Tanti piccoli Peron crescono (di Michele Graduata)

Diversi fatti di cronaca come: il trattamento riservato sui social alla senatrice Liliana Segre;

quello confezionato da un sedicente giornalista per l’onorevole Nilde Iotti; la candidatura alla commissione d’inchiesta sulle banche del senatore Elio Lanutti che avalla il falso storico dell’intrigo dei Savi di Sion e la performance del professor Emanuele Castruzzi a favore di Adolf Hitler, confermano l’analisi di coloro i quali sostengono che, in Italia, siamo ormai in presenza di “tendenze fascistoidi che possono spalancare le porte alla reazione”.

Come siamo arrivati a questo punto? Come è potuto succedere tutto ciò? Le cause sono molteplici ed ampiamente analizzate. La crisi economica del 2007, la potenza della finanza e la debolezza della politica, l’accresciuta disuguaglianza sociale, l’esigenza di sicurezza avvertita da larghe fasce sociali hanno incubato un diffuso malcontento che le classi dirigenti del nuovo ciclo populista hanno cavalcato e fatto veicolare attraverso un nuovo linguaggio che, semplificando la realtà, ha mutato definitivamente il lessico della politica.

È già successo nel corso del Novecento. Analizzando la nuova lingua che si diffuse prima dell’avvento del nazismo in Germania, ha scritto Klenperer: “Quest’ultimo, attraverso il nuovo linguaggio, si insinuava nel cuore e nel sangue della folla attraverso le singole parole, le locuzioni, le forme delle frasi ripetute milioni di volte”.

Agenti attivi e non semplici mezzi di questa “inoculazione” sono sempre stati i mass media. Durante il periodo liberale il linguaggio era sobrio, ovattato e diffuso attraverso il giornale dove i cittadini si formavano una opinione che poi utilizzavano per influenzare il sistema politico attraverso il voto. Si trattava di una opinione plasmata dall’alto verso il basso, dalla quale venivano esclusi gli analfabeti. Durante il fascismo, accanto al giornale, si diffuse la radio come formidabile strumento di comunicazione e di propaganda del regime, perché parlava a tutti, anche a coloro che non sapevano leggere. Subito dopo la guerra, la democrazia rappresentativa, oltre al giornale e alla radio, utilizzò soprattutto il comizio attraverso il quale si rendevano manifeste le diverse visioni del mondo. Durante il ciclo liberista si è imposta, infine, la televisione che ha trasformato la politica in spettacolo e fatto veicolare facce piuttosto che idee.

Durante il ciclo populista i vari Salvini, Renzi, Di Battista, Rocco Casalino ecc. dopo che si erano fatte le ossa in televisione, hanno cominciato a utilizzare la rete per occupare la ribalta della vita pubblica. Utilizzando un linguaggio intriso di urla, invettive e falsità hanno fatto veicolare il mito dell’uomo forte, del leader risolutore e imposto a cascata, nelle diverse assemblee elettive, tanti piccoli cloni.

In alcuni casi si tratta di una tragedia messa in scena da figuranti sopravvalutati; in altri siamo in presenza di piccoli Peron, ossessionati dall’apparire, che recitano la farsa del buon padre di famiglia, che declassa i cittadini, titolari di diritti, in propri figli, alcuni dei quali meritevoli di concessioni revocabili in qualsiasi momento.

Incapaci di comprendere che l’essenza della democrazia consiste nella presenza di un’opposizione capace di spirito critico, quando parlano, invece di usare parole per scaldare i cuori e comunicare sentimenti, le utilizzano per calpestare quelli che non la pensano come loro.

In questo modo, il loro linguaggio diventa l’esperanto dei disperati, mentre la loro vita politica si esaurisce in un’opera da tre soldi che, tuttavia, ha il potere di fare appassire la dignità di un’intera comunità locale.

Allo stato attuale delle cose non è possibile fornire previsioni a lungo termine sui possibili sbocchi di questa deriva antidemocratica.

Tocca a noi, alla sinistra dare risposte chiare e convincenti sui temi del lavoro, della scuola, della giustizia, dell’ambiente e così via per evitare che queste “tendenze fascistoidi”, che hanno già avuto successo in tanti parti del mondo, “spalanchino le porte alla reazione” anche in Italia.

Michele Graduata

 

(Fonte Facebook)

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