Sì della Commissione Sanità alla proposta di legge Amati

Approvata  dalla III Commissione presieduta da Mauro Vizzino, la proposta di legge Amati

che si pone la finalità di ridurre l’impatto delle malattie sui cittadini pugliesi, accogliendo la “rivoluzione” delle scienze omiche, per certi versi anche in modo pioneristico.

Sino a pochi anni fa il test genetico molecolare per eccellenza consisteva nel sequenziamento di singolo gene (o di un ristretto numero di geni) tramite la metodica dell’elettroforesi capillare (più comunemente nota come sequenziamento Sanger). Un po' come è successo per la analisi del cariotipo, tale possibilità, inizialmente apparsa come straordinaria, ben presto si è rivelata inadeguata. Questo per almeno tre ragioni: il costo, i tempi di esecuzione (se si dovevano esaminare diversi geni, cosa frequente se consideriamo la eterogeneità genetica delle malattie) e la necessità di partire da un sospetto diagnostico abbastanza preciso.

Pertanto, pur con progressi così rilevanti come il sequenziamento del genoma umano, un elevato numero di pazienti rimaneva privo di diagnosi genetica anche dopo l’esecuzione di molti test.

La vera rivoluzione si è avuta con l’avvento delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing – NGS e Third Gen Sequencing) che hanno trasformato lo studio della genetica delle malattie umane portando ad una produttività senza precedenti. Grazie ai costi e ai tempi ridotti, tramite NGS è possibile analizzare un elevato numero di frammenti di DNA in parallelo fino ad ottenere la sequenza di molti geni in contemporanea o addirittura dell’intera regione codificante di un individuo. Il costo per Genoma grazie alla NGS in meno di 10 anni si è ridotto di circa 100.000 volte. Il genoma umano contiene infatti un totale di 3 GB, cioè circa 3 miliardi di basi azotate. Tuttavia è ben noto come le porzioni codificanti (esoni) dei nostri geni siano non più di 180.000 e corrispondano a non più del 1% del genoma, cioè circa 30 Mb (30 Milioni di basi). Le mutazioni sono però perlopiù contenute in questa porzione, per cui la possibilità di sequenziare la regione codificante dell’individuo è di estremo interesse sia per la diagnostica di routine che per la ricerca scientifica. Infatti, anche se la regione codificante rappresenta soltanto l’1% di tutto il genoma, si stima che fino all’85% di tutte le mutazioni patogene siano contenute in questa regione. Un po' come se mangiando l’1% di una mela riuscissi ad ingerire oltre l’80% delle sue proprietà nutritive.

Se parliamo di Mb (Megabasi) è oggi ben evidente come con l’utilizzo di sistemi diagnostici molto avanzati si possa analizzare l’esoma a costi molto contenuti. Tuttavia, vanno fatte alcune precisazioni. La prima precisazione è che tali costi sono riferiti a flussi di lavoro automatizzati su apparecchiature ad alta processività. Per completezza e chiarezza, va ricordato che tali costi sono reali se si utilizzano sistemi molto capaci e questo richiede, oltre ad un significativo investimento iniziale, una parziale centralizzazione delle procedure. Vi sono strumenti che consentono di produrre fino a 3 billioni di reads per corsa, quindi tecnologie ad altissima processività che consentono di sequenziare molti esomi/genomi contemporaneamente in poco tempo. Per raeds si intende la produzione di brevi sequenze di lunghezza variabile, da 100 basi sino anche a 300/400 a seconda della chimica utilizzata, basi che vengono poi allineate su un genoma di riferimento per poter individuare la base nucleotidica che cambia. In altri termini sono investimenti che hanno senso se si eseguono moli di lavoro nell’ordine di almeno 1500-2000 esomi/anno. Al di sotto di tali volumi i costi ovviamente sono differenti ed i sistemi analitici cambiano. Una seconda, più importante precisazione, riguarda poi la fase di analisi. Per comprendere questo bisogna ricordare come funziona una analisi esomica. In maniera molto sintetica si procede proprio con una sorta di flusso analitico dove entrano in gioco le competenze bioinformatiche necessarie per analizzare i dati di sequenza.

Infatti, completata la prima fase analitica, le sequenze vengono allineate su un genoma di riferimento per individuare dove c’è la variante. Vi sono specifici software per annotare le varianti. Sino a questo punto siamo in un ambito di automatismo, di procedure automatizzate. Da qui in poi entrano in gioco le valutazioni dell’operatore. Chiaramente non tutte le varianti provocano un cambio aminoacidico della proteina e non tutti i cambi aminoacidici hanno un significato patologico. Ma dalle varianti identificate bisogna giungere a una, cioè quella causativa della malattia. Si procede in genere con un Variant Filtering, cioè una sorta di filtraggio delle varianti che mi consenta di escludere quelle silenti, che non cambiano l’aminoacido, le varianti polimorfiche, presenti nella popolazione con alta frequenza, quelle che sono classificate dai principali database come benigne o potenzialmente benigne. Quindi devo sfruttare le informazioni sul fenotipo: per intenderci, se il paziente che sto analizzando ha una cardiopatia, andrò a selezionare geni che regolano lo sviluppo e la funzionalità del cuore, o se ha un quadro biochimico-metabolico suggestivo di patologia metabolica, andrò a filtrare in primis i geni per le patologie metaboliche. Ovviamente ci sono dei tools molto utili che aiutano a fare questo lavoro di associazione fenotipo-geni. L’ultimo step da fare è la validazione della variante con Sanger e la segregazione familiare per confermare l’eventuale ruolo patogenetico della mutazione.

E’ evidente come un processo di questo tipo abbia dei costi in termini soprattutto di tools bioinformatici per la analisi e la conservazione dei dati e, soprattutto, di risorse umane, per cui vi è oggi una chiara inversione ed il 95% del costo di analisi è riferibile proprio a questa fase analitica/interpretativa.

La analisi di Progetto parte dai target, cioè a chi sono indirizzate le diagnosi e, su questa base, programmare un investimento che consenta da un lato di assicurare la prestazione diagnostica e, dall’altro, di rendere non più necessario l’invio di campioni biologici in Laboratori extra-regionali con conseguente riduzione della mobilità passiva e soprattutto miglioramento del percorso diagnosticoassistenziale. I nati in Puglia sono circa 27000 (fonte dati ISTAT 2019). Sulla base dei dati generali dobbiamo attenderci che ogni anno in Puglia siano concepiti circa: 1) 300 casi (1/100) con anomalie del corredo cromosomico compatibili con la vita (es. sindrome di Down); 2) 600 casi con malformazioni di diversa rilevanza prognostica; 3) 600 casi di malattie monogeniche (es. Fibrosi cistica, Distrofia muscolare, etc..); 4) 1200 casi di disturbi del neurosviluppo e compromissione dello sviluppo intellettivo (ritardo mentale da lieve/borderline a grave) e/o disturbi cognitivi/dell’apprendimento e/o disturbi del comportamento (disturbi dello spettro autistico) e/o epilessia. Premesso che le anomalie al punto 1 sono diagnosticabili con l’esame del cariotipo. Per i restanti punti, quantificabili in circa 2400 casi/anno, le metodologie di array CGH e le altre indagini consentono la identificazione di anomalie patogenetiche e, quindi, la definizione nosologica di circa l’8-10% dei casi. Residuano quindi 2000-2200 casi/anno senza inquadramento diagnostico. A questi casi bisogna aggiungere comunque la popolazione non diagnosticata e non ancora sottoposta ad indagine di sequenziamento esomico. Questo dato non è facilmente deducibile. Considerando tuttavia che in genere, per ragioni differenti, la esigenza di inquadramento diagnostico è prevalentemente, anche se non esclusivamente, confinata alla fascia 0-14 anni e che tale fascia comprende una popolazione in Puglia di circa 520.000 persone (dati ISTAT 2019), quantificando a non meno del 3-4% la popolazione con le diverse condizioni ai punti 2-4, è quantificabile in almeno 15- 20.000 il numero di pazienti che potrebbero beneficiare di una implementazione diagnostica mediante esoma. A questi vanno aggiunti i pazienti con patologie con esordio tardivo/in età adulta, quali ad esempio cardiomiopatie o malattie neurodegenerative che potrebbe quantificarsi in almeno altri 500-1000 casi/anno. Va tuttavia sottolineato come parte di questi pazienti presenta già oggi un inquadramento diagnostico definito. Per la restante parte la esigenza sarebbe progressiva, man mano che la disponibilità e l’accesso alla prestazione diagnostica si diffonda e, conseguentemente, i diversi servizi e unità operative coinvolte nel percorso di neuroriabilitazione avviino i pazienti verso l’analisi dell’esoma. Una stima approssimativa potrebbe quantificare in circa 500-1000 casi/anno i pazienti da analizzare.

In conclusione, per raggiungere una “autonomia” esomica sarebbe necessario far progredire la attuale situazione, capace con le strutture già attive di analizzare non più di 500-1000 casi/anno, con un Centro capace di erogare tra 1500 e 2000 analisi esomiche/anno.

L’analisi esomica richiede un flusso di lavoro che rende necessario soprattutto per la fase interpretativa tempi lunghi, che in alcune situazioni possono anche arrivare a 6-12 mesi, per cui vi è la necessità di prevedere per alcune situazioni una linea di urgenza che possa erogare un primo risultato analitico in tempi molto più brevi.

In particolare, ciò deve essere previsto per due categorie:

1) Diagnosi prenatale In una serie di situazioni il rilevo ecografico di una anomalia strutturale del feto non è conclusiva in termini di percorso decisionale della gestante circa il prosieguo della gravidanza. In queste situazioni la indagine genetica attualmente richiede la analisi del cariotipo e la array CGH. L’estendimento della indagine genetica prenatale alll’analisi dell’Esoma fetale comporterebbe un incremento del potenziale diagnostico pari ad almeno il 15-30%. È chiaro che un corretto inquadramento nosologico è un momento fondamentale, collocando il rilevo ecografico in un preciso contesto sindromico e consentendo, quindi un corretto counselling sulla condizione stessa in termini di severità prognostica e rischio di ricorrenza.

2) Neonato critico Un numero rilevante delle 5823 patologie genetiche con causa nota hanno esordio o sono già conclamate durante i primi 28 giorni di vita. Pertanto, la terapia intensiva neonatale rappresenta un ambito in cui l’adozione della metodica NGS per la analisi esomica ha importanti potenzialità diagnostiche ad impatto clinico. È intuibile come, qualora esista un trattamento per la patologia identificata, l'identificazione tempestiva della mutazione causativa della patologia del paziente in epoca perinatale potrebbe fornire ai genitori una risposta sulla condizione del bambino e rappresentare un ausilio essenziale per la definizione della gestione e della prognosi del paziente, con la messa in atto di interventi che riducano mortalità e morbilità. La quantificazione approssimativa di questi casi è di circa 200 casi/anno e per essi va stabilito uno specifico flusso di lavoro in urgenza con tempistica tra 3 e 7 giorni. La operatività centralizzata con strumentazione ad altissima processività è l’unica che potrebbe consentire il rispetto di tale tempistica.

Sulla base di studi molto accurati in letteratura, possiamo affermare che l’impatto diagnostico della analisi esomica in termini di percentuali d’identificazione di varianti causative aggiuntive (Detection rate - DR) rispetto alle altre metodiche è quantificabile, in media, ad almeno il 25%. In particolare, in epoca prenatale l’utilizzo della analisi esomica consente di aumentare dal 15 al 30% il potenziale diagnostico genetico in presenza di condizioni malformative.

In epoca post-natale, l’utilizzo della indagine esomica è molto più ampio e riguarda tutta una serie di classi di patologie. Va tuttavia sottolineato come se per categorie di malattie come quelle del connettivo approcci alternativi come il sequenziamento di singoli geni o di pannelli di geni siano ancora ipotizzabili, per le problematiche del neurosviluppo o per la sordità, la analisi esomica rappresenti l’unica strada percorribile in relazione alla elevatissima eterogeneità genetica, cioè al numero molto alto di possibili geni causativi, in assenza di caratteristiche del fenotipo che possano aiutarci ad indirizzare la diagnosi genetica verso un gene o verso un gruppo di geni piuttosto che un altro.

Fare una diagnosi corretta consente di: 1. Ottimizzare la gestione del paziente sia in termini di terapia (scelta del farmaco/del trattamento più appropriato) che di sorveglianza clinico-strumentale (attuazione di protocolli che ottimizzino il rapporto costi/beneficio) 2. Definire la prognosi e quindi indicare alla famiglia e ai caregivers le potenzialità ed i limiti di intervento 3. Definire il rischio riproduttivo e quindi la eventuale ricorrenza della condizione in ambito della coppia/della famiglia in modo da attuare le migliori e più precoci strategie diagnostiche Gli obiettivi sono: messa a punto e validazione Analisi Esomica mediante tecnica di sequenziamento di nuova generazione (NGS) ad alta processività; esame a regime di 1500-2000 esomi/anno con progrressiva autonomizzazione della Regione Puglia per la diagnosi genetica; messa a punto dell’esoma urgente per la ottimale gestione del rischio genetico in gravidanza e del neoanto critico; individuazione di specifici sistemi di conservazione dei dati.

Per fare tutto ciò e per raggiungere come detto la riduzione dell’impatto delle malattie sulla salute della popolazione pugliese, l’articolo 1 della proposta di legge prevede l’istituzione del Servizio di analisi genomica avanzata con sequenziamento della regione codificante individuale - ESOMA, ai sensi del Piano per l’innovazione del sistema sanitario basato sulle scienze omiche, approvato con l’intesa del 26.10.2017 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (Gazzetta Ufficiale Serie generale n. 13 del 17 gennaio 2018).

Detto servizio sarà garantito dal Servizio sanitario regionale in totale esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, come previsto dalla normativa vigente sul sospetto diagnostico per malattia genetica rara, previa prescrizione di dirigente medico specialista in servizio presso le Unità operative di genetica medica ovvero specialista di branca in relazione all’ambito di afferenza del caso sospetto, e sarà  indirizzato con finalità prognostiche, di definizione del rischio riproduttivo e impatto sul management clinico nei confronti di: feto con malformazioni, specie se multiple o associate; neonato in condizioni critiche; pazienti con sospetto sindromico per malattia rara, con sintomi di malattia e privi di diagnosi o causa biologica; cittadini con condizione genetica nota su base anamnestica familiare e desiderosi di conoscere la probabilità di sviluppare la stessa condizione; cittadini appartenenti a gruppo o popolazione con alto rischio di sviluppare una patologia genetica e desiderosi di conoscere la probabilità di trasmettere la stessa patologia alla prole; cittadini parte di coppie con una o più gravidanze a evoluzione infausta nel II o III trimestre di gravidanza, comprese le morti in epoca perinatale.

Circa i tempi e le modalità dell’esame, l’articolo 2 prevede il prelievo ematico o, in assenza di disponibilità e casi particolari, di altro tessuto, da inviare, previo consenso e nota informativa, da un’Unità operativa di Genetica medica o da altra Unità operativa di competenza specifica al Laboratorio di Medicina Genomica competente, entro e non oltre l’arco temporale di 36 ore dal prelievo. Dette modalità sono corredate da ulteriori specificazioni.

L’articolo 3 prevede che il test genetico sarà trasmesso al medico prescrittore o alla Unità operativa richiedente, entro sei mesi dal prelievo, computando in tale tempo massimo anche l’estensione del test ai genitori, in trio e a eventuali processi di validazione. Anche in queso caso sono previste specificazioni ed eccezioni.

Con l’articolo 4 si stabiliscono le caratteristiche del Laboratorio di genomica competente e con gli articoli 5 e 6 le procedure da seguire in materia di esito del test e presa in carico.

Con l’articolo 7 è stabilita la necessità di dotarsi di un protocollo operativo e con l’articolo 8 la possibilità assegnata alla giunta regionale di modificare le modalità operative.

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