Cittadinanza attiva. Un regolamento «foglia di fico » per i consiglieri del Sindaco.
Qualcuno all’opposizione parla in maniera ironica di «creatività normativa» della maggioranza;
qualche altro dice che la maggioranza sarebbe in «un vicolo cieco» ed oggi in commissione Affari istituzionali andrà avanti forte dei numeri e quindi pronta a fare una sorta di «sanatoria» sui consulenti del sindaco, approvando il «Regolamento sulla cittadinanza attiva», il cui articolo 7 inquadra appunto una sorta di «consulente» o «consigliere del sindaco», solo che i problemi sono diversi ed i nodi vengono al pettine dopo il lock down.
Il primo problema è quello di rendere retroattivo un provvedimento che non può essere tale. E questo - dicono dall’opposizione - nonostante da tempo i segretari generali degli Enti locali - che di queste cose si intendono - sul sito di una loro associazione di categoria abbiano fatto sapere che «l’ordinamento degli enti locali non prevede la figura del “consigliere politico”; i consiglieri, gli assessori e il sindaco, quali organi di governo degli enti locali - si legge -, sono figure tipiche individuate dalla legge. Si evidenzia che, nel sistema posto dal legislatore costituzionale, art. 117, lettera p), lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di “organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane”, mentre all’ente locale è riconosciuta un’autonomia statutaria, normativa, organizzativa ed amministrativa nel rispetto, però, dei principi fissati dal decreto legislativo n. 267/00». E ancora: «...l’ente può integrare, nei termini suindicati, le norme che stabiliscono il riparto delle attribuzioni, ma non può derogarle, l'individuazione della figura del “consigliere politico” non appare compatibile con l'ordinamento degli enti locali».
Insomma, secondo le opposizioni quella norma statutaria, il cui rango è tutto da verificare, sanerebbe, facendo entrare dalla finestra quanto non si può fare. Peraltro, la retroattività della norma non è prevista e questo farebbe sì che il sindaco debba produrre un qualche atto che sani, in qualche maniera quanto prodotto e non da ieri, attingendo quei nomi da un elenco ancora da istituire, con criteri di inserimento che non si conoscono. Se così fosse, al momento non è dato sapere a che titolo - e nonostante l’atto del sindaco - i «consiglieri» siano lì.
Vi è poi, un’altra questione altrettanto seria che i consiglieri di opposizione hanno fatto palese al Prefetto ed al ministro degli Interni, riservandosi di proporre un ricorso al Capo dello Stato per quella che loro vedono come una palese violazione della legge che non dà facoltà all’ente locale di provvedere in questa materia.
Nell’esposto, infatti, essi dicono che «il caso sottoposto e la conseguente risposta fornita dal Ministero degli Interni non sono assimilabili al caso in oggetto in quanto non trattasi di forme di volontariato disciplinate dalla normativa ivi richiamata bensì di una forma surrettizia e irregolare di ampliamento di incarichi di governo. A tal proposito il Ministero degli Interni, appositamente sensibilizzato sulla fattispecie analoga ha avuto modo di precisare e ribadire (...) che «ciò posto, occorre osservare che l'ordinamento degli enti locali non prevede la figura del “consigliere politico”...». E la diversità sarebbe che - senza alcun registro a cui attingere - il sindaco avrebbe «attinto» nel creare i suoi «consiglieri» - tranne il direttore artistico che il giorno dopo l’elezione si è dimesso da consigliere comunale - al criterio della candidatura nelle sue liste o in liste concorrenti con funzione di candidato sindaco, di fatto dando vita ad una giunta di consulenti che, oltre alla «visibilità», hanno una sorta di potere, che nessuna sussidiarietà o cittadinanza attiva sarebbe in grado di offrire.
Insomma, il regolamento sulla cittadinanza attiva potrebbe anche andar bene senza l’art. 7, ma senza quell’articolo come si legittimano i «consiglieri» attualmente in attività?