Piove sul bagnato. A proposito dei supermercati ... (di Tonsimoni)

Scorrono su internet le immagini dei vari politici che vanno a dare la loro solidarietà ai lavoratori dell’ipermercato Auchan,

il cui destino è avvolto nella totale incertezza. In una assemblea pubblica il sindaco ha promesso che si opporrà fermamente alla cancellazione anche di un solo posto di lavoro.

Auspicano  che i posti di lavoro vengano salvaguardati, come è giusto che sia, ma chi è nel commercio sa bene che una volta che la dirigenza di una azienda ha preso una decisione, per ferale che essa possa essere, difficilmente si può tornare indietro, perché quelle decisioni sono frutto di una asettica analisi costi-benefici.

Sembra di rivivere lo stesso psicodramma che si visse nei giorni della dismissione del nostro ospedale; anche allora si promise alla cittadinanza che l’ospedale non sarebbe stato chiuso. Sappiamo come andò a finire.

Nel campo dei numeri e dell’economia non c’è umanità e solidarietà che tenga, purtroppo. Se un’operazione è a perdere, non è più remunerativa, viene terminata. Ed è ben strano che una marca come Conad, che di solito largheggia nelle previsioni di vendita e quindi di assunzioni, abbia stimato in 3.000 gli esuberi, su un totale nazionale di addetti di 16.000. Qualcosa  non torna; quelli  che prima erano utili e necessari adesso non lo sono più? O non erano necessari anche  prima?

Certamente l’allogazione di un ipermercato in un posto qualsiasi apre sempre la possibilità di posti di lavoro, che i politici non mancano mai di rivendicare come proprio merito; ma forse a volte si esagera.

Da noi,  l’arrivo dell’ipermercato Auchan è stato un grosso veicolo di consenso per chi governava allora, e lo è sempre stato per ogni amministrazione che si è succeduta in questi 16 anni, perché ognuna di queste non ha mancato nel dare numerose autorizzazioni a nuovi supermercati.

Quando nel 2003 si decise di accogliere l’ipermercato Auchan, abbandonando l’idea di un mercato ortofrutticolo, si segnò il declino irreversibile dell’agricoltura nel territorio di Mesagne. Molto più facile e fruttuoso, per i politici di allora, parve poter disporre di un serbatoio di posti di lavoro da distribuire ai propri “famigli”, per consolidare il consenso elettorale, invece di pensare ad una seria programmazione dell’attività trainante della nostra città. L’ente pubblico mise nelle mani di privati il destino economico della città. Così nel tempo, i vari imprenditori agricoli hanno abbandonato la terra, espiantando vigne ed oliveti, trovando più semplice e proficuo cedere in concessione vaste aree di terreno agricolo fertilissimo alle “colture” fotovoltaiche. Dall’altro lato, con l’insediamento di un ipermercato si decise la fine delle piccole botteghe, del piccolo commercio, che nel tempo è sparito totalmente.

E lo stesso sembra stia per fare questa amministrazione che, dopo appena tre mesi di insediamento sta per rilasciare due nuove autorizzazioni per l’apertura di due nuovi ipermercati. È inutile far notare che rimanendo invariato il numero di consumatori,  aumentando i punti vendita in città non aumenteranno certo gli acquisti, né men che meno gli addetti alle vendite.

Finora questa amministrazione si è distinta in varie acrobazie burocratiche nell’affrontare i vari problemi sul tavolo. Possibile che continui ad improvvisare anche su decisioni importanti come questa, a sperare nella buona volontà di entità economiche astratte e attente solo ai profitti, un vero ossimoro, invece di studiare seriamente il problema e provare a dare una visione, un futuro, una speranza alla nostra città? L’iperattivismo del nostro sindaco, a favore dei social e della comunicazione,  non ha dato nessun frutto, e non credo che basti questo continuo battage pubblicitario per creare consenso. È l’ora di affrontare seriamente i numerosi problemi di Mesagne, che si formi un tavolo di discussione sul problema del commercio non pensando solo agli esuberi quando forse è troppo tardi, ma creando le condizioni per cui non ce ne siano più.

Tonsimoni

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