Ripudiato Trump, non il trumpismo (di Michele Graduata)

Lo stesso copione in onda in questi giorni negli Stati Uniti (“Fermiamo il voto”, “E’ una frode”, “Abbiamo vinto”),

Donald Trump lo aveva recitato in occasione delle precedenti consultazioni presidenziali del 2016. Già allora aveva denunciato che quello americano: ”E’ un sistema quasi totalmente truccato” e, citando alcuni fonti non verificate, aveva insistito sul fatto che: “I computer per il voto elettronico attribuiscono ai democratici i voti per i repubblicani”.  Di fronte alla domanda se avrebbe accettato o meno il risultato delle elezioni, in un’intervista a Fox News,  aveva replicato che in caso di sconfitta avrebbe deciso “in base alle circostanze”.

Il farraginoso meccanismo elettorale americano, pur assegnando circa tre milioni di voti in più alla Clinton, consentì l’elezione di Trump. Si trattava della vittoria, da un lato, di un nuovo blocco sociale composto da repubblicani, conservatori, reazionari, razzisti, xenofobi, suprematisti bianchi, cittadini armati per la sicurezza nazionale che, coagulatosi nel corso degli anni Settanta del secolo scorso, attorno ad una nuova Destra (Alt Destra) utilizzava l’ideologia populista per catturare anche una parte dei voti popolari. Dall’altra, si imponeva sulla scena politica, per la prima volta, una figura  dotata delle risorse finanziarie, culturali ed economiche in grado di sfidare le elite. Al grido: “Abbiamo bisogno di qualcuno che possa svelare e acuire le contraddizioni interne del sistema”; “di qualcuno che possa accusare la stampa, i politici e gli pseudointellettuali di essere degli involucri vuoti”; “di uno che non sia un voltagabbana che illude gli elettori con un paio di idee eccitanti e poi li tradisce”, il popolo di Trump sconfisse la Clinton.

Dopo quattro anni alla guida dell’America l’indecente Trump, pur perdendo le elezioni a favore di un moderato Biden, è riuscito a mantenere ancora unito quel blocco sociale sovranista che, in presenza di una crisi sanitaria e di un diffuso malessere sociale ed impoverimento di larghe masse popolari, può ritornare alla ribalta non solo negli Usa, ma diffondersi anche in tutto il mondo.

Di fronte alla crisi finanziaria del 2008 e a quella sanitaria del 2020 che hanno colpito le società occidentali, risultano ormai inadeguate le ricette populiste (che denunciano i problemi ma non li risolvono) e quelle liberiste (incentrate sull’austerità). Tocca ai democratici americani e alla sinistra europea fare in modo che lo Stato ritorni a giocare un ruolo da protagonista fornendo, allo stesso tempo, non solo risposte immediate ma soprattutto pensate e legate all’interesse pubblico nel lungo periodo.

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