Le coalizioni già pronte all'incerta sfida elettorale (di Giuseppe Florio).

La moneta lanciata in aria da Pompeo Molfetta, candidato sindaco per la coalizione “Diamoci una mano”, ha due facce. Dal lato forse più immediatamente visibile, le contraddizioni, i nodi irrisolti, le incongruenze.

La coalizione allestita per l'arrembaggio a Palazzo di Città è, perlomeno sulla carta, una corazzata. Sei liste – ma in predicato ci sarebbe addirittura la settima – contro le tre (o quattro) spuntate con difficoltà dal candidato PD Ninni Mingolla, contro le due (o tre) messe insieme dal contrammiraglio Emilio Guarini, contro la sola (al massimo due) a sostegno di Sabrina Didonfrancesco, contro la pattuglia di Danilo Facecchia (Movimento 5 Stelle).

La quantità, si sa, non è però sempre sinonimo di qualità. Molfetta guida un rassemblement «arcobaleno», un insieme di liste civiche (alcune autentiche, altre per così dire fittizie, nel senso che partiti come Sinistra Ecologia Libertà hanno dismesso per l'occasione i propri simboli) dalla più diversa ispirazione. Due (“La mia città” e “Mesagne domani”) schiettamente di sinistra, motivate dal deputato Toni Matarrelli; una direttamente ispirata da Molfetta (“Pompeo sindaco”); una di moderati (“Mesagne al centro”); una di destra (“Mesagne Futura”); infine quella che fa capo al sindacalista Gino Vizzino (“Lista Vizzino”). Una sorta di arco costituzionale in piccolo, che contempla la compresenza di soggetti politici che si sono anche avversati, anche nel recente passato. Non è un caso che il mantra pubblico e privato di Pompeo Molfetta sia stato la necessità di superare gli schemi della politica e di suscitare la partecipazione civica, di montare cioè un movimento popolare che trascendesse la mera somma algebrica dei movimenti costituenti l'alleanza: la scommessa – il lancio della moneta – si gioca tutta lì.

L'operazione riuscirà soltanto se l'elettorato risponderà in termini sentimentali, prima che di consenso, all'appello di Molfetta; se si mobiliterà innanzitutto sposando un progetto così tanto privo di pregiudizi (ideali, politici, ideologici) e poi restituendo corposità al programma, partecipando al di là degli infingimenti alla sua stesura, sollecitando il necessario scatto di reni. Se invece questo passaggio non si consumerà, “Diamoci una mano“ rischierà un flop da ricordare nei lustri: improbabile quello elettorale, plausibile quello politico ed in qualche modo etico. Perché la coalizione si svuoterà di forza propulsiva, perderà di tono sgonfiandosi miseramente, così mettendo a nudo le proprie pudenda: i cambi di campo si riveleranno squallide iniziative trasformistiche, le alleanze stipulate in nome dell'interesse della città assumeranno il profilo di un famelico assalto alla Bastiglia del potere, il blocco civico una meschina «conventio ad excludendum» per annientare il Partito Democratico.

Tutta la comunità cittadina, non soltanto i settori più direttamente coinvolti dalla politica elettorale, guardano a Pompeo Molfetta da quando ha scagliato la moneta della sua chance per aria, in attesa che si riveli l'esito di questa scommessa. Che potrà renderlo sindaco autorevole, coraggioso, rivoluzionario ed anche efficace Caronte verso una fase inedita della storia mesagnese; oppure principale responsabile di un venefico pastrocchio, i cui danni sarebbero ben di là dall'essere previsti.

Giuseppe Florio

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