Aspettando Godot (di Carlo Ferraro)

Tira un’aria strana in città; un clima pentecostale, un silenzio assordante, uno stato di sospensione ed attesa. Si aspetta qualcosa o qualcuno.

Si ripensa con tristezza e nostalgia al clima delle passate campagne elettorali; lo strombazzare delle auto con gli altoparlanti ed i faccioni dei politici appiccicati sui vetri, le folate di volantini per le strade, le tasche dei bimbi piene di santini, la loro allegria nel farne incetta, l’aria vaga di Epifanìa.

Quest’anno non c’è nulla di tutto questo: sarà per il covid, o perché siamo stati cattivi?

Nemmeno la soddisfazione di disegnare i baffi sul volto di qualche politico antipatico, i pannelli sono disabitati; le 15 liste di Emiliano non sembrano tanto entusiaste della loro accozzaglia, i candidati di Fitto, una sparuta pattuglia rispetto al battaglione del primo, hanno quasi vergogna a mostrarsi.

Provano l’ultima chance, perché, forse, dalle prossime elezioni tutto sarà più difficile; e ci provano con un po' di pudore, attenti a non tradire la loro trepidazione per quest’ultimo treno.

Dopo il 21 settembre, forse, tutto cambierà, non ci sarà più posto per le comparse, e sarà un de Profundis per molti, un amaro addio alle grandi e facili speranze.

Si sa come sono gli elettori; ogni volta che hanno potuto hanno dato una bella botta. Se non fosse stato per loro non avremmo mai avuto il divorzio, o la possibilità per le donne di interrompere la gravidanza.

“Si sta come in autunno le foglie sull’albero”; cadranno i facili sogni di gloria per tanti politicanti, l’inverno sarà duro, e la primavera ancor di più. Il vento di Ceglie, quello che fa impazzire uomini e donne, spazzerà via tanti inutili orpelli.

Era meglio aspettare Godot, che tanto, si sa, non arrivava mai.

Carlo Ferraro

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