Festa dell'Unità nazionale e delle Forze armate: il discorso del sindaco Matarrelli

Cari concittadini presenti, studenti, autorità civili e militari, rappresentanti delle associazioni,

si celebra oggi la ricorrenza del 4 novembre, che è festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, si celebra il ricordo dei caduti in guerra. Con l’armistizio di Villa Giusti, siglato tra l’Italia e l’Austria-Ungheria il 4 novembre 1918, terminava il primo conflitto mondiale. Il trattato decretava la fine della guerra, trasformava l’ordine mondiale e creava le premesse per lo scoppio della Seconda Guerra mondiale. Ad un anno dalla firma dell’armistizio, veniva istituita la giornata che stiamo vivendo. Rendiamo omaggio a tutti quegli uomini e a quelle donne che hanno sacrificato la propria vita per perfezionare un percorso di democrazia del quale oggi noi tutti beneficiamo: un percorso lento e faticoso che dal Risorgimento, passando per le ultime annessioni territoriali dopo la Grande Guerra, ha portato fino all’unificazione dell’Italia. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarrella durante la cerimonia di consegna delle decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia – che dunque quest’anno commemora il centesimo anniversario della ricorrenza - si tratta di un’istituzione voluta per riconoscere il valore di quanti hanno partecipato al drammatico percorso di unità del Paese, che durante il primo conflitto mondiale ha vissuto gli anni più difficili e tormentati. Una guerra dolorosa per gli effetti, come tutte le guerre, e al tempo stesso come mai avvenuto prima; nonostante questo replicata appena due decenni dopo con il secondo conflitto mondiale. Possiamo dunque affermare che quella di oggi è una festa dolorosa, perché coincide col ricordo della perdita di centinaia di migliaia di vite umane. La storia ci insegna che quanti si trovarono in prossimità del fronte, subirono ogni genere di privazione e violenza; i civili pagarono un prezzo gravissimo. E anche quando il lungo conflitto cessò, continuò a produrre effetti devastanti negli anni successivi, in Italia e in Europa, tanto da far affermare che non vi furono né vincitori né vinti, perché tutti sembrarono accomunati dal medesimo destino. Nel giorno in cui ricordiamo l'unità d'Italia, e rendiamo onore alle Forze Armate, sappiamo che praticando il dovere della memoria, si può comprendere appieno il sacrificio per La costruzione di uno Stato democratico e unito; intere comunità, in forza di questo disegno, seppero resistere fino al sacrifico estremo. Dei giorni più difficili ci giungono le testimonianze di coraggio dei soldati italiani e la determinazione di un giovane Paese e di una Nazione ancora acerba. Non ci fu area geografica d’Italia, inclusa la nostra attuale provincia e la nostra città, che non pagò il suo tributo di morti e feriti. Tanti di questi nomi sono rimasti ignoti, capitolati di fronte a forze devastanti. A loro dobbiamo l’eredità storica che oggi possiamo vivere, un bagaglio di tradizione e valori, cultura e civiltà che appartiene alla nostra storia. Questi valori caratterizzano la solennizzazione di questa festa: che ne sarebbe di una comunità senza storia, radici, unita soprattutto nei momenti più difficili, come la nostra comunità nazionale sa pure essere? Uno Stato è tanto più libero quanto più è forte il sentimento di identificazione delle comunità con le istituzioni. E se le istituzioni militari sono l’espressione del patriottismo, è nel rapporto di queste con le istituzioni civili, nel loro funzionamento democratico e regolare, che si compiono i principi sanciti dalla nostra Costituzione. E’ alla luce dei valori costituzionali che ogni anno questa ricorrenza si permea di sensibilità e sentimenti diversi, sempre importanti e nobili. L’art.11 della nostra Carta Costituzionale recita: "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Dall’orrore delle guerre nasce la consapevolezza dell’utilità della pace, da garantire come principio di pacifica convivenza sociale nei singoli Paesi e come obiettivo al quale tendere tra Stati diversi. I sanguinosi conflitti mondiali sono serviti a comprendere che sostenendo libertà e democrazia si possono evitare conflitti e dolorose tragedie. Oggi l’Europa unita vive l’era di pacificazione più lunga della storia. Un ruolo determinante lo rivestono le nostre Forze Armate: la comunità internazionale riconosce ai militari italiani, uomini e donne, non solo preparazione professionale a autorevolezza in tema di sicurezza ma anche capacità di instaurare dialogo e forme di ascolto, per proprie qualità umane, nei riguardi del tessuto sociale locale delle popolazioni oppresse, qualsiasi sia la cultura o la religione con le quali vengano a contatto.

 Mentre pensavo a questo mio intervento di oggi, mi sono domandato a chi avesse maggior senso rivolgerlo: di sicuro ai giovani, che con senso di responsabilità saranno gli adulti del prossimo futuro, un futuro non sempre roseo da immaginare perché molte nostre famiglie vivono il dramma della mancanza di lavoro e di risorse necessarie per gestire i bisogni dei congiunti. Un’esistenza dignitosa è spesso condizione essenziale di coesione sociale e di attuazione di quei principi che hanno dato e continuano a dare senso all’unità nazionale. Oggi, essere cittadini italiani implica la capacità di sentire con orgoglio la propria storia senza farsi mai sovrastare da tanto giusto orgoglio; quindi occorre misurarsi con sentimenti di solidarietà e rispetto nei riguardi di chi scappa dalle guerre e dalla povertà o semplicemente è di una nazionalità diversa.

In nome di quel “4 novembre 1918”, ringraziamo tutti i Militari che si adoperano per l’affermazione della pace, in Italia e nelle missioni che vedono il nostro Paese impegnato nelle missioni nel mondo. Viva l’Italia unita e viva la Pace!

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