Palazzo Murri e i “custodi” del centro storico (di Carlo Ferraro)

Con uno sfolgorante articolo su “Buone Nuove” ci viene annunciato che il “nuovo” centro storico di Mesagne

(e già il termine “nuovo” accostato all’antico desta qualche preoccupazione), ha un suo paladino: il sig. Mimmo Stella, nominato sul campo “custode dell’arte locale”. Ci viene detto che il nostro vigila indefessamente i lavori di AQP sulle antiche strade, che sta programmando l’attivazione di varchi elettronici, che pensa ai finanziamenti per il restauro di alcuni monumenti della città, e molto altro ancora.

Non so se sia lo stesso Stella che il primo marzo ha postato due immagini del fu Palazzo Murri: in una foto si vede come è il palazzo ai giorni nostri, nell’altra si vede il palazzo come “potrebbe “essere: totalmente trasfigurato, snaturato dall’apertura di una decina di finestre e, affinché si capisca bene l’intento dell’operazione, provvisto di un ingresso con su scritto “Grand Hotel Centro Storico”.

Dico che non so se sia la stessa persona perché ce ne passa dall’essere nominato custode del centro storico e poi proporre nello stesso centro storico un’operazione così grossolana, tanto gretta e pacchiana da portare alla completa distruzione dell’impaginato antico per proporre la facciata di un condominio al posto di quella che la storia ci ha tramandato.

Io credo fermamente nella buona fede e nella buona volontà del sig. Stella, ma penso anche che questa non basti, che non basti la passione per l’antico per averne il dovuto rispetto. Penso che bisognerebbe prima di tutto leggersi la Carta del Restauro per capire che ci sono delle regole imprescindibili quando si ha a che fare con la Storia, che quel palazzo non è “un vecchio rudere” (come egli stesso lo descrive, non rendendosi minimamente conto di quel che dice, dimenticando che quello è prima di tutto un prezioso tassello di un tessuto antico irripetibile, parte integrante di un tutto, testimonianza viva della nostra storia pietrificata) e che sicuramente non basta presidiare il campo, o farsi nominare “custode” per accampare il diritto di vita o di morte di un edificio antico.

Perché in quella proposta dal disegno naïf si intravede la fine stessa del centro storico e la sua trasformazione in una sorta di Disneyland “de no antri” (come direbbero a Roma). E ci si dimentica che i turisti vengono qui da noi per vedere la Storia nel suo testo autentico e non il suo simulacro.

In tutto questo strombazzare di consulenti a disposizione dell’attuale amministrazione stiamo precipitando nel più profondo provincialismo, e non basta certo questo ultimo numero di Buone Nuove, encomiastico al limite della piaggeria, per non vedere che si sta perdendo il senso della misura e della decenza.

Se poi mettiamo il caso che presso l’ufficio tecnico si stia preparando una variante del Piano di Recupero del centro storico, affinché la destinazione del Palazzo Murri venga cambiata, da Asilo, come era stabilito in quello, a struttura di accoglienza privata (hotel?), allora la cosa diventa veramente allarmante, allora non possiamo fare a meno di pensare che il sig. Stella stia, inconsapevolmente, “preparando il piattino” per questa operazione poco chiara, che stravolgerà l’identità del manufatto architettonico (che per quanto possa essere umile è pur sempre carne ed ossa del tessuto antico; ha solo bisogno di un semplice restauro); e tutto questo alla faccia dei vari “custodi” del centro storico.

E se poi rammentiamo che questa amministrazione ha già approvato altre “piccole” varianti del Piano Regolatore, per permettere alcune discutibili operazioni urbanistiche, non possiamo fare a meno di pensare che questo stia divenendo il suo marchio di fabbrica, il suo modus operandi: con l’alibi della modica quantità stravolgere il quadro normativo esistente ed avere un ampio campo d’azione; coperti, in questo caso, anche da un “esperto” nominato all’uopo.

Abbiamo già visto qualcosa del genere ai tempi del Giubileo quando si visse in un contesto di sospettosità perché si procedeva in maniera non molto chiara, con il risultato che abbiamo perso pezzi della nostra storia, pezzi del nostro centro storico, nel nome del fare, e nel nome del business. Allora c’era chi decideva, con una procedura in cui non c’era nulla da eccepire, gli immobili da “restaurare”, e nel contempo stranamente si registrava il coinvolgimento di imprenditori, sempre presenti, e di coloro che come “investitori” ne avrebbero tratto vantaggio.

A cosa serve un custode se poi non ci si avvede di tutto questo?

Carlo Ferraro

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