Il Coniglio leghista e il Don Abbondio penta-stellato (Homo Videns).
Ricordate quando Matteo Salvini, Ministro della Repubblica, l’estate scorsa, proclamava ai 4 venti che se ne fregava dei cavilli della legge?
Ricapitoliamo: La nave militare italiana “Ubaldo Diciotti”, in osservanza alle leggi del mare, nonché ai propri compiti, aveva salvato dal naufragio tot persone. Salvini dichiarò di aver chiuso i porti italiani, appropriandosi di un diritto che sarebbe spettato al ministro dei trasporti. La magistratura gli contestò il reato di sequestro di persona. Salvini rispose boriosamente che avrebbe ignorato tale contestazione e che avrebbe continuato a chiudere i porti. Alla fine dell’istruttoria giudiziaria, ora, è stato rinviato a giudizio e il Tribunale dei Ministri ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione a procedere. Salvini, con coerenza rispetto alle battaglie leghiste contro la casta ha subito dichiarato che non avrebbe fatto ricorso all’immunità parlamentare e si sarebbe difeso nel processo, per dimostrare che egli era nel giusto. In molti abbiamo esultato: il processo avrebbe detto una parola finale a questo teatrino. E, così, si sarebbe dovuto affrontare seriamente il problema dell’Africa.
Ma due giorni fa il “Ministro della boria” ci ha ripensato (“meglio l’immunità”) e ha chiesto ai suoi alleati di governo di non farlo andare a processo. Ritorna a galla il vecchio vizio della prima repubblica: l’immunità parlamentare, ossia una cosa che pone i parlamentari al disopra di tutti gli altri cittadini: un privilegio da regime nobiliare. Eh! Ma allora Salvini è soltanto uno “sbruffone”? Uno sbruffone coniglio!?
Perché il “Ministro della boria” ha cambiato opinione? Pare evidente che le leggi italiane e internazionali gli avrebbero dato torto; così i suoi amici giuristi lo hanno messo in guardia: “attento!, così puoi finire condannato!”. Ecco perché il borioso coniglio ha chiesto ai suoi amici penta-stellati di non concedere l’immunità parlamentare. Altrimenti…
Altrimenti cosa? Altrimenti Salvini fa cadere il governo.
Ora la palla passa nelle mani del giovin signore “Di Maio”, (l’ingenuo ragazzo dalla faccia pulita) che non più tardi di due giorni fa aveva dichiarato che i penta-stellati avrebbero votato per far svolgere il processo, e quindi contro l’immunità. D’altronde, i 5s non hanno sempre detto che non possono accettare, né tollerare, alcun privilegio? Ma il giovin signore sembra voler fare marcia indietro; anzi no, dice che non avevamo compreso le sue dichiarazioni.
Abbiamo, quindi: un primo coniglio che fugge dal processo; un secondo coniglio che aiuta il primo a fuggire dal processo. Il solito teatrino della politica!
Questa vicenda non può non ricordare la famosa storia dei Promessi Sposi, il cui matrimonio veniva ostacolato dal prepotente Don Rodrigo, spalleggiato dall’Innominato. Il parroco Don Abbondio, come noto, timorato di Dio e con la sua Suprema Legge in mano, quella del Vangelo, fu minacciato di non celebrare il matrimonio, e si piegò alla legge del più forte.
Nel nostro caso, Di Maio è oggi nelle vesti di Don Abbondio. Sarà capace di sovvertire il finale di quella antica storia? Sarà capace di far valere le ragioni dei deboli di fronte ai forti?
Tra i due conigli, chi sarà il più debole? Interverrà l’Azzeccagarbugli? È probabile; e così continuerà il solito teatrino della politica.
E, non ultima domanda: Frà Cristoforo e il Cardinale Borromeo, che fine hanno fatto?
(Homo Videns)