Dibattito sul porto, Rossi: “Non ho fatto la mia parte? Probabile, ma nemmeno gli altri”.
Titi: “Purtroppo il porto viene visto come la passeggiata”. Tutti concordi: “Stacchiamoci da Bari”.
BRINDISI – Nell’ambito del convegno “Brindisi, quale futuro?” organizzato presso il Parco Maniglio dal comitato Clic di Bozzano, la tematica dello sviluppo portuale è stata trattata approfonditamente.
A tal proposito, il sindaco Riccardo Rossi ha rivendicato l’autonomia per l’Autorità portuale di Brindisi spiegando che “con la legge Delrio si doveva decidere a chi Brindisi doveva donare i proventi del carbone e delle industrie. Andare con Bari è stata una fregatura immensa, ma lo sarebbe stato anche andare con Taranto, anche se manca la riprova”.
Teo Titi, presidente degli operatori portuali salentini, sul punto ha rilanciato: “Battiamoci per un’autorità portuale unica in Puglia. Sono d’accordo col sindaco, magari tornare indipendenti, solo che prima avevamo i requisiti per essere porto core (tecnicamente, numeri alla mano, non li avevamo neppure prima perché il porto di Brindisi non movimentava l’1% dei traffici complessivi dell’Ue, ndr), oggi ci mancano le merci, il carbone. Temo che la battaglia per l’autonomia possa essere persa in partenza”.
Quello che si potrebbe fare, in realtà, è provare a cambiare i criteri previsti nel regolamento europeo per l’assegnazione della qualifica di porto core, magari chiedendo di tarare la scelta – come si era ipotizzato e come ha richiesto il presidente dell’ente portuale Patroni Griffi – su criteri qualitativi legati alla transizione ecologica piuttosto che sul dozzinale parametro della quantità di merci movimentate, perché in un’Europa che corre verso la decarbonizzazione, che senso ha premiare porti europei che movimentano grandi quantità di merci inquinanti?
Altra opzione ancora, sarebbe quella di ragionare in termini di nodo primario facendo sistema con Lecce e creando un’area metropolitana. Ma l’impressione è che oramai i buoi siano scappati. Per l’ennesima volta. E di volontà reale di risolvere i problemi se ne vede poca.
E a proposito della polemica sulle reti Ten-T che si fermeranno a Bari e Taranto escludendo il Salento, il sindaco ha dichiarato: “Sulla vicenda del porto core su cui si afferma che il sindaco di Brindisi non si sarebbe battuto, voglio precisare che io non sono né nella Commissione europea, né nel Parlamento europeo o italiano e non guido l’Autorità portuale. Non ho fatto la mia parte? Probabile, ma tutti quelli che ho citato nemmeno l’hanno fatta. Allora penso sia giunto il momento di dire basta: deve tornare a esistere l’autorità portuale di Brindisi. Basta a chi pensa di dirigere il porto di Brindisi in funzione di questo o di quell’altro. Se continuiamo a essere porto satellite di Bari, non ne usciamo”.
La domanda che sorge spontanea, però, è la seguente: dal 1994 al 2017, lasso di tempo in cui l’autorità portuale di Brindisi era indipendente, come sono andate le cose? Meglio o peggio?
In merito alla discutibile gestione del porto di Brindisi nel corso degli anni, poi, il sindaco ha adombrato sospetti anche sui ritardi per la realizzazione dei nuovi accosti di Sant’Apollinare: “Le banchine di Sant’Apollinare per gli accosti crocieristici sono autorizzate dal 2006, in questi ultimi 3 anni non abbiamo visto una carta sugli accosti. Ripeto, sono autorizzati dal 2006. Mi chiedo allora: era interessante realizzarli? Penso di no, perché c’erano altre fonti su cui destinare tutte le risorse”.
C’è da precisare che se i lavori non sono ancora partiti è perché non esiste una vasca di colmata nella quale trasferire i sedimenti dei dragaggi propedeutici alla realizzazione degli accosti, e su questo il Comune non ha certo contribuito ad accelerare l’iter. Resta da trovare una soluzione per un deposito temporaneo dei sedimenti, ma dal governo non è di certo partita una gara per correre in soccorso dell’ente portuale e della città. Così come va sottolineato che l’Amministrazione comunale per prima non ha dimostrato tutto l’interesse necessario per la realizzazione delle nuove banchine, con BBC che uscì dall’aula al momento della votazione della mozione sulle opere portuali e con l’assessore all’urbanistica che dichiarò di essere contrario alla costruzione di nuove banchine.
Come ha osservato Titi, però, la colpa è anche dei brindisini, particolarmente apatici verso queste tematiche: “Purtroppo il porto qui viene visto come la passeggiata, si discute di porto solo quando c’è il gossip estivo della barca che non ha trovato acqua e corrente. Invece la città dovrebbe scatenarsi quando le scelte non vengono compiute o quando vengono indirizzate verso altri lidi”.
Lo stesso Titi, infine, si è soffermato sull’investimento di Edison riguardante la costruzione di un deposito di gnl: “L’attenzione va posta su investimenti che sono fini a se stessi e che non lasciano ricchezza sul territorio: temo che quello di Edison sia uno di questi e bisogna fare molta attenzione prima di compiere una scelta. Edison su quella banchina toglie un gran pezzo di porto al resto delle attività. E non si dica che Edison è necessario per acquisire lo status di porto core perché in realtà non è così. È nel sistema portuale dell’Adriatico meridionale che deve essere realizzato un deposito di gnl, non per forza a Brindisi”.
Dichiarazioni che sorprendono perché gli operatori portuali sono stati i promotori degli adeguamenti tecnici apportati da Edison per recuperare circa 300 metri di banchina. Tra l’altro, al di là di come la si pensi, il gnl è una rinfusa liquida, è una merce, e la sua movimentazione pertanto porta vantaggi. Perché poi bisogna capire cosa si vuole fare da grandi: se vogliamo un porto che movimenti merci o meno. E questo vale soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni dei vertici di Enel, che – come riferito dal consigliere Oggiano – hanno espressamente negato una interferenza tra le ipotetiche attività di Enel sulla zfd e quelle ipotetiche di Edison.