Strade Perdute (di Carlo Ferraro)
Nell’ultimo consiglio comunale il sindaco ha cercato di spiegare quanto successo venerdì 10 giugno su via Gualtiero d’Ocra,
in relazione al cedimento dell’asfalto al passaggio di una autocisterna; per la verità sono sembrate più delle giustificazioni esposte non dal sindaco ma dal presidente dell’Autorità Idrica. E qui siamo al primo vulnus di tutta la vicenda; chi sognava in un trattamento di favore per Mesagne da parte del sindaco in doppia veste si è dovuto scontrare con un fatto innegabile: questa doppia veste si è rivelata essere un corto circuito istituzionale che non aiuta certo la nostra città.
Appellarsi alla pioggia (niente di eccezionale paragonata ai monsoni di luglio), o al peso dell’autocisterna (50 tonnellate certo, ma divise su due lati e su cinque ruote per lato fanno 4 tonnellate per asse, niente di apocalittico), è sembrato più un tentativo di giustificazione e deresponsabilizzazione da parte dell’Autorità Idrica. Eppure è sotto gli occhi di tutti il modus operandi delle imprese incaricate dall’Aqp, la loro approssimazione e la loro fretta.
Acutamente il consigliere Molfetta ha chiesto come mai su un investimento di 22 milioni di euro da parte dell’Aqp l’Amministrazione non abbia sentito la necessità di investire il consiglio comunale sull’importanza di questi lavori per la città ed avviare un dibattito su come questo mega appalto avrebbe condizionato la vita di tutta la città; perlomeno l'incarico ad un team che controllasse l’andamento dei lavori così importanti per il futuro di Mesagne.
E questo è il secondo vulnus. Ovviamente il sindaco non ha nemmeno accennato ai maggiori oneri che la comunità dovrà affrontare per rimediare in futuro a questi lavori così approssimativi; terzo vulnus che va sotto il nome di possibile danno erariale.
Alcune osservazioni: l’ipotesi che le piogge siano state la causa del cedimento dello scavo si scontra contro l’evidenza dei cedimenti; questi sono limitati ad alcuni punti, e dimostra che il materiale non è mai stato costipato come richiesto dal capitolato d’appalto. Se fosse stato costipato per bene avremmo avuto un cedimento costante ed omogeneo per tutta la trincea e non solo in alcuni punti.
A conferma di questo corre l’obbligo ricordare che nella stessa giornata si sono avuti cedimenti analoghi in altre strade impegnate da questi lavori (in via Sasso, in via Pacinotti nei pressi del Parco Potì, su via Ciro Menotti). Inoltre il materiale usato risulta palesemente diverso da quello che si dovrebbe usare: invece del cosiddetto “stabilizzato”, si è fatto largo uso di tufina e nocciolato di tufina, materiale assolutamente inefficace.
Di conseguenza possiamo dire con certezza che non ci sono stati i dovuti controlli, né sull’andamento dei lavori, né sulla qualità dei materiali, altrimenti queste irregolarità sarebbero state denunciate.
Il sindaco pretende che le aree soggette a scavi siano disimpegnate dal passaggio di qualsiasi mezzo per almeno 5 mesi; fatto assolutamente inedito nella conduzione di simili lavori; mai finora si era seguito questo particolare iter. Del resto questa procedura non è mai stata adottata per i lavori condotti dal Comune in passato.
Ho replicato al sindaco che i cittadini sarebbero sicuramente disposti al sacrificio di chiudere temporaneamente le strade su cui lavorare, per il tempo strettamente necessario, purché i lavori siano fatti a regola d’arte e non siano una spada di Damocle per le tasche dei cittadini.
Il fatto che su questi lavori si sia voluta stendere una spessa coltre di nebbia, che non se ne sia mai parlato nelle commissioni preposte ed in consiglio comunale ci autorizza a essere preoccupati.
Un’ultima notazione dal carattere, diciamo così, antropologico:
Le strade, per chi vive nel sud del mondo, hanno un significato particolare ed un profondo valore simbolico: sono quella traccia minima ma necessaria per poter continuare a credere che le regole, l’ordine, lo stato di Diritto esistano anche alle nostre latitudini.
Non per niente le nostre strade vengono asfaltate sempre prima delle elezioni, e vengono asfaltate bene: servono a perpetuare questa speranza.
Non per niente riconosciamo nella Via Appia il simbolo più evidente della nostra Civiltà.
Invece questi tappeti di asfalto senza un inizio ed una fine, che cancellano la netta distinzione tra sede stradale e marciapiedi, sono un insulto alle nostre speranze di avere un mondo fatto di norme e principi chiari, e ci riportano indietro nel regno del pressappoco tipico della politica più miserabile.
Pessimo biglietto da visita per una città che, nei progetti di questa amministrazione, vorrebbe essere capitale di qualcosa, ma si presenta al mondo con gli stracci delle promesse mancate e delle speranze deluse.
Carlo Ferraro