Il sindaco di Mesagne si schiera contro la Tap

«Come era facilmente prevedibile il TAR Lazio ha rigettato nel merito il ricorso presentato dalla Regione Puglia sulla piena ottemperanza della società TAP-Ag alle prescrizioni A44 che autorizzavano l’espianto degli ulivi e la realizzazione del micro tunnel.

Il cantiere di S. Foca – Melendugno sarà sbloccato e la TAP (Trans Adriatic Pipeline) si farà, con buona pace del Presidente Emiliano e dei sindaci salentini che stanno opponendo una strenua resistenza democratica all’opera.

Niente possono le comunità locali a fronte del conclamato interesse nazionale e sovranazionale di un opera che avrebbe, secondo la Commissione Europea ed il Governo Italiano, un valore strategico perché garantirà “l’ininterrotta disponibilità fisica di energia sul mercato continentale”, favorirà la cosiddetta “transizione verde”, cioè il passaggio da combustibili fossili ad alto potere inquinante come il carbone ed il petrolio a fonti meno inquinanti come il gas, eviterà la dipendenza dal petrolio e dalla finanza derivata e limiterà il monopolio russo sulle fonti di approvvigionamento.

L’ampliamento della rete gas inoltre avrebbe un riverbero positivo sulla vita dei cittadini poiché la pluralità delle fonti e la competizione del mercato potrebbero indurre una riduzione dei costi della materia prima e quindi un risparmio sulla bolletta dei singoli consumatori. Conclusione: non si può fermare il futuro, non si può sacrificare lo sviluppo industriale, economico-finanziario, la competitività del sistema Europa e la qualità di vita dei cittadini alle doglianze di un piccolo lembo di terra della periferia del Continente e pazienza se ci saranno piccoli “effetti collaterali”.

Ma c’è un’altra ragione meno sbandierata che fa diventare strategica la scelta del gas in Europa ed è quella di trasformare questo combustibile in merce di scambio per i mercati finanziari internazionali al pari del petrolio, quella di creare una sorta di commodity parallela liberalizzata ed indipendente capace di attivare finanziamenti pubblici e privati, di realizzare grandi opere ed infrastrutture, di muovere il mercato finanziario ed i grandi processi speculativi ad esso correlati. Verrebbe da pensare che sia stato proprio questo il “primum movens” dell’operazione gas in Europa che parte giustappunto nel 2008 quando la Commissione Europea, per far fronte al crollo del mercato finanziario internazionale, immette sul mercato una marea di risorse pubbliche sotto forma di bond per chi avesse investito in questa direzione. La Banca Europea per gli investimenti, all’uopo ricapitalizzata per 60 miliardi di euro, ne mette in campo 15 all’anno per chi sviluppa grossi progetti per la raffinazione, liquefazione, rigassificazione e trasporto del gas. Sui 240 progetti considerati strategici che arrivano sul tavolo della Commissione Europea ben 100 sono incentrati sullo sviluppo delle reti gas. E come è noto gli investimenti pubblici richiamano l’interesse degli investitori privati per cui si costituiscono all’uopo grandi holding finanziarie, spesso delocalizzate, che come nelle matrioske o nelle scatole cinesi si tirano dentro i grandi fondi di investimento internazionali, le grandi banche, i grandi gruppi industriali, che evidentemente hanno a cuore il profitto più della salute o della qualità di vita dei cittadini.

Secondo questo presupposto si crea in Svizzera, cioè fuori dall’Unione Europea, la TAP-Ag una cordata di multinazionali dell’energia di cui fanno parte SNAM Italia, l’inglese BP, la belga Fluxys, la spagnola Enagas, l’azera Az-Tap e naturalmente la capofila elvetica Axpo che a sua volta rappresenta l’esito di lungo processo di rimaneggiamento di società che si creano e si disfano in continuazione. Non è escluso che in queste “operazioni di mercato” si siano sedimentate pratiche non propriamente lecite o che si siano determinate pressioni politiche ed industriali improprie, specie in considerazione del fatto che gran parte dei Paesi che detengono il monopolio delle risorse primarie con cui bisogna stipulare accordi economici sono Paesi a regime totalitario (Russia, Azerbaigjan, Turkmenistan, Turchia, Nigeria, eccetera).

Allora si capisce bene perché di fronte a questo sistema che somiglia tanto ad un intrigo internazionale la volontà popolare, come espressione della rappresentanza democratica dei territori, non vale niente e che il TAR non avrebbe potuto mai nulla.

Ora, però, torniamo alle verità nascoste e agli effetti collaterali. L’impatto ambientale della TAP, contrariamente a quanto sostenuto dalla Valutazione Impatto Ambientale rilasciata nel 2014 dal Governo Letta, è devastante: l’approdo del gasdotto avviene in prossimità di un area umida protetta, a pochi chilometri da un sito archeologico in un territorio molto antropizzato con spiagge, dune, falesie e una fitta macchia mediterranea, posti peraltro messi sotto la tutela del PTTR (Piano turistico Paesaggistico della Regione Puglia.).

L’impianto di depressurizzazione (PRT) a cui il serpentone approda dopo 1,5 Km dall’emersione dal micro tunnel, è molto impattante e richiede alte quantità di energia e di risorse idriche per alimentare turbine e impianti di raffreddamento. Prevede due ciminiere alte 10 mt che sparano fumi. Il gasdotto intersecherà, infine, per altri 55 Km campi coltivati, uliveti secolari, masserie, pascoli, muri a secco e produrrà una ferita profonda e insanabile in un habitat ambientale fragile e identitario a forte vocazione turistica.

Durante tutto questo tragitto saranno espiantate 10.000 piante di ulivo che rappresentano l’elemento simbolico caratterizzante del territorio oltre ad essere fonte di economia, di Storia, di cultura e tradizioni. Ci asteniamo dal considerare i danni eventualmente prodotti alla salute dei cittadini dalle emissioni di Co2 ed altri gas dal PRT non ancora attentamente considerati né consideriamo gli esiti eventuali di incidenti o malfunzionamento degli impianti o perdite e sversamenti in mare.

Nessun risparmio ci sarà sulle utenze dei cittadini e delle piccole e medie imprese poiché prima di tutto bisognerà ammortizzare gli investimenti per l’ampliamento della rete che ha costi elevatissimi, poi bisognerà garantire gli utili d’impresa delle multinazionali e delle holding finanziarie e semmai qualcosa dovesse restare, essa andrà in favore dei grandi gruppi industriali dell’acciaio, dei grandi petrolchimici che verosimilmente hanno già le mani in pasta nel business.

Che poi la combustione del gas non produca effetti nocivi sull’ambiente è tutt’altro che dimostrato. Certamente come gli altri combustibili fossili concorre al surriscaldamento del pianeta per l’aumento certo delle emissioni di Co2.

Ci sono, inoltre, studi ben documentati che attestano che la rete gas già sviluppata in Italia sia adeguata e sufficiente se non addirittura sottodimensionata rispetto ai bisogni e che la proiezione dei consumi di gas in prospettiva è in forte calo anche in considerazione dell’aumento delle fonti rinnovabili e della diffusione su larga scala degli interventi pubblici a favore del risparmio energetico.

Infine gioverà ricordare che proprio il nostro Comune di Mesagne sarà investito direttamente dall’intervento poiché il terminale di collegamento con la rete nazionale SNAM è posto a pochi Km dal Municipio della nostra città.

Per le ragioni sopraesposte io ho personalmente maturato una contrarietà di fondo al progetto TAP ed al completamento del mercato del gas contestando radicalmente il modello di sviluppo energetico portato avanti dal nostro Paese. Presenterò al prossimo Consiglio Comunale un ordine del giorno in tal senso e se ne avrò mandato sosterrò ogni iniziativa che sarà messa in campo dai sindaci per continuare l’opposizione democratica alla TAP».  

Pompeo Molfetta

Sindaco di Mesagne

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