Ombre su "Cercasi schiavo" - Indagine sul lavoro turistico nella città di Mesagne. (Giovanni Galeone)

Presentato il rapporto “Cercasi schiavo -Indagine sul lavoro turistico nella città di Mesagne”

a cura dell’Associazione Mesagne Bene Comune, un lavoro partito questa estate attraverso un questionario di 15 domande più una domanda aperta (ti va di raccontarci la tua storia?) rivolto ai lavoratori del settore turistico, compilabile online e con la garanzia dell’anonimato. Negli ultimi anni l’apertura di attività nel settore turistico e della ristorazione è sembrata quella preminente ed è stata favorita dalle stesse istituzioni locali con l’incremento degli spazi pubblici occupabili, l’associazione ha voluto però gettare un sasso nello stagno di generale compiacimento per verificare se tutto avviene in osservanza dei diritti e della dignità delle condizioni di lavoro. Interessante il risultato del questionario al quale hanno risposto in 82 persone e i cui dati sono stati elaborati da un gruppo guidato dal sociologo Marco Marrone dell’Università del Salento.

Il campione risulta composto in maggioranza da uomini (56%), e da giovani con età inferiore ai 24 anni (34%), la componente femminile è presente soprattutto nella fascia 18-24 anni e 41-50 anni. Il 64% del campione ha un diploma o una qualifica professionale, il 16 % ha la licenza media, il 14% è laureato. In merito alle condizioni contrattuali è emerso che il 20% degli intervistati lavora in nero, il 61% lavora con un contratto di lavoro formale che non viene però effettivamente rispettato, individuabile nel cosiddetto “lavoro grigio” che permette al datore di lavoro di tutelarsi da eventuali controlli e allo stesso tempo di risparmiare sui costi previsti per il dipendente il quale è però intaccato nella tutela dei suoi diritti, il 19% del campione ha un regolare contratto di lavoro, quindi il lavoro povero di diritti accomuna, seppure in maniera diversa, l’81% del campione. Nel lavoro nero vi è una prevalenza delle donne, mentre nel lavoro contrattualizzato la prevalenza è maschile, per il 36% del campione trattasi di lavoro stagionale, mentre per il 64% trattasi di un lavoro continuativo anche se questo non garantisce affatto un maggiore tutela dei diritti, l’82% del campione si dichiara insoddisfatto per le condizioni di lavoro cui è costretto a soggiacere. Il 31% dei rispondenti ha dichiarato di guadagnare meno di 3 € l’ora, il 53% tra 4-6 €/ora, il 10% tra 7-9 €/ora; pertanto il 94% del campione percepisce una retribuzione inferiore alla soglia dei 9 €/ora, inserita nella recente proposta parlamentare come la soglia minima salariale, il 90% delle donne dichiara di ricevere una retribuzione inferiore ai 6 €/ora. La maggior parte dei lavoratori poveri si concentra tra i giovani (under 30) e gli over 40, a conferma che il lavoro turistico raccoglie soprattutto giovani alla ricerca di un reddito e lavoratori più anziani provenienti da altri settori e privi di un percorso professionale definito. In relazione al titolo di studio emerge che i laureati si trovano nelle classi salariali più basse, mentre il 40% di coloro che si trovano nella classe salariale più alta ha un titolo di studio pari o inferiore alla terza media. Per quanto riguarda gli orari di lavoro, il 54% dichiara di lavorare mediamente tra le 9 e le 13 ore al giorno, il 5% più di 13 ore al giorno, il 36% sino ad 8 ore, mentre il 4% svolge attività lavorative sino a 4 ore. Emerge nettamente inoltre come all’aumentare dell’orario di lavoro diminuisca la paga oraria media, questa dato conferma una tendenza del settore turistico ad incrementare i profitti attraverso un’estensione degli orari di lavoro, e stabilendo in via forfettaria un compenso fisso per i lavoratori, a prescindere dalle ore lavorate.

Nel questionario emerge come oltre l’80% si dichiari poco e per nulla soddisfatto rispetto alla paga che riceve in relazione all’orario lavorativo svolto. L’insoddisfazione del campione si conferma anche per il ruolo degli attori istituzionali, l’82% giudica insufficiente o inefficace l’attività dell’Ispettorato del lavoro, il 77% dà un giudizio negativo sul ruolo svolto dall’Amministrazione comunale, ritenuta vicina soprattutto agli interessi dei ristoratori, il 58% giudica insoddisfacente anche il ruolo dei sindacati, complessivamente emerge quindi un senso di solitudine di questi lavoratori che percepiscono i propri interessi e diritti non tutelati dalle istituzioni preposte. Non mancano nelle risposte alla domanda aperta la presenza di casi di mobbing e ricatti. L’oggettività dei dati emersi non può lasciare indifferenti, lo scarso rispetto dei vincoli normativi e contrattuali non solo non permette una giusta redistribuzione della ricchezza sul territorio, ma finisce per favorire una competizione al ribasso che penalizza le imprese operanti nel rispetto delle norme,

inoltre si rende necessario un diverso, integrato e costruttivo ruolo delle istituzioni a partire dall’Amministrazione comunale, che come avviene in altri contesti, ha la possibilità di intervenire concretamente per scoraggiare comportamenti illeciti e promuovere quelli virtuosi.

Giovanni Galeone

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