La manovra del Governo “in supposte” – seconda puntata (di Homo Videns)
Abbiamo visto che la manovra economica del governo incolore (né di destra, né di centro, né di sinistra) Salvi-Maio nasconde nelle sue pieghe diverse supposte. Ne abbiamo scoperte altre, le seguenti:
Supposta n.5: per chi ha l’ automobile
aumento delle tasse sulle assicurazioni
Supposta n.6: per i centri storici
torneranno le auto nei centri storici (purché elettriche o ibride)
Supposta n.7: per i prossimi 18enni
Riduzione del bonus di 500 euro, per chi compie 18 anni nel 2019.
Ce ne sono altre, ma ci fermiamo qui (per oggi): non vogliamo rovinarvi la giornata. Una cosa, però, è certa: il governo incolore Salvi-Maio continua a proclamarsi né di destra, né di centro, né di sinistra. E la gente pare crederci.
Che cosa è avvenuto oggi da rendere possibile ciò che non era stato possibile al Giolittismo, né al fascismo, né al quarantennio ad egemonia DC? E quando è avvenuto tutto questo?
Per rispondere adeguatamente, bisognerebbe anzitutto definire con precisione a che cosa ci riferiamo; a che cosa abbiamo sotto gli occhi, ma non vediamo. Appare difficile, ma… ci voglio provare.
Sono molte le cose che sono avvenute. Anzitutto la fine dei partiti di massa, che erano una palestra di partecipazione per il “popolo” di tutte le estrazioni sociali, culturali e politiche; in definitiva erano gli strumenti di base per la formazione della volontà popolare. Ovviamente, erano strumenti imperfetti, dov’era presente il pericolo che potessero diventare strumenti di potere per i notabili del momento. E sorsero comunità di base, comitati di base, sindacati e associazioni autonomi e non allineati. Per un certo periodo, questi strumenti di partecipazione furono visti come un forte antidoto ai vari episodi di corruzione, prima che esplodesse tangentopoli. Ma poi furono messi in secondo piano: in fin dei conti “si trattava soltanto di democrazia diretta”.
Quando avvenne questo? Più o meno alla fine del ‘900, una ventina di anni fa, nel passaggio dalla politica alla amministrazione. Eh! Già! Si cominciò a pensare che il governo fosse una questione puramente tecnica. Ma già le prime avvisaglie si scorgevano alla fine degli anni ’80 del ‘900. E ciò avvenne sia a livello nazionale che a livello locale. Tutto cominciò con l’ascesa dei “paraculi” a livello di governo. Che questo termine sia entrato nell’uso comune è confermato dall’Enciclopedia Treccani (ma anche dai dizionari-vedere per credere). Ma si può declinare anche con un altro vocabolo molto espressivo: spaccio, spacciare, spacciarsi, ossia “Farsi passare per quello che non si è, a fini esibizionistici o fraudolenti”. Ma anche “cazzaro”: uno che racconta “balle”. Sia l’uno che l’altro raccontano balle, ne sparano una al giorno, e forse anche di più. E, poi, teniamo presente che non si può essere paraculi, cazzari, spaccio, se non si è nell’intimo ipocriti. Atteggiamento molto comune, quasi una costante sulla carta d’identità di noi italiani. Un atteggiamento ben rappresentato dal film “Il sorpasso”, dove la fuoriserie guidata da Gassman, rappresenta un benessere eccessivamente ostentato da uno sfaccendato “spaccio, cazzaro e paraculo”. [lo abbiamo voluto ricordare nella foto di copertina]
Ebbene, tutto possiamo dire di Moro, Rumor, Andreotti, Fanfani, e Craxi, e Spadolini, ecc., tranne che avessero posto il paraculismo a fondamento dei loro governi. Ma non possiamo neanche attribuire al Salvi-Maio il merito di aver inventato questa pratica di governo. A mio modesto parere, questo merito và riconosciuto ad almeno due altri personaggi precedenti.
Molti attribuiscono quest’ascesa del paraculismo come pratica di governo alla “discesa in campo” di Berlusconi; fu allora che il sistema dei cazzari si presentò come rappresentanza del “popolo”, e diede l’assalto allo Stato. Chi non ricorda i vari parlamentari berlusconiani che si affannavano in una improbabile esternazione di sguaiati e volgari espressioni popolaresche? E contesse, marchesine, e compagnia bella, si scoprirono tutt’a un tratto attrici lanciate sul jet-set della pubblica opinione, per mostrarsi più “popolari” della Camusso, o di Landini! Sulle bandiere (azzurre) della buona borghesia fu scritta la parola “rivoluzione” e, come sempre, molti abboccarono.
Certo è che, negli anni successivi, quasi tutti si affannarono a seguire Berlusconi sulla stessa strada. Mentre Prodi, Ciampi, Scalfaro, e Di Pietro, si sforzavano di riportare sulla retta via il meccanismo democratico messo in crisi da tangentopoli, altri avevano cominciato a studiare il meccanismo “dello spaccio racconta-balle”, per appropriarsene. Il più svelto fu tal Matteo Renzi: anche lui si fece una fama da personaggio anti-casta; e così diede l’assalto al Partito della Sinistra, con in mano la bandiera della “rivoluzione”. Ci abbiamo creduto in molti, ammettiamolo. E ci cascò perfino un navigatissimo politico come Napolitano. Non vedevamo, ingenuamente, la deriva paraculistica anche nel partito più popolare (il miglior erede di DC e PCI) che ci sia mai stato in Italia. Ma tant’è; non c’è mai limite all’indecenza!
Le assemblee di popolo, le discussioni pubbliche, anche con tesi diverse e contrapposte (come era costume nella sinistra), furono considerate un male da evitare, se non una perdita di tempo. Si dimenticò che una politica asettica è, in realtà, una politica utile a salvaguardare il sistema economico-politico-sociale, e quindi a conservare le condizioni di diseguaglianza e di verticismo.
Si arrivò al punto che il maggior partito italiano (e di sinistra) dichiarò guerra ai sindacati, alle associazioni di base, per un rapporto diretto con il “popolo”, intendendo con questa espressione una indifferenziata popolazione. Pensate: il sistema da combattere venne personificato nei sindacati: pazzesco! Si vaneggiò il superamento di destra e sinistra, nel nome di un Partito della Nazione. L’obiettivo era, forse, quello di prevenire la valanga grillina, usando le stesse espressioni, la stessa spettacolarità, la stessa narrazione m5s.
Il risultato è stato che Renzi non ha guadagnato fra l’elettorato m5s, ma ha perso metà del suo. Non solo: nel frattempo si è rafforzata l’ala più reazionaria del panorama politico: la Lega per l’indipendenza della Padania, repentinamente travestitasi da partito nazionale. Adesso le strade possibili sono due: o ritornare sui propri passi, oppure rilanciare e controbattere i 5s e la Lega sul loro terreno.
Ma qual è il terreno dei 5s e della Lega? Il loro terreno è quello della riduzione della complessa società attuale ad una primitiva convivenza di interessi, di semplici interessi; come se la società fosse un contratto tra furbi e furbetti; dove non contano i valori, ma il semplice funzionamento della quotidianità, senza valori che vadano al di là del contingente. Il loro terreno è quello del rapporto mediatico, attraverso i mezzi di comunicazione più aggressivi che ci possano essere: facebook, twitter; questi vengono poi rilanciati dai tradizionali medium, ossia TV e giornali, usati come cassa di risonanza. Il loro terreno è quello della semplificazione della realtà, perché se non semplificano non possono comunicare in maniera primitiva. Il loro terreno è quello dell’uso retorico delle parole, facendolo passare per anti-retorico. Il loro terreno è quello della manipolazione delle coscienze, mediante la narrazione di una finta realtà. Specchio di una realtà fatta di finzioni!
Si prende una frase di qua, una frase di là; una di destra, una di sinistra; e voilà: il gioco è fatto: un bricolage nel migliore di casi, una melassa nella maggior parte. Storici illustri parlano di “democrazia recitativa”: si recita, si improvvisa, da veri giocolieri delle parole. Si tratta di far diventare il popolo un “pubblico”; e poi saper recitare in modo da far sentire il pubblico un protagonista e, allo stesso tempo, un complice dello spettacolo. Non ci credete? Basta vedere quante volte al giorno si cambiano di abito: alle 9 da ultras, alle 10 da imprenditore, alle 11 da poliziotto; alle 12 da giovin millennian; e così via. Come se passassero da un palcoscenico ad un altro. Il sogno di ogni consumato attore! Salvini e di Maio si rincorrono su questo terreno; ogni tanto interviene anche Beppe Grillo, a sostegno del suo allievo non troppo capace in quest’arte. Cos’abbia tutto questo a che fare con la democrazia, con il popolo al governo, con la manovra del popolo, è pura fantasia.
Si tratta di “spaccio” ad altissimo livello... Da questo punto di vista, la situazione è la stessa che al tempo di Renzi. Anche allora, come oggi, si rincorrono ogni giorno sugli schermi televisivi. E l’homo videns (informato da nient’altro che dalle TV) ha difficoltà a seguirne tutte le evoluzioni. Chi spaccia ha sempre bisogno di correggere il tiro, di smentirsi senza dire di aver sbagliato; tutt’al più quando si accorge di aver sbagliato, pur di non darla vinta a chi diceva il giusto prima che lui si accorgesse di dire cose campate in aria, fa finta di niente, anzi sostiene di aver detto prima lui le cose che in realtà aveva detto l’altro. Tanto, chi si ricorda delle cose che hanno detto ieri?
C’è un altro modo di chiamare queste cose: ipocrisia.
“Non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente Quante volte – ha detto pochi giorni fa Papa Francesco – noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno tutta la giornata lì e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente”.
E allora, una nazione cattolica al 99% come l’Italia dovrebbe domandarsi: Che ci guadagniamo a tenere in mare dei naufraghi per 20 giorni? Oppure, come si minaccia adesso, a non farli scendere dall’aereo?
Eppure c’è gente che gioisce di questi atteggiamenti! Perché? Forse perché siamo le stesse persone che nei giorni di pioggia, quando andiamo in macchina, non rallentiamo per evitare di spruzzare i passanti. Forse perché siamo gli stessi che non fermiamo la nostra auto se un passante deve attraversare la strada, e lo costringiamo ad aspettare che finisca una colonna di 40-50 auto. Semplicemente perché siamo menefreghisti, chiusi nel nostro piccolo “io”. Ma, non siamo gli stessi cattolici che ogni domenica andiamo a Messa? Che prendiamo la Comunione? Ecco perché Mattarella, presidente della Repubblica, ha richiamato la necessità del ritorno alla comunità. S’è perso il senso della comunità; ma ci facciamo vedere con il rosario in mano. Forse sarebbe l’ora che il senso laico della comunità, e quello religioso della Comunione, si dessero la mano per un “nuovo patto sociale”. Altro che contratto di governo!
(2-continua)
Homo Videns