Francesco Rogoli (Pd): una riflessione sul voto appena trascorso.
Nell’attesa che, con i ballottaggi, si chiuda definitivamente il turno di elezioni amministrative che ci ha visti impegnati,
una riflessione sul voto appena trascorso è giusto e doveroso farla. L’analisi del voto fino a qualche tempo fa era, tra le altre, una grande occasione di formazione politico – culturale per i gruppi dirigenti di tutti partiti e ad ogni livello. Oggi, dal momento che ogni passaggio modifica di molto il quadro politico, e partiti e leader che sembrano aver conquistato il centro della scena possono diventare marginali nel volgere di qualche mese, sarebbe ancora più importante indagare le cause delle vittorie e, soprattutto, delle sconfitte per porre in essere iniziative politiche adeguate ed all’altezza della situazione.
A differenza delle previsioni nefaste, il centrosinistra e il Pd hanno retto, evitando che il centrodestra, e la Lega in particolare, “conquistassero” una delle regioni simbolo per la sinistra come la Toscana e dilagassero al Sud, dove invece il fronte progressista, certamente grazie al contributo dei governatori uscenti, ha mantenuto il governo di Puglia e Campania. Il Pd, ad un anno dalla formazione del governo con il movimento cinque stelle e dopo la gestione dell’emergenza sanitaria ed economica determinata dal coronavirus, esce più forte da queste elezioni, ormai fuori dalla condizione di marginalità nella quale il voto delle politiche del 2018 lo aveva ricacciato, e si conferma forza essenziale per qualsiasi alleanza che sia alternativa ad una destra comunque forte, la quale si dimostra ancora capace di costruire un radicamento sociale nei settori più popolari della società.
Il Pd, tornato ad essere il primo partito del Paese, traina di fatto la vittoria del centrosinistra a differenza di quanto succede alla Lega agli altri partiti del centrodestra che, dove vincono, subiscono la forza delle liste dei governatori, i quali, ovunque, godono di una particolare centralità che è il combinato disposto del federalismo regionale introdotto con la riforma del titolo V e la gestione dell’epidemia da coronavirus.
In Puglia, che era ormai diventata regione chiave per determinare vinti e vincitori di queste elezioni regionali, il centrosinistra ha avuto un’importante affermazione con un distacco sul centrodestra che ha sovvertito tutti i sondaggi della vigilia. Evidentemente nella valutazione delle elettrici e degli elettori l’azione di governo degli ultimi quindici anni, che ha determinato un avanzamento della Puglia in tanti settori, ha avuto un peso maggiore dei limiti e degli errori che pure, per stessa ammissione di Michele Emiliano, non sono mancati. Un peso lo ha anche avuto la mobilitazione degli ultimi giorni determinata da diversi appelli, su tutti quelli dell’ex governatore Nichi Vendola e dei cinquanta tra ex funzionari e dirigenti del PCI, a fermare in Puglia l’avanzata di una destra che fonda la sua proposta politica su valori diametralmente opposti a quelli di una Puglia aperta, accogliente, crocevia di culture e tradizioni diverse sulla cui valorizzazione si è fondata la crescita degli ultimi anni.
Anche in Puglia il Pd regge ed è il primo partito, nonostante una flessione rispetto al 2015, frutto di scissioni e del moltiplicarsi di liste civiche nelle quali è confluita anche una parte del nostro mondo in qualche caso non trascurabile. Il dato del partito democratico della provincia di Brindisi, che raggiunge il 14,81% con 23 508 voti, segnala una tenuta non scontata all’inizio di questa campagna elettorale. La nostra è l’unica delle provincie pugliesi dove il centrodestra prevale, segno che in questi anni l’azione del governo non è stata sufficiente a risolvere alcuni dei problemi di questo territorio: dalla sanità al rapporto tra industria, ambiente e territorio, dalla riconversione economica e del sistema produttivo locale conseguente alla decarbonizzazione fino ai ritardi nell’adeguamento dell’ impiantistica pubblica per la chiusura del ciclo dei rifiuti. Questi alcuni temi sui quali sarà importante impostare un’azione di governo più incisiva e come Pd provinciale siamo pronti a fare la nostra parte, forti del fatto che, nonostante le difficoltà, abbiamo eletto due consiglieri regionali come nelle elezioni del 2015. Questioni, queste, che riguardano il territorio in generale ma il capoluogo in particolare, dove, insieme alle altre forze del centrosinistra con le quali siamo impegnati al governo della città, siamo chiamati ad un supplemento di riflessione sul risultato elettorale per rinforzare e rilanciare la funzione di guida della più importante amministrazione di centrosinistra del territorio.
Dentro questo contesto va letto il nostro risultato, che in termini relativi è in linea con i risultati del Pd a Taranto e a Lecce ma è più basso di quello delle altre provincie pugliesi. Considerate le difficoltà organizzative degli ultimi anni e il rinnovo della segreteria provinciale avvenuto solo a ridosso dell’esplosione dell’emergenza covid – 19, che di fatto ha bloccato l’iniziativa politica almeno per come era stata concepita fino a quel punto, reggere era tanto fondamentale quanto non scontato. Ma alla lunga non può bastare. E ce lo segnala lo studio dei risultati comune per comune. Se da un lato saranno importanti le politiche che i governi sia nazionale che regionale porranno in essere per questo territorio, dall’altro è necessario che il Pd sviluppi un’iniziativa politica, anche a prescindere dalle prossime scadenze elettorali, che gli consenta di reinsediarsi nella società brindisina, intesa in senso cittadino e provinciale, sapendo essere riferimento politico serio, credibile ed autorevole tanto della parte più “attrezzata” della società quanto dei ceti più disagiati, deboli e indifesi che, più di altri, hanno bisogno che la politica costruisca, in questo territorio, soluzioni collettive per la crescita e la mobilità sociale.
E’ questo il compito principale con il quale è chiamato a misurarsi un nuovo gruppo dirigente provinciale, a partire da chi scrive, coerentemente con l’obiettivo indicato dal segretario nazionale Nicola Zingaretti, cioè quello di aprire un percorso, una sfida nel rapporto con la società. Costruire una piattaforma politica che sia frutto di un confronto con il mondo della cultura, del lavoro, dell’impresa, della scienza. Accanto a questo una riforma organizzativa che renda il Pd agibile a quanti, a sinistra, si sono sentiti orfani di un riferimento politico e culturale, agli stessi che non possono essere chiamati solo per fare argine alla destra o agitando lo spauracchio di un fascismo di ritorno, perché alla lunga non li ritroveremo più al nostro fianco. Aprire, dunque, a quanti avvertono il bisogno della politica come strumento che studi e modifichi, migliorandola, la realtà, non già, mi permetto di suggerire, a chi guarda al Pd come all’ennesima occasione di riposizionamento e ricollocamento. Quest’ultima ipotesi vanificherebbe ogni sforzo.
Francesco Rogoli
Segretario Provinciale del Partito Democratico di Brindisi.