio 1974 c’era stata la strage di Brescia, durante un comizio sindacale: 8 morti e un centinaio di feriti. La strategia della tensione, utile ad imporre un piano d’ordine e di restrizione degli spazi di libertà, procedeva. Si temeva un colpo di stato.

Nel 1976 nacque Democrazia Proletaria, con leader Mario Capanna, e l’obiettivo di dare corpo ad una sinistra non estremista. Nel 1977 le frange extra-parlamentari più estremiste inclusero nei loro obiettivi anche militanti della sinistra. Il 9 maggio 1978 la mafia uccise Peppino Impastato, un giovane siciliano militante di Democrazia Proletaria; i servizi segreti tentarono di farlo passare per un attentato ai binari finito male. Lo stesso giorno, le BR uccidevano Aldo Moro. I militanti di DP furono additati come persone contigue alle BR. Si temette un colpo di stato; oppure un arresto generalizzato  di militanti della sinistra. La mobilitazione generale impedì che l’eventuale disegno fosse attuato.

Nel 1979 l’operaio comunista Guido Rossa fu ucciso dalle BR.

Il 2 agosto 1980 una bomba, posta da terroristi neri, esplose nella sala d'aspetto della stazione di Bologna, uccidendo ottantacinque persone e provocando circa duecento feriti.

Molto altro avvenne in quegli anni, questo è soltanto l’essenziale per aiutare a capire e a ricordare il clima nel quale si viveva.

Per finire, vorrei esprimere solidarietà a Alessandro Carluccio; ha semplicemente espresso la sua contestazione in una manifestazione pubblica; ha fatto molto meno di quanto facevano i “brigatisti” negli anni settanta; o di quanto facevano i comunisti, quando impedivano i comizi della DC (come sai, anche a Mesagne). E la contestazione di Carluccio (anche se lui non lo sapeva) non era assolutamente fuori tema, come si capirà dalla lettera che segue.

Homo Videns

 

 

Caro homo videns, ho seguito con una certa attenzione la venuta nella terra di Mesagne del famoso Renato Curcio, ex-ideologo delle Brigate Rosse, il quale ha scritto un libello sui fatti del petrolchimico di Brindisi. Sono andato alla presentazione che è stata fatta nell’auditorium del Castello; e me ne sono stato in silenzio, ad ascoltare, quasi incredulo, la ricostruzione fatta da uno (che oggi passa per famoso studioso) che risponde al nome appunto di Renato Curcio.

Io sono un reduce di quella fabbrica; negli anni settanta ero un delegato di reparto, uno di quelli che erano eletti direttamente dai lavoratori; non un sindacalista calato dall’alto. E sono stato eletto fino a quando mi mandarono in cassa integrazione, nel 1980. Ma la mia storia comincia nei primi anni settanta, quando i casi della vita mi portarono a lavorare come operaio metalmeccanico in una ditta della zona industriale di Brindisi. Non c’erano certezze; le ditte aprivano e chiudevano in un batter d’occhio; ti promuovevano, ti licenziavano, ti premiavano, ti punivano, a loro piacimento. Non c’era, soprattutto, alcuna certezza di poter lavorare secondo le (poche) norme di sicurezza; l’ispettorato del lavoro, quando veniva costretto ad intervenire, emanava (a volte) scarne multe ai padroncini; e tutto finiva lì. 

Poi entrai alla Montedison; lì c’era un altro clima, c’era più organizzazione. È vero, la maggior parte dei lavoratori era di orientamento democristiano; per lo più erano ex-contadini, ex-artigiani,  erano stati mandati in fabbrica per intercessione del prete o dell’onorevole. I capi venivano in maggior parte dal Nord, con una mentalità leggermente colonialista. I capetti venivano dalla Calabria, dalla Lucania o da altre regioni del Sud, con la mentalità arrivista del piccolo borghese.

Ma lo Statuto dei lavoratori era entrato in fabbrica, anche se non era ancora pienamente applicato. E, quasi miracolosamente, si era formato un gruppo di operai e tecnici di avanguardia, i quali avevano influenzato il consiglio di fabbrica, al punto da costituirvi la “commissione ambiente”. Elaborarono una piattaforma aziendale incentrata sui problemi della salute. In pochi mesi, dopo aspri scioperi e manifestazioni, la commissione fu riconosciuta dall’azienda. E i delegati che ne facevano parte ebbero il diritto di ispezionare i reparti, le officine, i cantieri.

Ai lavoratori fu riconosciuto il vestiario antinfortunistico; furono istituite le visite mediche periodiche, le analisi cliniche periodiche, il monitoraggio dei gas nocivi all’interno dei reparti. La commissione ambiente girava nei reparti, era conosciuta da tutti i lavoratori. E si spinse ad elaborare proposte per ridurre l’inquinamento dell’aria e del mare, una cosa allora impensabile, quasi una bestemmia.

Uno dei delegati istituì un registro, dove annotava ciò che veniva fatto; seguiva i lavoratori uno per uno. A lui ci si poteva rivolgere come a un fratello. Ma la lotta non era finita. C’era il CVM, il terrificante impianto che produceva il prodotto cancerogeno che era poi la materia base di alcune plastiche. Per mia fortuna non ci ho lavorato; ma molti miei amici che ci lavoravano sono morti di tumore. Alcuni di loro, nel cvm ci mettevano le bottiglie di acqua, d’estate, per rinfrescarle. Altri, invece, si sgrassavano le mani con la benzina del cracking, cancerogena anche quella.

La commissione ambiente produsse volantini, assemblee, riunioni nel consiglio di fabbrica, per far capire ai lavoratori  che lì non si scherzava, ogni giorno si giocava con la propria salute. Gli ingegneri, i tecnici ci informavano delle specifiche tecniche dei prodotti che venivano usati in quella fabbrica. Anche i medici di “medicina democratica” diedero una mano, con la loro competenza professionale.

Così accadeva anche in molte altre fabbriche chimiche, a Marghera, come a Gela; in Piemonte come un Sardegna. Fu creato un coordinamento nazionale dei consigli di fabbrica e delle “commissioni ambiente”. Sapevamo che bisognava tenere gli occhi aperti; perché quello che il padrone ci concedeva in un dato giorno, poteva essere rimesso in discussione e non riconosciuto il giorno dopo. Lo statuto dei lavoratori non era ancora pienamente applicato; molti lavoratori non lo conoscevano; e quando lo conoscevamo, bisognava lottare per farlo applicare.

Erano gli anni settanta; nonostante le prime crisi economiche, l’industria tirava. E i lavoratori erano uniti; le tre sigle sindacali furono superate dalla FLM, e poi dalla FLC: sulle differenze ideologiche, prevaleva l’unità di base dei consigli di fabbrica. Ma nei cdf non era tutto tranquillo; bisognava lottare giorno per giorno; era anche lì un confronto politico, fra chi voleva rimandare, annacquare le esigenze operaie; e chi voleva risolvere nell’immediato quelli che erano bisogni di salute, che emergevano quotidianamente. C’era una dialettica continua tra il cdf e le segreterie sindacali. Si alzava il livello dello scontro producendo inchieste, approfondendo le questioni con studi specifici, con giornali di fabbrica, con assemblee, con comizi volanti.

[a questo proposito, mi pare che, circa un decennio fa, molta di quella documentazione fu donata alla Biblioteca Comunale di Mesagne, da parte di alcuni protagonisti di quegli eventi; forse quelle carte andrebbero studiate]

Nello stesso periodo storico, ogni giorno accadeva che un gruppo terroristico sparava contro un impiegato, o contro un giornalista, o contro un operaio (colpevoli di non condividere la lotta armata). Basati su un armamentario ideologico astratto e cervellotico, giustificavano i loro spari con la motivazione che così avrebbero abbattuto tutti i mali del sistema.

Uno dei capi di quei terroristi era proprio il Curcio, che ne era il principale ideologo. Secondo loro, con le pistole, con gli attentati, con il terrorismo, sarebbe stata affossata la società capitalistica, e perfino l’imperialismo. Come se bastassero alcune illustre uccisioni per risolvere i problemi delle società complesse, dell’identità di genere, dell’economia e delle culture, ecc. ecc. Si è visto come il sistema sia crollato dopo l’uccisione di Aldo Moro!

Ogni volta che accadeva un attentato, quei delegati del cdf che ho ricordato prima, già etichettati come estremisti, venivano additati come fiancheggiatori dei terroristi, come complici potenziali, se non effettivi. Fu anche colpito un dirigente della Montedison; e la solidarietà generale con quella vittima  mise in sordina i problemi veri della Montedison.

E ogni volta, gli attivisti dei cdf venivano messi in difesa. Le loro iniziative sia in fabbrica che nella società venivano ridimensionate, oppure ridicolizzate. Ogni attentato era un danno, spesso irreparabile, alla vittima malcapitata, ma era anche un colpo all’attivismo di quei delegati. Non era soltanto inutile violenza (oltre che malvagia); era un atto politico che si ritorceva contro coloro che lottavano quotidianamente per l’autonomia e il protagonismo dei lavoratori. Quei delegati erano nel mirino  dell’azienda, ma erano anche nel mirino dei più pedanti militanti del Pci; e nel mirino dei fiancheggiatori del terrorismo. Non a caso, appena fu possibile, essi furono i primi ad essere messi in cassa integrazione. E questo non avvenne solo a Brindisi, avvenne in tutta Italia.

E così, le potenzialità del movimento dei consigli di fabbrica (già minati dalle resistenze che al loro interno venivano poste da una parte del sindacato), furono ridotte al lumicino. Le commissioni ambiente furono man mano esautorate, le loro funzioni furono acquisite dall’azienda; poi ridotte al lumicino anch’esse. E poi, negli anni ottanta, tutto ritornò come negli anni sessanta. Oggi è ancora peggio, se possibile.

Lo stesso dicasi nella società: quei movimenti anti-sistema ancora in nuce, furono uccisi nella culla dalle pallottole di rimbalzo delle brigate rosse. Fu distrutta la stessa possibilità di una nuova sinistra non velleitaria, capace di incidere nei processi della odierna società di massa.

Ora, con un libello, uno dei responsabili di questo degrado vorrebbe raccontarci la vera storia? Ci vorrebbe raccontare dello scambio “salute contro lavoro”. E che ne sa lui? Peraltro, lo scambio salute contro lavoro era l’altra faccia dello scambio “voto contro lavoro”.  Che ne sa lui?

Lo sa, il Curcio, che quanto lui ha scoperto oggi, la commissione ambiente lo aveva già scoperto (e non solo scoperto) 40 anni fa? Ora, dopo 40 anni, egli diviene un paladino della salute in fabbrica? Troppo comodo! Si è dimenticato che cosa faceva lui in quegli anni? E che cosa facevano, invece, i militanti della nuova sinistra?

Essi, giorno dopo giorno, montavano un piccolo tassello; che veniva smontato, attentato dopo attentato…

Se oggi lo Statuto dei lavoratori è stato abolito è anche merito del terrorismo rosso di quegli anni. Se nelle fabbriche si continua a morire di tumori, questo è anche merito di quel terrorismo. Avrei voluto dirglielo in faccia: “Grazie Curcio, per averci fatto fallire! Grazie! Se oggi moriremo democristiani, questo è anche merito tuo!”.

Ma erano troppo tumultuosi i miei sentimenti; e sono uscito in silenzio dalla sala. Ho ritrovato nella mia memoria alcuni episodi, vissuti quaranta anni fa; e te li ho raccontati, perché anche questi miei semplici pensieri, non dotati dell’apparato ideologico delle BR, fanno parte di questa storia.

Uno che c’era

Per offrirti il miglior servizio possibile questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego in conformità della nostra Cookie Policy.