Codice Rosso. Considerazioni sulla sanità pugliese (di Carlo Ferraro)
Nelle scorse settimane sono passate in televisione le immagini dell’Amazzonia in fiamme
riprese dalla Stazione Spaziale Internazionale; non so per quale remota associazione di idee, la vista di quegli incendi dolosi e le alte colonne di fumo mi hanno riportato l’immagine mentale di una Puglia assediata da numerosi focolai di incendi, in cui le colonne di fumo corrispondevano ai numerosi ospedali bruciati in questi ultimi anni a causa dell’insipienza ed inefficienza dell’attuale governo regionale.
Come altro definire la costante ed inesorabile chiusura dei vari ospedali, il depotenziamento dei PTA, se non come una sorta di incendi dolosi, causati da quella inefficienza?
In questi ultimi giorni i sindacati, i cittadini tutti stanno segnalando con sempre più rabbia quello che è sotto gli occhi di ognuno di noi, eccetto che al governatore Emiliano: lo sfascio inarrestabile della sanità pugliese, ed in particolare di quella brindisina.
La CGIL in diversi suoi interventi a mezzo stampa ha documentato, con dati e cifre inoppugnabili, tutto questo; le interminabili liste di attesa, la mancanza cronica di posti letto, tra le cose più evidenti. Ed i cittadini con le loro testimonianze, dopo aver vissuto sulla propria pelle quel che significa passare dal pronto soccorso del Perrino. La Puglia della Sanità somiglia sempre di più all’Amazzonia assediata dagli incendi.
Il Movimento 5 Stelle denuncia da tempo questo stato di cose; durante le ultime elezioni, il 3 maggio di quest’anno, chiamammo Antonella Laricchia, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, perché ci spiegasse cosa stesse accadendo in Puglia ed in particolare a Mesagne.
Lei non usò mezzi termini: “la Sanità in Puglia è attualmente gestita in perfetta continuità con ciò che aveva deciso Fitto e poi Vendola ed adesso Emiliano, e sta lentamente distruggendo la Sanità pubblica, di conseguenza avvantaggiando quella privata. Noi abbiamo sempre chiesto di programmare la spesa sanitaria, ed invece per anni la Sanità è stata usata come specchietto per le allodole, con promesse non mantenute o non mantenibili, indebitando di fatto il sistema, cosicché oggi il Ministero chiede di tagliare per rientrare nei conti… questo Piano di Riordino ha comportato la scomparsa del sistema sanitario brindisino che funzionava con sei ospedali pubblici più due privati, riducendoli a tre ospedali effettivi, i famosi PTA, presentati come riconversioni per nascondere le effettive chiusure, in realtà depotenziando il sistema in maniera tale che ci risulti sempre più inefficace e giustificando così il ricorso al privato”.
È possibile che solo provando sulla propria pelle cosa significhi richiedere assistenza sanitaria qui nel brindisino, essere in un codice qualsiasi al P.S. del Perrino, solo toccando con mano, si riesca a capire la gravità della situazione? E non sto parlando di malasanità, chè l’abnegazione dei medici e degli infermieri e degli O.S. ha qualcosa di eroico, a fronte delle condizioni da terzo mondo in cui sono costretti ad operare. Parlo proprio della condizione di ristrettezza e disorganizzazione, e carenza di medici. E ne parlo per esperienza personale.
A fronte di questo immenso incendio vediamo all’opera i finti pompieri: il segretario UILP, per esempio, in un suo intervento, svolge tutta una peana fatta di “auspichiamo, speriamo, confidiamo”(un atto di fede!?), dove senza citare alcun dato prospetta una situazione in fondo non tanto grave, in cui, se diamo ancora un po’ di tempo all’assessore e governatore, la situazione non potrà che volgere al meglio.
È da comprendere la posizione del dirigente UIL: si ritrova schiacciato tra le sue responsabilità di sindacalista e l’obbligo di contiguità col governatore Emiliano, stante la dichiarata inclusività della lista “CON” per le prossime elezioni regionali.
La discesa in campo di questa nuova lista è stata opportunamente preceduta dall’apparizione, qui da noi, il 17 luglio, da una figura immancabile nella strategia del consenso: quella del promettitor cortese, nella persona del dott. Pasqualone.
Questi, in una improvvisata conferenza stampa, tenuta sotto la pensilina del P.S. del fu Ospedale “De Lellis”, è venuto a decantarci le ottime e magnifiche sorti della nostra Sanità, annunciando urbi et orbi il finanziamento per i nuovi lavori di completamento della Piastra ed agitando il miraggio dello stanziamento di 11 milioni di euro per la costruzione di un nuovo mega ospedale nel basso Salento, a Maglie.
Sfiorando la totale schizofrenia: da un lato la Regione cerca di contenere la spesa sanitaria e farmaceutica, con delle circolari dirette ai medici di base in cui intima loro di diminuire le analisi da prescrivere ai pazienti; e assumendo una task force per controllare presso le ASL gli impegni di spesa per le prestazioni sanitarie. Dall’altro si pianificano nuovi interventi senza pensare alla manutenzione di quello che già abbiamo (basti pensare alle pietose condizioni in cui versa il Camerlengo di Francavilla Fontana), e si aumentano gli stipendi dei dirigenti.
Ma il vero problema, le lunghe liste d’attesa, sembra proprio che non sia all’ordine del giorno.
Si apre invece una campagna elettorale e lo si fa alla vecchia maniera, annunciando la costruzione di nuove cattedrali nel deserto, come se fossero la panacea per tutti i mali.
La gente, davanti a questi investimenti, non può fare a meno di pensare che quei soldi destinati a nuova edilizia, e a nuove mazzette (come dimostra la vicenda delle costosissime plafoniere del nuovo Palazzo della Regione, che sembra essere solo la punta dell’iceberg), saranno inevitabilmente tolti all’organizzazione amministrativa ed economica ospedaliera, e quindi la loro legittima speranza di poter vedere le liste d’attesa accorciarsi risulta inesorabilmente vanificata.
Essendo solo all’inizio della campagna elettorale per la Regione non dubitiamo che altre e mirabolanti promesse verranno annunciate, e molte cose cominceranno magicamente a funzionare, con l’approssimarsi del voto regionale.
Tra le varie anomalie del nostro sistema sanitario va segnalato uno strano fenomeno: sempre più frequentemente, gli ambulatori di base, invece di essere distribuiti equamente sul territorio, si concentrano in pochi luoghi. Questi luoghi coincidono con la presenza di farmacie attorniate da numerosi ambulatori, dal momento che esiste un piano di zonizzazione per le farmacie, ma non esiste un identico piano per gli ambulatori dei medici di base, creando un evidente disagio per chi vive nelle periferie.
Sarebbe il caso che la Regione adottasse un piano di zonizzazione anche per questi, visto che tale concentrazione è disagevole per l’utenza, che dovrebbe usufruire del servizio su tutto il territorio, e che i medici sono in numero sufficiente a coprire detto territorio.
È evidente insomma che c’è un disegno superiore nel far sì che la Sanità pubblica non funzioni, anzi sia chiaramente mandata allo sfascio, facendo nel contempo occhiolino alla sanità privata. E di questo ne abbiamo avuto un piccolo assaggio nelle passate amministrative: candidati sindaci che si sono fregiati proditoriamente di aver incentivato la nascita di “eccellenze” private, come fosse una medaglia d’onore per chi invece dovrebbe fare l’interesse di tutti i cittadini.
Scorrendo il Piano di Riordino della sanità Regionale balzano agli occhi le innumerevoli cliniche private convenzionate, come se questa fosse una cosa normale, e non la conseguenza della chiusura dei tanti ospedali che coprivano agevolmente le esigenze sanitarie della popolazione pugliese. Se si doveva arrivare a ricorrere al privato bastava non chiudere gli ospedali. Oltre al danno la beffa.
Ma una cosa soprattutto urge mettere in rilievo come nefasta conseguenza di questo indirizzo:
il progressivo smantellamento della sanità pubblica per favorire quella privata ha svegliato gli appetiti di molti investitori, cosicché ingenti somme di denaro si stanno riversando sulla sanità privata, nuova mecca per chi ha a disposizione una enorme liquidità.
Nel 2020 Campania, Puglia e Calabria andranno alle urne per rinnovare il consiglio regionale ed i suoi governatori… Sarà un caso o la beffa del destino, ma queste regioni hanno diverse cose che le accomunano: il fallimento delle aziende sanitarie ad opera dei politici e dei manager incaricati, l’incapacità nel contenimento della spesa farmaceutica e la presenza sul territorio di camorra, ndrangheta e sacra corona.
Questa coincidenza vorrà pure dire qualcosa.
Toccherà a noi cittadini elettori, mandare a casa chi fino ad ora ha fatto pessimo uso delle risorse economiche regionali, chiudere questo ciclo e puntare su chi ha dimostrato in questo ultimo anno, con enorme fatica, di essere capace di gestire con prudenza ed accortezza la cosa pubblica a livello nazionale. Voglio ricordare solo di passaggio che l’ex ministro della Sanità Giulia Grillo è riuscita a far risparmiare due miliardi e mezzo di euro allo Stato semplicemente razionalizzando la Centrale di acquisto dei farmaci.
Se non vogliamo che la sanità regionale diventi preda degli appetiti degli operatori privati (di qualsiasi natura essi siano), urge dare un segno forte di cambiamento, non certo per ideologia, ma semplicemente per salvarsi la pelle, e per salvare un diritto inalienabile, quello di avere una dignitosa sanità pubblica.
Carlo Ferraro