Bilancio approvato: aria di smobilitazione (di Giuseppe Florio).
La barca non va ma deve andare. La giunta Scoditti incassa il voto favorevole della propria maggioranza sul bilancio di previsione: e questo è già un risultato, neppure dato per scontato. Ma i toni degli intervenuti, il clima dell'assise comunale, lo stesso percorso con cui i partiti del centrosinistra sono giunti alla seduta di mercoledì pomeriggio, protrattasi fin quasi alle 23, rappresentano un altro risultato: questa volta dolente.
C'è aria di smobilitazione tra gli scranni consiliari, come da fine della storia. Alcuni consiglieri sono assenti, altri tra i presenti sarebbe meglio che lo fossero, tanto sembrano svogliati. Ad animare i lavori, nell'affanno del presidente Fernando Orsini, preciso orologio svizzero in una stanza piena di orologi a cucù, ci pensano i membri della minoranza di centrodestra, tra bassi (interventi preparati il giorno prima e quindi fuori sincrono) e alti (su tutti Giuseppe Colucci Carluccio, appassionato, mai affettato, sensibile alle istanze che si levano dalla città).
Tra i banchi del centrosinistra aleggia l'autocandidatura del capogruppo di SEL Pompeo Molfetta, le polemiche – manifeste o larvate – che ne sono conseguite, il rischio della rottura coi sellini dissipato soltanto poche ore prima, la legittima animosità del Partito Democratico, scaraventato dal ruolo di compagno a quello di competitor. Eppure, anche in tale quadro crepuscolare, verrebbe da assegnare una medaglia al petto di sindaco e assessori: magari non di tutti, di quelli che si sono dati da fare comunque, di quelli che si capisce che ci hanno tenuto e ci tengono.
Verrebbe da stringere la mano di Scoditti, galantuomo un po' pasticcione che aveva goduto di una vita tranquilla e stimata ed ha trascorso gli ultimi 4 anni a battagliare con i tagli ai trasferimenti locali, con collaboratori talvolta mediocri, con i partiti della maggioranza (anche e soprattutto il «suo» PD) che lo hanno marginalizzato o irriso, con opposizioni non sempre intellettualmente oneste, con una opinione pubblica troppo spesso inqualificabile.
Verrebbe da offrire una pacca sulla spalla del vice sindaco Canuto e chiedergli: ma chi te lo ha
fatto fare, una intera immacolata vita spesa sulle barricate dalla parte di chi aveva meno e meritava di più: un talento dell'opposizione chiamato ad una prova da sforzo per lui tremenda, quella del governo, anzi per 4 anni quella rognosa del bilancio in un fase storica in cui i bilanci sono il salvadanaio di un clochard. Così si comprendono anche le sortite fuori luogo, gli scatti di nervi, le male parole da non pronunciare mai
almeno quando si rappresenta le istituzioni democratiche. «Imbroglione!», grida proprio Canuto al consigliere Domenico Magrì, appena qualche minuto dopo che lo stesso primo cittadino aveva indirizzato al medesimo argomentazioni simili: «Menti sapendo di mentire». Magrì non è un «imbroglione» e gli si devono tutte le scuse del caso, ma non è neppure giusto inquinare le acque, insinuare che la vendita della Masseria Belloluogo possa servire a coprire un indimostrato buco di bilancio: «Un consigliere comunale sa bene che la eventuale vendita va in conto capitale e non nella spesa corrente», spiega secco un funzionario. Belloluogo, anche lì un pasticcio, purtroppo ascrivibile al sindaco che si prende la briga, discutendo un emendamento presentato da NIP, di annunciare in diretta che la masseria – per 20 anni dimenticata da tutti, nessuno escluso – non sarà più alienata ma rimessa tra i beni da valorizzare. Dopo aver consumato tutti i passaggi politici ed istituzionali con cui la maggioranza aveva deciso il contrario. Così SEL e Omar Ture, per manifestare dissenso, annunciano la propria astensione. Ma si capisce che l'astensione è ormai un mood, uno stato d'animo generale, è la cifra di questo languore.
Giuseppe Florio