Fuga dal centro storico. Il fenomeno continua …
Qualcuno non voleva crederci, ma da un paio di settimane, lo storico negozio “Arte sacra” della famiglia Magrì che da anni era ubicato in Via Luca Antonio Resta nei pressi della Chiesa Madre, ha chiuso la propria attività
per riaprire in altra parte della città, in Via Roma 81.
Quella del “centro storico” oramai è una questione che per molti è chiusa. Da una parte una politica discriminante, messa in atto nell’ultimo decennio dalle Amministrazioni comunali, con epicentro in “Piazza commestibili”, dall’altra una politica di gestione degli spazi molto discutibile con una mancanza di progetto globale di circolazione, ed in ultimo la presenza di un populismo portato avanti da novelli “sanculotti” hanno chiuso ogni e qualsiasi prerogativa di permanenza nel centro storico.
Dappertutto è un “vendesi” ed un “affittasi" con attività che una volta chiuse non hanno possibilità di continuo, cartelli destinati a rimanere affissi per molto tempo perché voglia di investire nel centro storico non ne riesce proprio a trovare.
Ma ad esaminare la fenomenologia possiamo cominciare da “Piazza commestibili”, uno spazio che un tempo rappresentava il cuore della città con contadini e rigattieri che quotidianamente proponevano l’acquisto dei propri prodotti. L’idea di ristrutturazione non ricordo da dove partì ed, al momento, visti i risultati ottenuti bisogna convenire che non è stata del tutto felice. E sulla realizzazione architettonica, forse sarebbe poco affermare che in molti in un contesto storico antico fatto di pietra, carparo e materiale affine un ammasso di ferraglia è proprio un qualcosa di molto discutibile. Al momento la Piazza dei Commestibili in molti la chiamano Piazza “Canne delle battaglie” perché la poca frequentazione di persone ha reso la piazza, nel pomeriggio fruibile da giovani fumatori di “canne” ed al calar del sole favorisce le “battaglie” o performance dei nostri adolescenti non in possesso di auto, che salendo la scala che porta al giardino pensile del primo piano, possono vivere qualche momento di discreta intimità.
Discutibile la progettazione di locali piccoli e senza servizi, ossia con servizi collettivi, che non creano possibilità di ideare una attività ampia con sviluppo accettabile sia da punto di vista commerciale ma soprattutto economico.
Ma il dramma maggiore, per il centro storico, è quello che qualcuno ritiene che il problema sia racchiuso nelle ore serali con i locali di ristorazione aperti in quelle poche ore.
Centro storico significa vivificare tutta la giornata. Ed è stata chiusa Via Albricci con un dissuasore, poi Via Castello, poi La strata longa, ossia Via Azzollino, via Eugenio Santacesaria, strade ormai riservate agli abitanti con parcheggi privati. E fra poco dalle voci che si ascoltano ce ne sarà un altro in Via Luca Antonio Resta.
Ed a questo si aggiunge una buona quantità di vasi da fiori che vietano il parcheggio nelle zone prive di marciapiede.
Non abbiamo negozi che possono attrarre concittadini e turisti. Pochi i punti di riferimento, ossia Massimo cu lu Putichinu e li Parrazzuelu con i frutti di mare.
Qualcuno dimentica che sono serviti molti anni, per riappropriarci del centro storico che era ormai nelle mani della criminalità e qualcuno dovrebbe convincersi che camminare anche di mattina in alcune strade è estremamente pericoloso. Una per tutte Via Eugenio Santacesaria, simbolo di una desolazione realizzata con l’aiuto del dissesto idrogeologico.
Il riscatto del centro storico potrà passare solo da una rivisitazione del piano di circolazione, dall’abolizione dei privilegi relativi ai parcheggi privati e da iniziative che siano adeguate alla effettiva realtà chiamando tecnici esperti. Non è accettabile che un qualsiasi lavoratore, durante il periodo estivo, non possa fermarsi nel proprio posto di lavoro oltre le ore 21.00, considerato che nel centro storico non si può entrare ed il parcheggio è riservato solo ai residenti e non anche a chi lavora.
In molti comuni del Salento (Parabita, Cannole, Merine ecc…) alcune sagre divenute punto di riferimento dei programmi estivi sono state programmate da architetti, chiamati a progettare volta per volta le varie manifestazioni.
Noi abbiamo, al contrario, dicono per mancanza di soldi, lampi di genio come quelli avuti per organizzare la Fiera dentro le mura di cui nessuno si è accorto dello svolgimento (7-8-9-10 luglio) e benevolmente chiamata la “Fera ti Mmela-Mmela”, ossia “quannu non’ nc’è nisciunu … ppiccia ‘na candela!”
Giuseppe Giordano