I musulmani che pregano con Papa Francesco: questa è vera rivoluzione. (Maria Cariello)
Sono tanti i musulmani che hanno partecipato in piazza San Pietro, nel giorno del digiuno contro la guerra in Medio Oriente e in Siria. Un gruppo, anche di siriani ha recitato il Corano all’esterno delle transenne, unendosi alla preghiera per la pace indetta da Papa Francesco.
Il Papa ha convocato il popolo cattolico per la preghiera di intercessione. Ma tale è il Suo carisma da aver ricevuto l’adesione di tante religioni. Perché il Papa ha chiesto ad ognuno di noi di fare la pace, responsabili tutti, della pace del mondo e non solo del nostro piccolo universo. Il digiuno è il modo per elevare lo spirito, per liberarsi dalla quotidianità, per andare incontro al prossimo .
Prossimo, che non è soltanto il bambino del Gabon al quale inviamo i 10 euro mensili, ma è l’anziano dirimpettaio, il passante maleducato, l’amico traditore. A loro deve essere rivolto un pensiero di pace, perdonando la sgarbatezza, l’infedeltà, compiendo il primo gesto. Perché il perdono è un andare incontro.
Intercedere non vuol dire semplicemente “pregare per qualcuno”, etimologicamente significa “fare un passo in mezzo”, mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti. Non si tratta di articolare un bisogno davanti a Dio, stando al calduccio, né di fare il mediatore, che invita le parti a farsi qualche concessione. Cosi saremmo nel campo della politica…
Intercedere è pericoloso; è stare là, cercando di mettere la mano sulla spalla di entrambi ed accettando il rischio di questa posizione. “Chi è dunque colui che si metterà tra il mio giudice e me? chi poserà la sua mano sulla sua spalla e sulla mia?”, grida Giobbe davanti a Dio con cui non riesce a riconciliarsi.
Non qualcuno da lontano che esorta a pregare genericamente per la pace, bensì qualcuno che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire. È il gesto di Gesù, venuto per porsi nel mezzo di un conflitto senza soluzione. Ma Gesù mette in conto anche la morte per questa solidarietà; ne accetta l’insuccesso, la tortura e l’orrore della solitudine: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?”
Questa è l’intercessione cristiana che richiede una duplice solidarietà: abbracciare tutte le parti in causa. La situazione politica è così aggrovigliata che anche un competente farebbe fatica a spiegare oggettivamente ciò che è avvenuto, perché e come. È difficile dire: “Soffre di più quello, soffre di più questo”. Chi comincia la lista delle ragioni, dei torti?
E non se ne uscirà se non con un passo inaspettato: Pace come opera dell’uomo, Pace come frutto delle arti politiche, Pace come dono della preghiera. Al bando i tiepidi: cosa fa la diplomazia italiana per la questione siriana se non tenere il piede in due staffe? L’art. 11 Cost. è chiaro. Non dice che la guerra può essere autorizzata dall’Onu la ripudia quale strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
In piazza San Pietro è accaduto che 100.000 fedeli di diverse fedi, hanno pregato in silenzio, raggiungendo l’unione nella diversità. E se è possibile non cambiare le parole ed i gesti per stare insieme, non vi è necessità di chiedere all’altro di cambiare i suoi gesti e le sue parole. E così, i musulmani hanno letto il Corano per unirsi alla preghiera del Rosario. Questa è la vera rivoluzione.