L'aministrazione comunale appesa ad un filo? (di Giuseppe Florio).

Il destino dell'amministrazione comunale guidata da Franco Scoditti è appeso ad un filo. Anzi, per la precisione, Franco Scoditti ha appeso ad un filo il destino della sua giunta. «Il sindaco è riuscito dove non erano riusciti i partiti in questa scalcagnata consiliatura», chiosa con amarezza un maggiorente del Partito Democratico, alludendo a quello che a tutti gli effetti appare come un harakiri.

L'esternazione del primo cittadino in una iniziativa pubblica sabato sera - «Pompeo Molfetta, autocandidandosi, ha rotto il centrosinistra» - ha comprensibilmente dato fuoco alle polveri. Sinistra Ecologia Libertà, partito di cui Molfetta è uno degli esponenti più significativi, è un coacervo di reazioni, diverse ma non contrastanti: i suoi dirigenti premono in varia misura perché «si faccia chiarezza».

Ma le strade che portano alla chiarezza non sono poi molte. Scoditti è ad un bivio: o ritratta quella affermazione (ma come potrebbe? rimangiarsela rappresenterebbe una indimenticabile umiliazione), o apre e cioè subisce la crisi. Ma anche questa apparentemente obbligata opzione politica non è facile da imboccare.

Domani è fissato il consiglio comunale più delicato dell'anno, quello in cui si discuterà del bilancio di previsione. Se il sindaco nel frattempo non avrà pronunciato una parola risolutiva sulla vertenza da egli stesso aperta, nella migliore delle ipotesi l'assise potrebbe concludersi – ma solo per estremo senso di responsabilità – con un voto tecnico, precedendo di qualche ora la conclusione anticipata della consiliatura.

Se invece i polsi nella maggioranza (ed in SEL particolarmente) non fossero poi saldi abbastanza, salterebbe anche il bilancio, portando dritti dritti allo scioglimento del consiglio ed al conseguente commissariamento del Comune di Mesagne. Una prospettiva drammatica dinanzi alla quale le opposizioni di centrodestra, già rivitalizzate da 4 anni di mediocre (ed a tratti insufficiente) gestione della cosa pubblica, gongolerebbero.

A Scoditti sarebbe stato anche rimproverato il tratto ingeneroso di una vicenda tutta politica: e cioè che, attaccando Molfetta, avrebbe sparato a pallettoni su colui che, «facendo un passo a lato», aveva permesso la sua candidatura e quindi l'elezione a sindaco; ma anche sull'unico consigliere comunale che si è speso, per tutta la consiliatura, per irrobustire la traballante maggioranza politica e la relativa tenuta dell'amministrazione, dimostrando un forse eccessivo scrupolo di responsabilità.

In punta di politica, tuttavia, Scoditti può vantare ragioni: se il capogruppo consiliare di un partito della maggioranza annuncia di volersi candidare, al di là dei partiti e prefigurando uno scenario che non soltanto trascende i rapporti con il maggiore partner della coalizione (il PD), ma anche lo stesso format del centrosinistra, è lecito dedurre che il centrosinistra sia stato sfasciato. Ma spettava davvero alla figura istituzionale del sindaco porre tale problema, quando nessun esponente democratico aveva, almeno ufficialmente, stigmatizzato l'accaduto? Allora uno dei problemi sul tavolo è l'inspiegato temporeggiare della dirigenza democratica la quale, non ha dato seguito ad un direttivo conclusosi in modo proficuo: ad esempio stilando un documento politico che, inchiodando Molfetta e SEL alle loro responsabilità, provava a fissare l'agenda delle settimane a venire. Ma, si sa: nel centrosinistra la legge fisica della causa e dell'effetto è saltata da parecchio. Ora si segue quella del caos per vedere, con Jannacci, «l'effetto che fa».

Giuseppe Florio

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