Storie di poco conto: alle 2,36 del mattino la Puglia viene commissariata sulla doppia preferenza.

È quanto accaduto nelle ultime ore dopo una seduta del Consiglio regionale che ha offerto uno spettacolo peculiare

mai registrato nella storia della stessa Regione.

La legge che garantisce la parità di genere nelle liste elettorali non passa, così come nel febbraio del 2015, della presidenza Vendola quando si ottenne identico risultato a causa del voto segreto..

Ora spetta al Governo centrale sostituirsi nelle funzioni, così come preannunciato lo scorso 28 luglio su proposta del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia.

In sintesi la proposta di modifica che recitava: “Ogni elettore dispone di un voto di lista e ha facoltà di attribuire massimo due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento della preferenza successiva alla prima, scrivendo i cognomi su ciascuna riga posta a fianco del contrassegno” era stata approvata dalla Commissione competente, la VII.

Fratelli d’Italia nella seduta ha presentato 1946 emendamenti ai quali se ne aggiungono agli altri sette, provenienti da altri gruppi.

Solo due sono i punti di convergenza: inserimento della doppia preferenza con annullamento del voto se non di sesso opposto, rapporto 60-40 tra i due sessi dei candidati in lista.

Ma l’elemento di contrapposizione è stata la questione delle sanzioni dove si è verificata una gran confusione senza raggiungere risultati utili: Il Movimento 5 stelle chiedeva nel caso di mancato rispetto dell’equilibrio 60-40 di annullare la lista; la maggioranza voleva introdurre tale sanzione da subito, non attendere il 2025, Il centrodestra spingeva per ritirare tutti gli emendamenti e tornare al testo originale.

Ad inizio di seduta le cose si sono complicate perché viene votato l’emendamento confezionato per escludere dalle candidature l’epidemiologo Pierluigi Lopalco, proposto da Fratelli d’Italia con voto segreto. E qui la bagarre: 28 voti a favore, 18 contrari. Si registrano 8 franchi tiratori della maggioranza, coperti da voto segreto contrari alle aspirazioni politiche di Lopalco. L’emendamento passa, quindi, tutti quelli che ricoprano ruoli di collaborazione con l’ente Regione devono lasciare il loro lavoro prima di candidarsi.

Ma la tensione aumenta man mano che il tempo passa con Ventola che chiede la fotocopia di tutti gli emendamenti per ogni consigliere perché gli stessi votino “cognita causa”. In parole povere circa 100 mila fotocopie e dopo un violento battibecco tra Emiliano e Ventola la riunione si avvia verso l’epilogo.

Il capogruppo del Partito democratico, Paolo Campo, verso le 2.30 annuncia ufficialmente la chiusura delle attività: “Ho provato più di un tentativo per raggiungere l’intensa ed evitare il massacro. Piuttosto che stare qui a discutere di 2mila emendamenti farlocchi, ad adeguare la legge pugliese, ci penserà il governo”.

Alle 2.36 manca il numero legale. Finisce così la decima legislatura. La Puglia non vota. Le donne perdono la loro battaglia e Pierluigi Lopalco può candidarsi, senza dimettersi dalla task force perché l’emendamento che lo riguardava decade con l’intero testo.

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