Per il nome del Parco, un contributo di Ermes De Mauro.
Seppi non da subito del morbo funesto che aveva violentemente,e purtroppo irreversilbimente, aggredito l’amico carissimo Roberto Potì.
Mi dissero che da un po’ di tempo era degente presso un istituto di Latiano, dove in qualche modo si tentava di allievare le sofferenze di quella terribile malattia. Mi parve naturale e doveroso andare a visitarlo e, francamente rimasi molto amareggiato e sconfortato, portandomi addosso una indicibile tristezza, la malinconia tipica che ti stringe il cuore, quando hai la sensazione di perdere una persona cara. Da quel giorno sono andato a trovarlo spesso, molto spesso: gli sedevo accanto, gli accarezzavo il volto con la speranza di carpirgli qualche sorriso, lo prendevo sotto braccio e passeggiavamo insieme lungo lo stretto corridoio che portava alla sua camera. Era apparentemente tranquillo per i farmaci che gli somministravano, ben curato nella persona, grazie alle attenzioni affettuose e alle premurose cure delle signorine dell’istituto, alcune di esse volontarie, che lo accudivano con figliale abnegazione. Purtroppo il male non lasciava nutrire speranza alcuna, men che mai di guarigione, per cui la notizia della sua fine, per quanto non inaspettata, mi colpì profondamente lasciandomi sgomento e quasi incredulo.
Ma chi era Roberto Potì?
In tempi bui e grigi, come quelli che viviamo, è sempre di grande attualità la lezione del Giusti:” Il mondo ha bisogno non di uomini dotti, ma di uomini buoni “. E Roberto era sicuramente un bravo operatore sanitario, ma soprattutto una persona buona. Lo conoscevo molto bene e ci incontravamo sovente in ospedale o in laboratorio di analisi o al bar di Lucio, ma il nostro rapporto era legato anche ad altre ragioni, scolastiche per esempio, onde nulla mancava perché si trattasse di un’amicizia autentica e disinteressata. Roberto fu espressione di grande bontà e generosità: dignitoso senza alcuna ombra di orgoglio e soprattutto modesto, sapeva raccogliere intorno a sé amici devoti e sinceri, appena la nobiltà del suo animo si manifestava.
Nei giovanetti, attraverso l’esercizio dello sport, elargiva il meglio delle sue energie, non solo per perfezionare la pratica sportiva, ma anche per forgiarne il carattere con il suo sorriso bonario e con quella dote di tenacia e di fiducia in quello che faceva.
Orbene, mi pare doveroso e mi torna gradito onorare tangibilmente l’esistenza di un uomo che sia riuscito a lasciare, in particolare ai giovani, con i quali trascorreva il suo tempo migliore, un messaggio valido e teso a migliorarli. E poiché in questi giorni si dovrà pure dare un nome di un mesagnese al nuovo bellissimo parco realizzato là dove c’era il campo sportivo comunale, mi è parso quanto mai opportuno, e oserei dire doveroso, proporre di intitolare la nuova struttura a Roberto Potì, ricordando che proprio quel campo sportivo lo ha visto per molti anni protagonista appassionato come giocatore ed anche allenatore.
E’ solo una mia idea, che con assoluta spontaneità e sincerità ho voluto esprimere senza alcuna ombra di retorica, un’idea del tutto disinteressata, che mi auguro possa trovare la giusta considerazione ed un benevolo esame nelle sedi competenti.
Prof. ERMES DE MAURO