Le svastiche della Banca Centrale Europea (di Dana Lloyd Thomas).
“Il pubblico ha il diritto di sapere” (La sorprendente “pubblicità subliminale” sulla nuova banconota da 5 euro). Molti si saranno chiesti la ragione per cui, oltre alla firma di Mario Draghi, sulla nuova banconota da 5 euro si presenta il motivo grafico formato da minuscole svastiche. La banconota, commissionata a Reinhold Gerstetter – già autore dei marchi della Bundesbank, nonché per le banche centrali di Spagna Perù e Israele – è stata presentata a Francoforte dalla Banca Centrale Europea. Interpellata sulla questione, la Bce si è limitato a dichiarare che «sulle banconote euro non vi sono simboli politici di alcun genere» (Lars Schall, 03/06/2013, www.larschall.com). Tra tutte le varie ipotesi, sembra molto improbabile che tale motivo sia stato scelto in maniera del tutto casuale.
La selezione di una tra le infinite soluzioni grafiche immaginabili è il frutto di uno studio lungo e attento, come risulta dalle pubblicazioni della stessa Bce. E se le croci uncinate fossero un mero elemento decorativo, magari d’ispirazione grecoromana (la “greca”), oppure un richiamo ad un simbolo noto da millenni nell’induismo e nel buddismo? Il tema dell’antichità classica si ricollega, infatti, anche alla ricorrente simbologia degli elementi architettonici presenti sulle altre banconote dell’euro. Non conosciamo le eventuali affinità dei vertici della Bce rispetto alle antiche culture succitate; ma siamo sicuri che essi siano ben informati almeno sulla storia dell’Europa del Novecento.
Proporre la tesi di una scelta meramente estetica significa trascurare il modus operandi di chi governa il sistema monetario, oltre a sottovalutare l’intelligenza di chi si trova oggi a subire questo potere – ossia tutti i cittadini europei, tedeschi compresi. Un potere in cui, come scrive l’economista Nino Galloni, lo Stato di diritto cede ogni giorno il passo ad un genere di neofeudalesimo, gestito da poteri opachi autoreferenziali.
“Il pubblico ha il diritto di sapere”: prendiamo lo slogan della stessa Commissione europea per affermare il diritto di sapere il processo decisionale che ha portato la Bce a scegliere il motivo della nuova banconota, inserito, peraltro, in una forma poco visibile al primo sguardo: in altre parole, una vera e propria “pubblicità subliminale”.
Il fatto che la croce uncinata, simbolo antico già scelto – e forse anche “scippato” – dal partito nazionalsocialista, appaia sulle banconote dell’euro, valuta di cui la Germania costituisce la forza motrice, suggerisce una serie di riflessioni di natura economica, politica e geopolitica che affondano le radici in oltre settant’anni di storia europea.
Le sopravvivenze del nazismo
Accantonata l’improbabile ipotesi del puro caso, occorre valutare la possibilità che si tratti di un qualche richiamo al nazionalsocialismo, posto sulla banconota per motivi ancora da accertare, nel quadro di una continuità di intenti dal dopoguerra ad oggi. In tal caso, non si tratta evidentemente del neonazismo che ogni tanto appare sotto i riflettori dei media – quello di qualche giovanotto che sventola la bandiera del 3° Reich con tanto di denunce al “capitalismo plutocratico” – ma piuttosto di una forza talmente rilevante da incidere all’interno dei punti nevralgici del potere finanziario e politico europeo.
Occorre innanzitutto accantonare la visione storica, sostanzialmente falsata, che recita più o meno così: che alla fine della seconda guerra mondiale, le armate angloamericane e sovietiche hanno liberato l’Europa dal regime nazista, cancellandone ogni traccia, per far nascere la Germania occidentale, libera e democratica, e una Germania orientale filosovietica. E che, dopo una lunga lotta tra i due blocchi contrapposti, la stessa Germania Est, grazie ad uno spontaneo moto di popolo, si è dissolta nel giro di ventiquattro ore in una grande festa dell’unità nazionale davanti alla Porta di Brandeburgo. E così, finita la guerra fredda, tutti sono vissuti contenti e felici.
Questa visione viene però smentita dalla stessa cronaca dalla caduta del muro di Berlino in poi: come si spiegava, ad esempio, la comparsa, in maniera ovviamente non spontanea, di nutriti gruppi neonazisti soprattutto nella terra della temuta polizia segreta comunista, la Stasi? E la nuova Germania unificata che perseguiva con successo la dissoluzione della Yugoslavia e della Cecoslovacchia, due tra i principali obiettivi strategici del periodo hitleriano?
Attraverso la lettura di questi eventi, e grazie alle aperture degli archivi della guerra fredda, si moltiplicano gli studi sulla continuità di una parte dell’elite nazista nel dopoguerra, anche dal punto di vista finanziario. Tale continuità si presenta con una serie di legami, connivenze e collaborazioni con settori chiave del potere statunitense e di quello europeo, per dedicarsi a quello che il nazismo ha saputo fare meglio: l’esercizio spregiudicato del potere politico, economico e militare.
Tale sopravvivenza ha avuto un’indubbia continuità di tipo ideologico, tolti alcuni elementi propagandistici e simbolici fin troppo palesi. E’ ormai chiaro che, dietro la facciata, oggi scricchiolante, delle elite occidentali che si autoproclamano democratici, esista un qualcosa – corrente, tendenza, o raggruppamento che sia – dalla spiccata mentalità autoritaria, e dalle chiare simpatie pangermaniste – simpatie che si sono anche tradotte nei fatti nella politica tedesca ancora prima degli anni 1990. Inoltre, in Germani e in Austria sono apparsi vari partiti politici che in qualche modo si richiamano al passato nazista.
Numerosi indizi inducono a credere che questo “qualcosa” abbia avuto origine anche grazie ai trasferimenti in Sud America e negli Stati Uniti di ingenti ricchezze, di tecnologie, di scienziati e di elementi del partito e dei servizi segreti nazisti, nel periodo subito prima e subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
E’ ormai noto l’inquadramento degli scienziati tedeschi – già impegnati negli apparati del 3° Reich – nei due settori più avanzati della scienza e della tecnologia occidentali, ossia il programma nucleare e il programma spaziale degli Stati Uniti, a partire dalla figura emblematica di Werner Von Braun.1 Un altro settore ancora ebbe un’importante impronta nazista: quello dell’intelligence americana, grazie all’affidamento alla rete del generale Reinhard Gehlen dell’intero settore della Cia per lo spionaggio nell’Europa dell’Est. (Vi sarebbe stato un trasferimento nell’Urss di scienziati e di agenti segreti, seppure minore dal punto di vista quantitativo.)
E’ ormai ampiamente documentata la storia delle c.d. “Ratlines”o “vie di fuga per topi”; si trattava del trasferimento, soprattutto in Sud America, di migliaia di persone, tra cui elementi delle SS già protagonisti di crimini di guerra nell’Europa occupata; ciò grazie alle connivenze tra gli Stati Uniti, il Vaticano, e le varie giunte militari, a partire dal dittatore argentino Juan Domingo Peron. Episodi sui quali fu a lungo imposto il segreto di Stato, e che in Italia sono tornati alla ribalta anche grazie ai saggi e i documentari televisivi di Marco Dolcetta,2 oltre alle vicende di Erich Priebke, uno dei responsabili della strage delle Fosse Ardeatine, a lungo residente in Argentina.
Se a questi episodi aggiungiamo il piano, ideato e attuato dal capo del partito nazionalsocialista, Martin Bormann, per il trasferimento all’estero delle ricchezze accumulate dal 3° Reich, emerge un quadro che fa pensare ad un sistema di potere parallelo, che andava ben oltre il solo scopo di costituire una specie di fondo pensione per alcuni ex appartenenti al regime. Si trattava infatti di un vero e proprio sistema finanziario parallelo, costruito grazie ad un’attenta pianificazione strategica e geopolitica, le cui conseguenze persistono ancora oggi, come d’altronde emerge nelle recenti analisi di Joseph Patrick Farrell,3 di Guido Giacomo Preparata4 e di altri studiosi.
Il grande business tedesco-americano
Percorrendo in estrema sintesi le origini del “sistema parallelo”, possiamo ricordare la rinascita della Germania nel primo dopoguerra, con il consolidamento dei grandi cartelli industriali che, in una forma o nell’altra, ancora dominano le sorti del paese. Gli anni Venti del Novecento hanno visto, infatti, la formazione di legami internazionali sempre più strette, in modo particolare con i colossi americani dell’industria petrolifera, della chimica e delle comunicazioni – un processo che non si limitava al commercio ma che si accompagnava ad intese di tipo finanziario e societario, e quindi in materia di rilevanti quote azionarie, di nomine ai consigli di amministrazione e di brevetti e licenze industriali.5 Con il consolidamento del regime nazista, si rafforzarono ulteriormente questi legami, che poi furono a lungo sottaciuti dopo la seconda guerra mondiale.
Tuttavia, le affinità tra l’elite finanziaria americana e il nascente movimento nazista andavano ben oltre: sono sorprendenti i legami tra l’eugenetica negli Stati Uniti e quella tedesca.6 Tale corrente –oggi come allora, anche se il lessico si è aggiornato – propone la sterilizzazione dei gruppi e degli individui “disgenici” a favore di quelli “sani”.
Tra i perni di questo nuovo sistema di potere occorre citare la Banca internazionale dei regolamenti, fondata nel 1930 a Basilea, in Svizzera, dalle più importanti banche centrali e consorzi bancari provenienti dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e dalla Germania oltre a Francia, Italia, Giappone. Tutti concordarono con Hjalmar Schacht, il presidente della banca centrale, la Reichsbank, sulla necessità di garantire il flusso regolare dei pagamenti internazionali anche in caso di guerra tra Stati: e la Bir divenne il punto nevralgico per la ricostruzione economica – e quindi anche il riarmo – della Germania. Come per le banche centrali, i conti della Bir sono da sempre celati allo scrutino di terzi.
E fu Schacht a realizzare un sistema diversificato di certificati – sostanzialmente delle cambiali sostenute dalla banca centrale – che fungevano da strumento monetario per rimettere in moto l’economia. Insieme con l’espansione delle forze armate e della produzione militare, contribuirono ad abbattere la gravissima disoccupazione del Paese.
Dopo lo scoppio della guerra nel 1939, mentre la battaglia infuriava, tra i tedeschi e gli americani s’incontravano – direttamente o tramite deleghe – nei consigli d’amministrazione in Svizzera o in qualche altra sede neutrale, la parola d’ordine era: “business as usual”. Anzi, grazie lo sfruttamento dei prigionieri dei campi, i nuovi schiavi del 20° secolo, i profitti crescevano a dismisura. Con l’occupazione tedesca di gran parte del continente europeo, subentrava un altro fattore: quello dei tesori depredati. Si deve ancora scrivere la storia definitiva delle massicce quantità di oro e di altri valori razziate dalle forze tedesche durante la guerra.7
Infine, è da segnalare un altro elemento alla base della creazione del sistema finanziario parallelo: ossia l’operazione “Bernhard” per la contraffazione su vasta scala di banconote e di titoli, curata in ogni dettaglio dalle SS: in tale modo si costituivano i primi “fondi neri” (è il caso di dirlo) con il duplice scopo di autofinanziarsi e di destabilizzare l’economia dell’avversario.8
Un riciclaggio di proporzioni inaudite
Arriviamo all’agosto del 1944 e al convegno di Maison Rouge, dall’omonimo albergo di Strasburgo. Il 1943 aveva segnato la sconfitta di Stalingrado, la perdita del Nord Africa, lo sfaldamento del fascismo in Italia e l’avanzamento delle forze alleate. Gli indubbi progressi tedeschi in campo missilistico e – come sappiamo oggi – nel campo delle armi atomiche, erano arrivati troppo tardi per rovesciare le sorti del conflitto. I vertici del potere nazionalsocialista, resisi conto dell’inevitabile sconfitta, furono convocati da Bormann (che impartì le istruzioni attraverso un delegato), su approvazione di Hitler e delle SS, per assicurare la continuità politica ed economica del Reich “in esilio”; le maggiori realtà industriali e bancarie tedesche dovevano consegnare al partito nazista il controllo degli immensi profitti in valuta estera, e in cambio, il Partito-Stato avrebbe assistito nei trasferimenti e nella riorganizzazione all’estero. Come appunto avvenne. Dopo la guerra, i più alti gerarchi avrebbero continuato ad operare dietro le quinte, mentre ad altri esiliati sarebbe garantito un impiego.
In seguito, vi furono ingenti trasferimenti di capitali nelle banche dei paesi neutrali, dalla Svizzera, alla Spagna, al Sud America, con l’ampliamento di una rete societaria già consistente a livello globale. Esistono prove consistenti che portano a ritenere che lo stesso “Reichsleiter” Bormann sia riuscito ad espatriare, per poi tenere in mano per lunghi anni il controllo di tale struttura.
Negli anni Cinquanta, dopo la fine dell’occupazione alleata, vi fu un consistente flusso di capitali verso la Germania occidentale; si ritiene che molti di questi capitali del piano Bormann, “ripuliti” dalle banche argentine, svizzere ed altre ancora per dissimularne la provenienza. Alle obiezioni poste, le autorità di Bonn potevano rispondere che bisognava rafforzare la Germania “libera” per meglio combattere la minaccia sovietica (e anche qui tornano le argomentazioni adoperate negli anni Trenta…). Alcuni studiosi ricollegano a questo processo le prime riunioni a porte chiuse del famoso Club Bilderberg, presiedute dal principe Bernhard di Olanda – tedesco di nascita, ex ufficiale nazista e marito della regina dei Paesi Bassi – con la partecipazione dei vertici finanziari europei e statunitensi.
Terzaposizionismo e “islam radicale”
Riacquisita l’indipendenza politica nel 1949, il governo di Bonn presieduto da Konrad Adenauer, pur mantenendo un profilo basso e una posizione filoamericana, non fu estraneo alla prima, clamorosa azione geopolitica di impronta nazista del dopoguerra: il colpo di Stato in Egitto, in cui Gamel Abdel Nasser venne affiancato da alcuni personaggi di spicco del 3° Reich.9
I collegamenti tra nazismo e il mondo islamico avevano radici lontane. Memore della storica alleanza tra la Germania guglielmina e la Turchia, il regime nazista aveva promosso una strategia della penetrazione nei Paesi del mondo islamico contro l’influenza coloniale inglese e francese, anche attraverso i Fratelli mussulmani. Allo stesso tempo, si fomentava l’antiebraismo, una tendenza largamente minoritaria nel mondo islamico; ciò almeno fino all’attivismo del Gran Mufti di Gerusalemme Al-Husseini, sostenuto da Hitler e da Mussolini. Non a caso, Nasser perpetrò la persecuzione, l’esproprio e l’espulsione della numerosa comunità ebraica in Egitto, oltre a promuovere la diffusione della versione in lingua araba del “Mein Kampf” e dei classici dell’antisemitismo europeo. Un analogo lavoro politico-ideologico fu condotto in Siria e in Iraq.
Nel 1955, nel bel mezzo delle attività di nazificazione del mondo islamico, la Germania fu ammessa a pieno titolo alla Nato, dopo la firma di un accordo con gli Stati Uniti, in cui il governo di Bonn si impegnava addirittura a NON perseguitare i personaggi del defunto regime.10
Negli anni successivi, nel quadro dell’acuirsi delle tensioni tra Usa e Urss, si faceva strada il “terzaposizionismo”, ossia l’idea di creare una terza forza politica distinta dal capitalismo americano e dal comunismo sovietico; una posizione “nuova” che annunciava il sostegno per i paesi non allineati. Tuttavia, nel quadro dell’estrema destra europea, si rivolgeva in genere ad un passato “vecchio”, quello del nazismo, del fascismo e delle varianti del fascismo europeo.
Ciò costituiva l’aspetto saliente del c.d. internazionale nero, che radunava, grazie a congrui finanziamenti, esponenti dell’estrema destra europea per combattere, si diceva, contro il comunismo e contro la corruzione del capitalismo; si registrava la presenza palpabile dei servizi segreti occidentali e della rete di “Gladio”, ampiamente influenzati dagli ex nazisti e diventati loro stessi spesso indistinguibili dal neonazismo. Negli anni Settanta arrivò la stagione degli attentati, seguiti, come si è capito in seguito, dal sapiente sfruttamento politico di gravi fatti di sangue in modo tale da manovrare il quadro politico.11
Il connubio tra servizi segreti, estremismo politico e governi compiacenti si manifestò con forza nel “Plan Condor” in cui le dittature militari del Sud America si allearono per eliminare anche fisicamente gli oppositori; con il silenzio o l’attiva complicità degli Stati “democratici”. Forse non è un caso che i tre Paesi più tristemente noti a questo riguardo – Cile, Argentina e Paraguay – sono gli stessi luoghi preferiti dagli nazisti in esilio.
Euro über alles
E’ evidente che in una realtà importante come la Germania esistono diversi attori e diverse tendenze, di cui i “nipoti di Hitler” (o più precisamente, per l’aspetto finanziario, i “nipoti di Bormann”) costituiscono solo una parte. Quanto possa essere influente questa realtà è ancora oggetto di dibattito.
Negli ultimi anni l’esistenza di uno o più sistemi finanziari paralleli o nascosti è ormai diventata oggetto di studio e di crescente preoccupazione. La finanza mondiale risulta destabilizzata da una massa di titoli “tossici” e “derivati” il cui meccanismo di creazione, privo di ogni controllo attendibile, si avvicina, anche negli effetti, ad un tipo di contraffazione.
In questo quadro, arriviamo alla moneta unica europea, creata da un pool di banche centrali. Il progetto già in cantiere da tempo prima del varo, veniva promossa con entusiasmo anche dalla Germania, la nazione europea più importante per numero di abitanti e per attività economica. Nell’ambito della recente crisi che ha anche colpito l’euro, molti hanno costatato che lo “spread”, ossia la differenza di rendimento tra i buoni del tesoro tedeschi e quelli di altri Paesi europei, ha beneficiato proprio la Germania, con un ulteriore flusso di capitali verso la prima potenza economica. Ciò non ha impedito diversi politici tedeschi di pretendere la c.d. austerità, e a dichiarare che la“virtuosa” Germania non dovrebbe più “pagare i conti” degli altri Stati europei “viziati” e incapaci di ridurre il proprio debito.
Tuttavia, dietro questa retorica, possiamo scorgere il dibattito tra le diverse oligarchie di potere in Germania e, sullo sfondo, le esigenze di una società civile sempre più trascurata dalla politica.
A questo punto possiamo riassumere due ipotesi di lavoro sul significato delle svastiche della Bce:
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I discendenti del sistema sancito nel 1944, in quanto attori decisivi della finanza europea, hanno voluto asserire la propria presenza e, allo stesso tempo, inviare al mondo un segnale di tipo geopolitico.
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La rete delle banche centrali private, pur non ricadendo sotto il diretto controllo del sistema fondato da Bormann, ha voluto tendere simbolicamente la mano, assicurando la propria disponibilità a mantenere l’alleanza che per lunghi anni ha portato benefici a tutti gli interessati.
Con ogni probabilità, il simbolo sulle banconote, passando per le mani di milioni di persone, continuerà a svolgere ugualmente una propria funzione grazie al meccanismo della “pubblicità subliminale”; ma non è detto che sarà quella auspicata dai nostalgici del nazionalismo espansionista germanico. Certamente le contraddizioni ci sono, ed anche notevoli, ma visti gli ulteriori progressi tecnologici, anche nelle armi di distruzione di massa, oggi dispiegate anche nello spazio, diventa sempre più insostenibile ragionare in base al principio secondo cui “i fini giustificano i mezzi” – nonostante le stragi senza fine di vite umane che ne conseguono.
1) Il trasferimento negli Stati Uniti di numerosi scienziati e tecnici tedeschi, con tanto di curriculum “sbianchettati” per celare ogni affiliazione nazionalsocialista, è noto come Operazione “Paperclip”.
2) Cfr. “Gli spettri del Quarto Reich”, Milano 2007.
3) Cfr. ad esempio: “Nazi International”, Kempton Illinois 2008.
4) Cfr. “Conjuring Hitler. How Britain and America made the Third Reich”, London 2005.
5) Si strinsero accordi tra una delle più potenti famiglie americane, come i Rockefeller (petrolio e industrie) e i Morgan (banche e ferrovie), e i maggiori colossi industriali tedeschi, segnatamente la I.G. Farben (industrie chimiche e affini) e la Krupp (acciaierie e armamenti). Si ricorderà come intervento americano nella prima e nella seconda guerra avvenne in un secondo tempo, uno dei motivi cui la finanza newyorchese aveva una posizione di vantaggio rispetto a quella anglo-francese.
6) Il movimento eugenetico fu promosso da personaggi come Margaret Sanger, che recentemente è stata addirittura oggetto di lode da parte del presidente Obama.
7) Alla fine degli anni Novanta scoppiò lo scandalo dei “conti dormienti” nelle banche svizzere che custodivano i fondi di molte vittime dei campi di concentramento; dopo estenuanti battaglie legali e tentativi, da parte delle banche, di negare anche le prove più schiaccianti, vi furono alcuni accordi di compensazione a favore degli eredi.
8) L’operazione riuscì talmente bene che a fine conflitto addirittura il 40% di tutte le sterline cartacee in circolazione era costituito dai biglietti prodotti nel laboratorio delle SS nel campo di concentramento di Sachsenhausen. La Banca d’Inghilterra fu costretta a sostituire tutte le banconote, comprese buona parte di quelle false, praticamente indistinguibili dai biglietti originali. La questione delle contraffazioni vere o presunte sarebbe riemerso più volte nel dopoguerra: soprattutto nel delicato mercato dei titoli azionari e dei titoli di Stato al portatore.
9) Nel 1952 il re Farouk, garante del dominio anglofrancese sul Canale di Suez, fu rovesciato dal generale Naguib, sostenuto dagli americani; ma questi fu presto sostituito dal tenente colonnello Nasser. Tra le i più noti consulenti nazisti di Nasser si ricordano: il colonnello delle SS Otto Skorzeny e il generale Otto Remer, per addestrare i militari; il consigliere finanziario Hjalmar Schacht, ora esponente della Deutschebank; Johann von Leer, già assistente del ministro della propaganda Goebbels; e infine, per i progetti di ricerca, il dott. Wilhem Voss, una delle punte di diamante della ricerca tecnologica germanica.
10) Negli anni successivi, ad esempio con il “caso Piebke” e altri casi simili, le autorità tedesche potevano affermare a ragione di aver fatto tutto il necessario nei confronti degli “ex” nazisti. Tuttavia, i lunghi anni di complicità hanno provocato profonde spaccature nella società tedesca.
11) La Germania fu insanguinata dal massacro alle Olimpiadi di Monaco; poi, nel 1977, vi fu il rapimento e l’uccisione dell’industriale Hanns-Martin Schleyer in Germania, mentre in Italia Aldo Moro faceva una fine analoga. Tra le conseguenze – allora come oggi – severe limitazioni sulle libertà civili e politiche, nonché palesi depistaggi, imposti per “combattere il terrorismo”.