Piazza commestibili: un pasticciaccio brutto fatto di insipienza ed inspiegata vocazione alla paralisi.

Le critiche rivolte alla proposta della «Casa della cultura» hanno mandato fuori dai gangheri il sindaco Scoditti. 

Le critiche per il contenitore in cui delocalizzare le associazioni che operano in città, a fronte dell'inerzia dell'amministrazione comunale nel settore della cultura nei 4 anni di consiliatura consumati, non sono state gradite.

«Ragioni più fondate per innervosirsi potrebbe certamente averne», è stato il commento sui social network, dove hanno ricordato «il nodo spinosissimo della mancata realizzazione di piazza Commestibili» o l'assenza politica sul merito dell'assessore al ramo Giorgio La Sala, da Scoditti fortissimamente voluto in giunta anche a costo di perdere un intero pezzo della coalizione, quello centrista rappresentato dal sindacalista Gino Vizzino.

 

La Sala è persona degna ed intelligente, ha dimostrato attraverso la sua vicenda professionale di essere un valente imprenditore. Tuttavia è diventato, suo malgrado, il protagonista di una celia che si trascina da mesi tra gli amministratori e gli impiegati comunali: «Hai visto Giorgio?», si interpellano l'un l'altro.

«Non lo vedo da tempo», è la sogghignante immutata risposta. Al di là della sua effettiva presenza, comunque rarefatta, a Palazzo di Città, La Sala ha una responsabilità grossa come una casa. Anzi: come piazza Commestibili. La medesima responsabilità – la si chiami «culpa in vigilando» o vera e propria correità – ricade sulle spalle del primo cittadino.

All'indomani della sua nomina, il neo assessore alle Attività Produttive, settore nevralgico della cosa pubblica, si lanciò in una per certi aspetti intrigante ipotesi sulle prospettive da assegnare a quella piazza sulla cui riqualificazione sono stati investiti diversi milioni di euro e che avrebbe dovuto rappresentare la (probabilmente unica) grande opera portata a compimento dalla giunta in carica. La Sala prefigurò la ex piazza Mercato come un «ente fiera», una sorta di contenitore eclettico per intercettare i diversi possibili mercati territoriali, auspicabilmente muovendo le acque della stagnante economia cittadina.

L'idea dell'assessore, lanciata bellamente dalle colonne dei quotidiani, irritò – ufficiosamente - le segreterie dei partiti di maggioranza perché non preventivamente condivisa, ed allarmò coloro i quali avevano intenzione di rendere la piazza una lussuosa (e cioè di qualità) riedizione del mercato di un tempo, ospitando fruttivendoli, macellai, pescherie ma anche esercizi enogastronomici di buon gusto. Quell'idea, però, deve essere restata nell'iperuranio di Scoditti & company, se è vero come è vero che a distanza di quasi nove mesi nulla è stato combinato in merito. Tanto da trasformare clamorosamente la migliore occasione per incidere sulla comunità cittadina in un pasticciaccio brutto, fatto di insipienza ed inspiegata vocazione alla paralisi.

Nella stagione estiva quella piazza è stata occasionalmente utilizzata come immaginifico scenario per l'iniziativa di volenterose associazioni o privati: e l'indice di gradimento dell'opinione pubblica per lo spazio redivivi è parso alto. Parecchio sgradevole invece è lo stato di incuria in cui sembra abbandonata in tutte le ore del giorno e specialmente della notte, lo slargo e i suoi bui meandri resi ormai impudico allestimento di bivacchi e bagordi. Se il sindaco Scoditti intende indugiare nel nervosismo, ecco un buon motivo per esserlo.

 

Giuseppe Florio

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