Peppino Caldarola, un compagno e un amico (di Carmine Dipietrangelo)
Si è svolto, oggi a Roma, il funerale di Peppino Caldarola,
un intellettuale, un grande giornalista e un politico moderno e curioso. Caldarola era questo. Per me anche un amico e un compagno fraterno.
Mi ha unito a lui la militanza comune nel Pci sin dai primi anni 70 condividendo e facendo assieme tante battaglie per il rinnovamento di quel grande partito. Impegno e militanza come quella di tanti giovani protagonisti dei movimenti del 68. Io ero uno studente universitario e lui già redattore della casa editrice Laterza.
Era un intellettuale di sinistra che, come altri, affascinati dalla politica e dalle lotte sociali e studentesche di quegli anni, si mise a disposizione del Pci diventandone anche un funzionario e dirigente di quel partito. Fece anche lui “una scelta di vita” come definiva la vita, il lavoro del funzionario comunista, Giorgio Amendola.
Con lui, con altri giovani e con i vecchi gruppi dirigenti del Pci di Puglia, intenso, appassionato e anche duro, fu il confronto sulla Puglia di quegli anni. Peppino con la sua curiosità aveva già intravisto il nascere di una Puglia nuova, moderna, vivace di cui il Pci doveva prenderne la rappresentanza aprendosi ai movimenti degli studenti e degli operai che dovevano integrarsi ai vecchi movimenti e organizzazioni bracciantili e contadine.
Era espressione di una cultura moderna e dinamica di città e come si diceva allora era un quadro urbano, termine che si usava per differenziarsi dai quadri(dirigenti) contadini. Quel partito dentro cui si svolgeva con passione, rispetto e lealtà, una lotta politica per il suo rinnovamento e per un suo più moderno radicamento sociale, ci vide protagonisti.
Eravamo impegnati in questa battaglia per il rinnovamento senza mai eccedere e rispettando sempre i vecchi dirigenti, anzi ne eravamo affascinati per la loro storia e formazione.
Ci ritrovammo di nuovo in Puglia quando D’Alema nel1983 da segretario regionale decise di costituire la nuova segreteria regionale del Pci chiamando per la composizione Peppino, che nel frattempo era diventato, giornalista e si era spostato a Roma nella redazione de L’Unita’, due dirigenti regionali della Cgil, il sottoscritto e Vito Consoli, Vito Angiuli già segretario del Pci di Bari, Sabino Colangelo, un compagno di Foggia e Giacomo Princigalli. Fummo espressione di quello che veniva definito il rinnovamento nella continuità. Ma più che continuità era un coraggioso rinnovamento organizzato da Massimo D’Alema.
Peppino in quegli anni girava, come tutti noi, in lungo e in largo, la Puglia a fare riunioni, comizi, assemblee. Era quello che si divertiva di più e con quella punta di ironia ci raccontava il giorno dopo aneddoti e impressioni. Poi lasciò la Puglia per tornare a Roma a riprendere il suo lavoro e la sua passione: scrivere. Lavorò nella redazione di Rinascita, il settimanale culturale e di approfondimento del Pci fino a ritornare , dopo altre esperienze giornalistiche, a L’Unita’, di cui divenne direttore in un momento molto difficile per il giornale.
Poi ritornò in Puglia e venne eletto deputato per due legislature. In quegli anni abbiamo rinsaldato rapporti e amicizia che abbiamo sempre mantenuto trovando il modo di incontrarci e di frequentarci.
In questi anni abbiamo fatto scelte comuni, compresa quella di lasciare il Pd. Una scelta che lui ed io, a distanza di qualche anno, abbiamo comunemente ritenuta sbagliata.
Per queste ragioni negli ultimi tempi quando ci sentivamo lo facevamo da “apolidi di sinistra” che con immutata ma distaccata passione ci confrontavamo sulla politica, sulla urgenza di costruire una moderna sinistra in grado di avere antenne nella società e idee utili all’Italia e attrattive per le nuove generazioni che speravamo un giorno o l’altro fossero state capaci di fare piazza pulita per prendere in mano le loro sorti e il loro futuro.
Quando discutevamo eravamo comunque consapevoli che la nostra storia di uomini di sinistra, di militanti e dirigenti del Pci, non era riproponibile e che si era conclusa, e non solo per noi, una grande e irripetibile vicenda politica ed umana.
Peppino due anni fa decise di non scrivere più di politica anche se quotidianamente era portato e tentato a commentarla. In quell’occasione Caldarola scrisse: “... mi occuperò di altro per tornare alla vecchia professione iniziata nella casa editrice Laterza. Torno alle origini e mi occuperò di politica come cittadino, voterò sempre la sinistra, parteciperò alle manifestazioni, mi sentirò in prima linea in ogni momento in cui avvertirò un pericolo democratico. Quanto alla sinistra scrivere non ha molto senso. Giriamo attorno al nulla fino a che non nascerà un movimento che coagulerà giovani e vecchi che senza disprezzare il passato faccia cose nuove.” Condivisi questa sua considerazione e ancora una volta ci ritrovammo a fare una scelta di vita, lui a dirigere Civiltà delle Macchine, la rivista culturale della fondazione Leonardo (ex Finmeccanica), io a costruire, assieme ad altri, una appassionata avventura di vitivinicoltore dando vita a Tenute lu Spada. Ci sentivamo e ci vedevamo spesso prima del Covid-19. Io parlavo dei nostri vini di cui era bevitore ed estimatore e lui della nuova esperienza di direzione della rivista ma con la curiosità di sempre commentavamo fatti, posizioni delle vicende politiche.
Ci siamo mantenuti in contatto fino a questa estate quando mi telefonò per chiedermi di inviarli i nostri ultimi vini quelli dedicati a Vittorio Bruno Stamerra di cui anche Peppino era grande amico e collega. Quando veniva a Brindisi (e lo faceva spesso) era consuetudine cenare assieme, io e Vittorio con lui. Si divertivano e si sfottevano ricordando le loro esperienze di giornalisti diventati, l’uno comunista e l’altro socialista, direttori di giornali. Adesso che Peppino non c’è più mi mancheranno quegli incontri, quelle telefonate che ci facevamo da “apolidi di sinistra”, un po’ da vecchi delusi ma ancora carichi di passione e di speranze. Peppino era un pugliese orgoglioso di esserlo ma con una visione mediterranea ed europea dentro cui lui collocava una funzione moderna della sinistra.
Era amico di Brindisi. Era sempre pronto a venire e a confrontarsi. Era un interlocutore importante dei dibattiti di Left Brindisi.
Accettò volentieri quando io e Orlandini gli chiedemmo di diventare opinionista politico di Brindisi Report. Lo fece parlando di Puglia e di Salento fino a quando, per altri impegni professionali, non lo potette più fare.
Mi mancherà l’amico incontrato 50 anni fa e il compagno con cui ho condiviso tante battaglie e molte idee.
Ciao Peppino
Carmine Dipietrangelo