Breve ricordo di Giovanni Antonucci: giurista e storico mesagnese. (di Domenico Urgesi).

(seconda parte)

Fra Normanni e Svevi

Antonucci tornò ancora a scrivere sul periodo finale della Contea di Lecce nel 1943 su «Rinascenza salentina», con Robertus de Biccaro, conte di Lecce. Qui risolse il problema dell’individuazione di Robertus vicecomes, prima di lui incerto, che egli sciolse semplicemente dando significato ad un’abbreviazione sfuggita a tutti gli altri studiosi: era Roberto da Biccari.

Intorno al più vasto argomento dei Normanni di Puglia egli s’impegnò per molti anni, con numerosi saggi (ne richiamiamo alcuni):

-Note critiche per la storia dei Normanni del Mezzogiorno (su Alberata o Alberada, la prima sposa di Roberto il Guiscardo; e su Margarito da Brindisi), in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1934;

 

-Miscellanea diplomatica: il giustizierato normanno; I processi del monastero di Banzi, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1938;

-Medioevo salentino. Un Collegium Pistorum in Otranto? Sull’antica diocesi di Brindisi. Sull’antica diocesi di Oria, in «Rinascenza salentina» 1933;

-Ricerche di storia giuridica: I-Un “Collegium Pistorum” in Otranto?; Il-Sacramentum assicuracionis, in «Rivista giuridica del Mezzogiorno» 1935;

-Medioevo salentino. Per la storia degli ebrei in Taranto; Il Collegium Pistorum di Otranto, in «Rinascenza salentina» 1935;

-Il vescovado di Melfi, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1936;

-La badia di S. Leone di Bitonto, in «Japigia» 1939;

-L’arcivescovato di Taranto, in «Voce del Popolo» 1936;

-La badia di S. Maria di Nardò, in «Rinascenza salentina» 1940;

-Per la storia giuridica della Basilica di S. Nicola di Bari, in «Japigia» 1934;

-Le aggiunte all’Exultet della Cattedrale di Bari, in «Japigia» 1938;

-Bari e Kiew, in «Eco di Bergamo» 1940 (sulla leggenda di S. Nicola).

 

Sul Principato di Taranto

Con due articoli del 1931 cominciò ad occuparsi dell’altro filone a lui caro, l’origine del Principato di Taranto:

-Le vicende feudali del Principato di Taranto nel periodo normanno-svevo, in «Japigia» 1931;

-Sui principi di Taranto, in «Rivista di Storia del Diritto Italiano» 1931.

Temi ripresi con sempre maggiore impegno negli anni successivi:

-Il Principato di Taranto, in «Taras» 1932;

-Federico d’Aragona, principe di Taranto,in «Rinascenza salentina» 1933;

-Giacomo della Marca, principe di Taranto, in «Japigia» 1934;

-Giacomo del Balzo, principe di Taranto, in «Rinascenza salentina» 1934;

-Il Principato di Taranto, I. Le origini normanne; II. Le vicende sveve, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1938;

-La fine del Principato di Taranto: Carlotta d’Aragona, in «Taranto» 1938;

-Ottone di Brunswich, principe di Taranto, in «Rinascenza salentina» 1940;

-Sull’ordinamento feudale del Principato di Taranto, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1941;

-Curiosità storiche salentine. La corte degli Orsini del Balzo; L’archivio di Angilberto del Balzo, in «Rinascenza salentina» 1943;

-Una vecchia polemica: il Concistorium principis degli Orsini di Taranto; Le vicende feudali del Principato di Taranto, in «Corriere del Giorno» 1953;

-Un curioso documento che tappò la bocca agli Angioini (L’instrumentum delle nozze di Ladislao e Maria d’Enghien), in «Gazzetta del Mezzogiorno» 1953.

 

Oltre al Principato, la città di Taranto restò sempre uno dei suoi argomenti preferiti. Fra letteratura e storia segnaliamo il suo articolo:

-Le origini di Taranto in un poema quattrocentesco, in «Voce del Popolo» 1933;

Abbiamo già ricordato un suo saggio del 1935 circa gli ebrei in Taranto; sull’argomento ritornò sulla «Voce del Popolo» nel 1937. Su questo stesso giornale, nel 1937, pose la questione

-Un tempio di Ercole in Taranto?

Si occupò de

-La regalia della pesca del mar Piccolo di Taranto, in «Diritto dei beni pubblici» 1936;

delle chiese medievali:

-Note critiche al Cartario di S. Pietro ‘in insula magna’ di Taranto, e Santa Maria ‘de Portu’ Tarenti, in «Rinascenza salentina» 1939;

dello scomparso mosaico pavimentale del duomo:

-Il mosaico pavimentale del Duomo di Taranto e le tradizioni musive calabro-sicule, in «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» 1942;

-del culto del patrono S. Cataldo, in «Corriere del Giorno» 1953, con vari articoli che mettevano a confronto questo culto in diversi luoghi, quali Taranto, Genova ed altre città.

Delle vicende dell’arcivescovato di Taranto (di cui abbiamo già detto) approfondì anche alcuni aspetti della vita di Giovanni Berardi, che vi fu vescovo dal 1421 al 1444 e poi fu eletto cardinale:

-Il cardinale tarentino, in «Voce del Popolo» 1938.

 

Sul Medioevo lombardo

Nonostante tutti questi interessi per la storia della Puglia, non gli mancò quello per la sua seconda patria (Bergamo). Due filoni lo attrassero: le istituzioni sociali e politiche (il Comune) e la partecipazione ai moti risorgimentali. Ricordiamo alcuni suoi studi:

-La Società delle Armi di S. Maria Maggiore in Bergamo e il suo Statuto, in «Rivista di Bergamo» 1924;

-Tra le antiche corporazioni di Bergamo, in «La Voce di Bergamo» 1926;

-I capitani di Scalve, in «Bergomum» 1926;

-I primi vescovi di Bergamo, in «Bergomum» 1931 e ancora in «Bergomum» 1933;

-Le famiglie comitali di Bergamo nei secoli decimo, undecimo e duodecimo, in «Bergomum» 1933 e ancora in «Bergomum» 1939;

- Il diploma di Ottone I per Gisalberto conte di Bergamo, in «Bergomum» 1933 (si tratta di un diploma inedito di Ottone I, che egli pubblica).

 

Antonucci ebbe la fortuna di scoprire una raccolta di documenti (sempre da lui pubblicati su «Bergomum»), da cui s’evince che l’autore dei Gesta Friderici primi imperatoris era un bergamasco: il ‘magister’ Joannes Asinus de Gandino; in un altro documento scoprì il testo del giuramento che il popolo prestava ad ogni nuovo podestà…

Non è il caso, in questa sede, di menzionare tutti i contributi di Antonucci alla rivista «Bergomum»; basti dire che essi furono circa 120, dal 1926 al 1952; la sua collaborazione più duratura fu proprio con la rivista bergamasca.


Sul Risorgimento

La stessa fortuna (ma egli sapeva cosa e come cercare) il Nostro ebbe per l’età risorgimentale. Nell’archivio del tribunale ritrovò un manipolo di documenti donizettiani.

Nella Biblioteca Civica trovò il carteggio di Silvio Spaventa (fra le quali vi erano lettere di Sigismondo Castromediano, di Antonio Labriola e di altri protagonisti della vita politica del tempo). In archivi privati trovò lettere di Carlo Poerio, di Vittorio Imbriani, di Luigi Settembrini.

 

Al Risorgimento dedicò ricerche sugli episodi di Sarnico e di Pettorano, utilizzando i diari inediti di vari reduci garibaldini; dello stesso Garibaldi illustrò episodi poco noti (fra cui Il secondo esilio di Garibaldi, in «Bergomum» 1940, con lettere inedite). Ma soprattutto illustrò il ruolo dei molti garibaldini bergamaschi e lombardi, fra cui Francesco Nullo, Antonio Solera, Giuseppe Rota. Scriveva, a tal proposito, Pier Fausto Palumbo, nel 1980*: «… Una mole imponente d’inediti, di ritratti, di studi, che sarebbe spettato ai Bergamaschi di raccogliere, più a gloria della loro partecipazione all’epopea risorgimentale che ad attestato di gratitudine al buon giudice e intemerato studioso mesagnese, per cui la loro vicenda non aveva avuto segreti».

 

Su Terra d’Otranto e Salento

Vogliamo concludere con un ulteriore accenno (ne abbiamo già parlato nella puntata precedente) a qualcuno dei molti studi che, nel frattempo, Antonucci aveva compiuto su Mesagne, Oria, Lecce, Otranto e dintorni.

-Il limitone dei Greci; Il principato angioino di Acaia, in «Japigia» 1933;

-La leggenda della origine di Francavilla Fontana, in «Voce del Popolo» 1933;

-Le decime in Terra d’Otranto, in «Rivista di diritto civile» 1935;

-Sanctus Aurontius. Il culto leccese di S. Oronzo deriva da un’antica chiesa lucana o tarentina? in «Voce del Popolo» 1939.

-La Centopietre di Patù, in «Rinascenza salentina» 1941;

-Nomina locorum, in «Rinascenza salentina» 1942 (nuove riflessioni sul nome di Mesagne);

-Ancora sull’epigrafe mutila dell’Anfiteatro di Lecce, in «Rinascenza salentina» 1943;

-Una leggenda brettone nel Duomo di Otranto: Artù e Cabral, «Corriere del Giorno», 1952;

-Il frammento di un “elogium” rinvenuto a Brindisi, «Corriere del Giorno», 1953;

-Sull’origine salentina di Jacopo Mostacci, «Corriere del Giorno», 1954.

 

Uno studioso dai molteplici interessi, instancabilmente produttivo, rigoroso, dotato di un metodo che non poteva rinchiuderlo negli studi di campanile, anche quando erano dedicati a Mesagne oppure alla sua seconda patria, Bergamo.

Speriamo, con questo breve ricordo, di averne fatto apprezzare le capacità; e speriamo

che qualcuno si incarichi l’onore e l’onere di pubblicare la sua opera omnia. Come scrisse Palumbo nel suo saggio del 1980*:

«…quel che a Bergamo non si è fatto, si poteva – per i contributi pugliesi e salentini – fare a Bari o a Lecce. A Bari, nella collana di “Monografie e Documenti” della Società di Storia Patria […] una raccolta degli scritti dell’Antonucci avrebbe potuto trovare il suo posto. Speriamo ancora che l’abbia nella maggior collana del Centro di Studi Salentini (“Scrittori Salentini”), accanto alle altre ristampe di Cosimo De Giorgi, di Pietro Palumbo, di Giuseppe Gabrieli, di Francesco Ribezzo».

 

*P. F. PALUMBO, Patrioti, storici, eruditi, salentini e pugliesi, 1a ed., Lecce 1980.

 

Domenico Urgesi

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