Vittime e carnefici (di Carlo Ferraro)
Si rimane sempre stupìti dalla capacità di alcuni popoli di scegliersi allegramente i propri carnefici;
prendiamo per esempio il Brasile, ricordiamoci le orde entusiaste di gente che acclamava Bolsonaro vincitore, e confrontiamo quella gloria con il massacro sociale che sta portando avanti impunemente questo presidente. Sul suo popolo e sull’Amazzonia.
Oppure, per restare a casa nostra, pensiamo alla stella-copéta di Renzi, che, come la copéta corrode i denti con la carie, così il “rottamatore” stava corrodendo le nostre istituzioni.
Ma, come si diceva anni fa, la questione è mal posta; infatti stiamo scambiando l’effetto per la causa.
Perché questi disastri sociali sono provocati non già da una libera scelta degli elettori, ma dall’uso subdolo dei mass-media da parte dei politici, e dalla loro capacità di annebbiare le coscienze ed indurre una falsa percezione della realtà.
Lo possiamo verificare ogni giorno con il trattamento riservato da tv e giornali al Movimento 5 Stelle; ogni giorno un grillino si sveglia e deve combattere con l’ultima fake new inventata dai giornali dei vari Angelucci, Agnelli, Berlusconi, De Benedetti.
Ci sono poi altri mezzi, più sofisticati, per estorcere il consenso alle masse poco informate: la “Bestia” di Luca Morisi che agisce nell’ombra di Matteo Salvini, Alessio De Giorgi, spin doctor di Matteo Renzi, ed infine la “bestiolina” di Carlo Calenda. (vi segnalo l’articolo “Propaganda” apparso ieri sul Fatto Quotidiano).
Si mette su una rete di account fittizi, pronta a fare da megafono ai messaggi dei diversi leader, e la si usa per produrre migliaia di “like” su qualunque cosa questi dicano.
L’uso di questi sistemi è evidente soprattutto durante i periodi di campagna elettorale: ne abbiamo avuto esperienza anche qui a Mesagne.
Uno dei candidati sindaci ha usato estensivamente questo strumento per poter influenzare l’opinione pubblica, disponendo egli non già di account fittizi, ma di sostenitori reali, tutti in rete e tutti pronti a fare da megafono su qualsiasi suo intervento. Agli occhi del comune cittadino la sua campagna elettorale è parsa una marcia trionfale. Come se non bastasse, c’è qualcosa di molto più subdolo nell’uso di questo strumento informatico. C’è il fatto, inconsueto, inammissibile, che questa rete può controllare e monitorizzare le opinioni di tutti e, alla bisogna, contattare personalmente chi diverge dal pensiero unico prestabilito, e redarguirlo, con il “consiglio” di non farlo mai più.
E qui siamo ben oltre il richiamo paternalistico che una volta facevano i politici democristiani: “comportati bene, e vedrai che le cose si sistemano”. No, qui si profila una sorta di agenzia poliziesca che controlla, o vorrebbe controllare, il libero pensiero dei cittadini, cercando di reprimerlo.
Certo, non è la “bestia” di Salvini, è più che altro una “malòta” che si insinua non desiderata nelle nostre case, e si infila negli angoli bui della nostra coscienza. Ma è comunque una cosa che, se la schiacci, puzza.
Molte volte, durante l’ultima campagna elettorale a Mesagne, mi è capitato di meravigliarmi di come mai solo pochi, rispetto alle numerose visualizzazioni, mettessero “mi piace” su quello che scrivevo; alla fine qualcuno si è degnato di svelarmi l’arcano: “non lo hai capito? Qui a Mesagne siamo tutti controllati su Facebook!”
Ora mi chiedo: a che tipo di concezione democratica si riferiscono questi apparati? A quale tipo di democrazia si appellano se hanno così tanta paura della libera opinione dei cittadini?
Carlo Ferraro