Quando i Toy Boy “cantano” di Anna Rita Pinto
La notizia che giusto qualche giorno fa ha interessato molti pruriginosi giornalisti, riguarda la ormai nota love story
tra un giovane studente di un liceo romano e la matura dirigente scolastica del suo istituto. La donna rischia la sospensione, se non addirittura il licenziamento, dopo che la vicenda è venuta alla luce grazie ad alcune scritte, chiaramente allusive, comparse sui muri della scuola. Secondo il racconto del ragazzo la liaison ha preso forma a dicembre, durante i giorni dell’occupazione del liceo, per poi concludersi dopo circa un mese per decisione dello stesso: “il fatto stava rimbalzando alla velocità della luce sulle chat e tra le aule della scuola - ha detto – e io non volevo più essere il suo toy boy”.
Ora, senza entrare nel merito della questione già gratuitamente affrontata nei talk show di serie B e che verrà dibattuta nelle sedi opportune, il ruolo ricoperto dalla signora ha certamente un peso in tutta la questione ma non esonera il ragazzo dalle sue responsabilità, essendo lui già maggiorenne all’epoca dei fatti, essendo il rapporto consenziente e non estorto ed essendo stato lui stesso, probabilmente, a far girare gli audio WhatsApp scambiati tra i due finiti poi in pasto a giornalisti sciacalli. Dunque, ancora una volta, assistiamo a un atteggiamento sessista anche da parte dei media, tanto che, facendo una veloce ricerca in rete, è possibile notare quanto sia facile reperire foto della donna legate alla vicenda, mentre è difficilissimo trovarne del toy boy canterino che di certo non è stato un gentiluomo.
Ma cosa s’intende esattamente per toy boy, che letteralmente significa ragazzo-giocattolo? Il dizionario dice: “giovane uomo prestante e avvenente prescelto come accompagnatore o partner di una donna di età nettamente superiore alla sua, spesso socialmente affermata, benestante e in grado di mantenerlo”. Riassumendo, quindi, nella maggior parte dei casi il toy boy non lavora per vivere e usa la sua prestanza fisica, data dalla giovinezza, come merce di scambio per aggiudicarsi il ruolo del “fidanzato di professione”.
E siccome vige la legge del “libero mercato”, fin quando la richiesta incontra l’offerta e accade tra persone maggiorenni, consenzienti e consapevoli dei loro ruoli nelle relazioni o pseudo tali, tutto questo non dovrebbe fare una piega. Però - c’è un però - la società è abituata a vedere e ad accettare uomini ultra sessantenni accompagnarsi con giovani ragazze, ma non il contrario. Nel primo caso, infatti, secondo una certa mentalità maschilista, l’uomo affermerebbe la sua mascolinità mentre la donna, “legalizzando” al femminile ciò che hanno sempre fatto gli uomini, risulterebbe semplicemente una donna di dubbia moralità. Esattamente, come sempre, due pesi e due misure. Che poi è ciò che accade anche nel giudicare gli attori implicati in rapporti occasionali o extraconiugali: gli uomini si prendono il lusso di vantare le loro performance al bar con gli amici, le donne, anche quando le relazioni sono solo sospettate, rischiano quasi la lapidazione, verbale nei paesi e reale altrove.
Eppure Adamo ed Eva trasmisero la loro condizione di peccatori a tutti noi discendenti, com’è possibile quindi, che la colpevole di tutti i mali, nei secoli dei secoli, rimane sempre la donna? Ne abbiamo riprova anche nei casi di stupri, la prima domanda è: com’era vestita?
Altra affermazione comunemente ascoltata è che, a parità di età, un uomo over 50 ma anche oltre, può essere considerato ancora affascinante mentre la donna, al massimo, viene definita una “gallina vecchia che fa buon brodo”. Considerando questi parametri, l’ovvio risultato, ancora una volta, è che l’uomo viene pacificamente giustificato se al posto di una sua coetanea preferisce giovani donzelle, invece rimane ancora un misero del perché le “galline vecchie” preferirebbero i ragazzi più giovani quando avrebbero da scegliere tra i tanti affascinanti e attempati maschioni della loro stessa età.
L’argomento risulta certamente ampio e complesso da trattare, perché si dovrebbero approfondire anche quegli aspetti sociali e psicologici che influenzano il nascere di queste improbabili relazioni, ma rimanendo sulle motivazioni più semplici potremmo concludere che la donna, a qualunque età, acciacchi a parte, è nel pieno delle sue facoltà amatorie, anche dopo la menopausa a differenza dell’uomo che, già dopo i 50 anni, manifesta una progressiva e fisiologica riduzione degli ormoni maschili - testosterone in primis -; andropausa; calo del desiderio sessuale; difficoltà a raggiungere o a mantenere un’erezione a causa dell'invecchiamento vascolare; orgasmi più brevi; eiaculazione meno potente; aumento del tempo di pausa tra un rapporto e l’altro.
Quindi, per spezzare una lancia in favore di quelle donne âgé che a un certo punto della loro vita preferiscono i toy boy, potremmo concludere che, a parità di età, l’uomo forse è più affascinante ma la donna forse è più funzionante. Perché, dunque, non si accetta semplicemente che, tranne rari ma non impossibili casi di innamoramento, donne e uomini adulti sono mossi dalle medesime ragioni almeno quanto i più giovani sono mossi dal medesimo tornaconto?
Massimo Recalcati nel suo libro “Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore”, sostiene che il discorso amoroso vive in una tensione tra il “per sempre” che gli amanti vorrebbero e la contingenza degli avvenimenti, ovvero la libertà delle singole persone. Quella libertà, forse, che ogni essere umano e ogni società civile dovrebbe difendere come il bene più prezioso; quella libertà che, là dove non lede quella degli altri, va solo rispettata, non giudicata. Esattamente come l’amore, a qualsiasi età.
Anna Rita Pinto
08.04.2022