Sulle dimissioni nel Pd, la riflessione di Silvano.
Caro Segretario,
una brevissima riflessione sul tuo scritto e sul PD.
Il cambiamento e l’emancipazione non sono un dono di Dio (che tra parentesi è il significato del nome Matteo (sic.))ma un’azione continua ed aperta di contatto tra la gente (il popolo), di dialogo fatto di ascolto e di confronto di idee e di problemi, di vivere una comunità, piccola o grande, con un rapporto “fisico”, non basato solo sui “like” della solita “cerchia magica” ma vissuto da tutti in un confronto aperto, pubblico, dove la partecipazione appassionata, la discussione, la proposizione e l’azione sono le strade per essere sia un partito di guida che di servizio e non solo uno strumento di potere.
Ed è proprio quando il potere prevale sul servizio che si creano le condizioni di perdita di consenso, o di stimolo a continuare, e si passa all’uso della “rinuncia” (spontanea o spintanea) come strumento del fare politica (dimissioni vere o finte, creazione di nuove aggregazioni, accesso a nuovi incarichi, etc.).
Tutto ciò al posto della democratica alternanza di assunzione di responsabilità derivante da un consenso frutto di una continua presenza tra la gente, di una capacità di comprendere i problemi ed elaborare proposte, di diventare leader riconosciuto per le capacità di rappresentanza e non solo una pedina del gioco di palazzo, ristretto e poco finalizzato a mettere al centro il tanto sbandierato bene comune del Paese.