Moriremo democristiani? (di Homo Videns).

E alla fine si è capito: la telenovela interna al PD si sta avviando alla conclusione, con l’uscita di scena di Letta, e l’entrata trionfante di Renzi. Però… non è detto che la telenovela sia finita; probabilmente adesso avremo nuovi personaggi, più freschi e ambiziosi, le vicende faranno intravedere imminenti sorprese, saranno forse più incalzanti, meno noiose. Questo vede l’homo videns italiano medio, oggi 15 febbraio 2014. Per qualcuno la telenovela si fa più entusiasmante, per altri è invece più deludente, se non deprimente; per altri ancora sta diventando incomprensibile.

 

C’è chi la vede come la definitiva rottamazione delle vecchie cariatidi comuniste e democristiane, chi invece come una congiura di palazzo, con i tradimenti, i doppi giochi, i trasformismi; c’è chi ancora non ci capisce niente e non si capacita che i vecchi teatrini della cosidetta Prima Repubblica siano vivi e vegeti.

Avremo nuovi entusiasmi, avremo nuove delusioni. Non è difficile presagire che seguirà un riflusso nelle persone di sinistra, ormai completamente orfane di punti di riferimento. Non ci sono più leader immacolati, non ci sono più i valori altisonanti del cambiamento radicale dei meccanismi sociali e di quelli del potere.

Non ci sono più i “puri e duri” che sapevano interpretare quel cambiamento.

Eppure, mai come oggi, si avverte: 1-la necessità di meccanismi democratici di inclusione sociale da parte dei giovani diplomati e laureati “figli di nessuno”, dotati soltanto delle loro capacità, ma privi di “santi in paradiso”.

2-Mai come oggi si avverte l’avvento sulla scena della “cultura di massa”. Come si è visto nel mese di dicembre, con le sommosse liquidate sbrigativamente come “movimento dei forconi”, si sta verificando l’avvento di nuovi soggetti culturali educati alla semplificazione, al twitter, alla facile parola d’ordine (marcia su Roma, vaffa day, /\/\ le tasse, ecc.). Una cultura, diffusa fra i vari strati sociali, che pretende di interpretare il mondo sulla base di facili slogan. La cultura della Tv, del chiacchiericcio di massa ormai dilagante sui social-network, in poche parole dell’homo videns.

Questi due nuovi fenomeni si sono saldati nel movimento 5 stelle, al confine fra protesta sterile o anarcoide; e non vedono, al momento, altri possibili referenti.

Questi due nuovi fenomeni sono interpretati dagli esclusi dal sistema; ma quale sistema? Il sistema (sociale e di potere) vigente in Italia, costituito negli anni 50-60, e poi consolidato nel tempo, passato alla storia come “democristiano”. Distinguiamo, però, il primo periodo - quello inclusivo (direi fino agli anni Ottanta) - dall’ultimo periodo, quello delle élites, e quindi esclusivo; nel primo periodo era prevalente l’intento inclusivo, nell’ultimo prevale quello esclusivo. Bisognerebbe aggiungere che, fino agli anni ottanta, il sistema delle Istituzioni (e del sottogoverno) era il mezzo politico per realizzare gli ascensori sociali; successivamente, esso diventa il mezzo per la ascesa sociale ed economica del politicante. Finché c’erano i Partiti, essi temperavano le ambizioni e gli appetiti voraci degli eletti; spariti i Partiti, gli eletti (ormai senza controllo degli elettori) perseguono esclusivamente i propri interessi. Si fa un gran parlare di riforma elettorale, di riforma istituzionale; ma il vero problema italiano è il “sistema di potere democristiano”.

Moriremo democristiani?

Il 28 giugno 1983 la DC (Democrazia Cristiana guidata da De Mita) subì un tonfo elettorale, passando dal 38,5% al 33%; il PCI (Partito Comunista Italiano guidato da Berlinguer) sostanzialmente mantenne i suoi voti (circa 30%); il PSI (Partito Socialista Italiano guidato da Craxi) passò da poco meno del 10% al 11,5%. IL PRI (Partito Repubblicano Italiano guidato da Spadolini) passò dal 3% al 5%. Il PLI (Partito Liberale Italiano guidato da Spadolini) passò dal 2% al 2,9% e il PSDI (Partito Socialdemocratico Italiano guidato da Nicolazzi) mantenne sostanzialmente i suoi voti (4%). Mi scuseranno i lettori se ho elencato queste cifre e sigle; sento di doverlo fare perché, sebbene siano passati appena 30 anni, ho la sensazione che sia passata un’era geologica.

[Fra parentesi: Quello che è avvenuto dopo è talmente complesso che è difficile concepirlo come cronaca; è più storia che cronaca; e questo è ancora più vero se si vogliano considerare gli avvenimenti degli ultimi 3-4 anni. Ciò è valido non solo per la Politica, ma anche per la Scienza, la Tecnologia, la Società di Massa, la Comunicazione di Massa. Ormai, ciò che avviene in un anno equivale a ciò che avveniva in un decennio; sembra che la Cronaca debba essere trattata con gli stessi strumenti della Storia; e tuttavia, ciò non è possibile, per definizione: un grosso problema per gli Storici di professione.]

Pochi giorni dopo le elezioni del 1983, Luigi Pintor –in un famoso editoriale sul Manifesto– esortò Craxi e Berlinguer ad avvicinarsi, per poter fare un governo senza DC (allora un’eresia); molto ottimisticamente Pintor intitolò il suo articolo non moriremo democristiani. La realtà lo smentì subito (e lo stesso Pintor ne prese atto): la conseguenza della débacle democristiana fu, infatti, il Pentapartito, governo a 5 (DC+PSI+PLI+PRI+PSDI) guidato da Bettino Craxi. Poi ci fu De Mita, poi l’allenza CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). Furono gli anni del protagonismo Craxiano, attivo su tutti i fronti, da quello interno a quello internazionale. Le lotte intestine fra le correnti, sia nella DC che negli altri partiti non si interruppero. Il sistema di potere democristiano non fu intaccato, ma si estese agli altri 4 partiti. E si degradò: divenne un sistema di auto-affermazione dei politicanti. Il risultato fu la corruzione dilagante, un sistema quasi sprezzante della legalità, che finì con il pesante intervento della Magistratura milanese (1992-93). La conseguenza fu il disfacimento del Pentapartito e dei partiti che lo avevano inventato. E, contemporaneamente, i democristiani di allora – dai più vecchi ai più giovani – si riciclarono in tutti i partiti, dal Partito Popolare Italiano (Martinazzoli) a Forza Italia (Berlusconi), al PDS (Partito Democratico della Sinistra guidato da Occhetto), dal PDL (Alfano-Berlusconi) al PD (D’Alema, Prodi, Letta, Bersani, Renzi).

Ma fu il disfacimento del sistema di potere che va sotto l’etichetta di “democristiano”? No! È sotto gli occhi di tutti che la corruzione (il sistema della corruzione) non è mai finita, né con Berlusconi, né con D’Alema, né con Monti, né con Letta.

Anzi, con il ventennio berlusconiano, quel sistema si è ulteriormente degradato a “sistema dei furbetti”; l’insoddisfazione è stata deviata contro un astratto “Stato” succhia-sangue. Una finta inclusione è stata inventata dalle TV private, imitate dalla TV pubblica. Ma in realtà, l’esclusione dei diplomati e laureati è arrivata a limiti inimmaginabili. Le statistiche la chiamano disoccupazione giovanile, ma si tratta di esclusione sociale. I suicidi di operai e imprenditori prendono spazio nella cronaca nera, ma si tratta di esclusione sociale.

Anche la violenza strisciante, come la violenza sulle donne, è sintomo di un disagio sociale: è la risposta di chi non riesce ad abituarsi ai nuovi fenomeni di uguaglianza e responsabilità. Sono, tutti questi, sintomi di una società che non viene gestita, non viene compresa da chi la governa.

La vera sfida di Renzi è questa: riuscirà a smantellare il sistema di potere democristiano che vive e vegeta in Italia? Riuscirà a non farci morire “democristiani”?

Homo Videns

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