Bella ciao, bella ciao (di Michele Graduata)

Il tentativo fascista di infangare la festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo si è infranto

contro il coro di milioni di uomini e donne che, dai balconi di tutta Italia, hanno cantato Bellaciao.

Un coacervo di neofascisti, neonazisti, populisti, integralisti cattolici, razzisti e xenofobi, sotto lo slogan “Noi siamo il popolo” e l’egida del partito di Forza nuova, ha pensato di poter utilizzare l’emergenza sanitaria del coronavirus, prima, per forzare il blocco pasquale in nome del diritto cristiano alla preghiera e, poi, per l’assalto al giorno simbolo della Resistenza.

L’obiettivo di questa nuova Destra è chiaro: sul piano culturale punta ad alimentare e diffondere una campagna revisionista con l’obiettivo di spoliticizzare le date simbolo della lotta di liberazione e, sul piano politico, per aizzare i sentimenti peggiori presenti in larghe fasce sociali al fine di recidere le radici della democrazia italiana.

In questo contesto nei giorni scorsi, a vari livelli, sono dilagati su Facebook espressioni come: “voi partigiani siete i nemici degli italiani”; “Ora e sempre boia chi molla”; “Smettiamola con le pagliacciate”; “Poi bella ciao… ma per favore”; Ma che cantare… ma state in silenzio”; “Poveri noi, ma che bella ciao l’inno nazionale casomai”; “Fatevi vedere da uno bravo” ecc.

La vita civile di una Nazione e di ogni singolo comune è un continuo processo fatto di decadimenti e di miglioramenti. Attraverso queste parole traspare l’Italietta di sempre, che riaffiora nei momenti di crisi, puntando sull’indifferentismo, sul benaltrismo, sul menefreghismo, sull’ equidistanza e sul qualunquistico che hanno sempre rappresentato il terreno fertile per svolte autoritarie. Di fronte ad esse esiste una responsabilità morale per le scelte che ognuno compie individualmente; ma esistono anche responsabilità politiche che competono a chi dirige la cosa pubblica. Per questi ultimi, infatti, non è sufficiente dare per scontato che non si prende parte intellettualmente o si è contrari a certe prese di posizione. E’ necessario, altresì, prendere le distanze con fatti, scelte e comportamenti coerenti che non ne incoraggino la diffusione attraverso la pratica di una doppia morale: una pubblica ed una privata.

Ha insegnato Gaetano Salvemini che il giudizio politico su una amministrazione va dato soprattutto sulla crescita o meno delle virtù civiche della sua popolazione. Ed infatti scriveva: “È vero, un uomo di governo non può raddrizzare tutti gli uomini moralmente “gobbi” che trova nel suo paese. Ma almeno deve operare in modo che non aumenti il numero”.

Michele Graduata

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