Il passato che non passa (di Michele Graduata)
La Repubblica del 2 giugno 1946 nasce come volontà di costruire un’Italia nuova.
Durante il dibattito all’Assemblea Costituente, infatti, furono sconfitte due tendenze: quella che puntava ad un ritorno al passato mediante il ripristino dello Stato liberale, che aveva tenuto ai margini i cattolici e il proletariato, e quella che si candidava a gestire l’esistente mediante la costruzione di uno Stato amministrativo, apolitico, dell’Uomo qualunque per il quale non erano necessari né partiti, né politici, “bastava un buon ragioniere che entri in carica il primo di gennaio e se ne vada al 31 di dicembre”. L’originalità della nostra Carta consiste nel fatto che essa chiuse con il passato, non si appiattì sul presente e puntò a costruire un futuro diverso.
L’ obiettivo, però, di piegare tutti i poteri del nuovo Stato al fine di conquistare diritti sociali per la parte più debole della popolazione, si è sempre scontrato con potenti forze che hanno reso, fin dall’inizio, il percorso di attuazione della Costituzione non lineare, ma incerto e accidentato.
Tre stagioni hanno caratterizzato la storia della Repubblica italiana. La prima fu dominata, fino agli anni settanta del secolo scorso, da una Costituzione inattuata, ma attiva. Dopo l’assalto al mondo del lavoro negli anni Cinquanta, essa divenne un punto di riferimento fondamentale per la conquista di diritti civili, politici e sociali nel decennio successivo. Sono “gli anni gloriosi”, come vengono ricordati, ma anche quelli durante i quali, con le stragi di Stato e il terrorismo, si svilupparono i primi germi di quell’involuzione che caratterizzarono i decenni successivi.
Durante la seconda stagione, dal 1980 al 2006, si puntò al revisionismo costituzionale che mutò i rapporti di governo in senso decisionista e quelli di potere, mediante la distribuzione della ricchezza a favore di pochi. Sono “gli anni pietosi” durante i quali si registra la sconfitta del movimento operaio e della sinistra. Inizia “la guerra alla memoria”: sotto accusa non è più il fascismo, ma la Resistenza.
La terza stagione, dal 2006 ad oggi, è dominata dalla crisi economica e da quella sanitaria che hanno provocato precarietà, disagio sociale e crescente disinteresse dei cittadini alla vita pubblica. Ne è scaturito un vuoto politico che viene riempito da populisti, nostalgici, afascisti, nazifascisti, razzisti e postfascisti, ossia il passato che non passa che si candida a dirigere la cosa pubblica. Da allora sono iniziati “gli anni pericolosi” per il destino democratico del nostro paese.
Come è potuto succedere tutto ciò? Per rispondere a questa domanda basta alzare lo sguardo su quell’ampia “zona grigia” che per opportunismo, per ignoranza, per irresponsabilità, per passività o per stereotipi cristallizzati nel tempo, ne sottovaluta il pericolo, consentendo a queste forze agibilità politica.
E’ questa la sfida con cui dobbiamo misurarci oggi. Tocca, perciò, ad ognuno di noi impegnarsi per impedire che quel percorso verso la costruzione di un futuro diverso si arresti e a chi ricopre cariche pubbliche dare l’esempio.
Solo la coerenza politica e la memoria storica, infatti, possono aiutarci a non dimenticare che il passato che non passa è la nostra vergogna nazionale.
Michele Graduata