Carlo Ferraro: cinque pezzi facili.

Da  quando il consigliere Molfetta ha rassegnato le sue dimissioni, 

le diverse forze politiche non fanno che dare le  più diverse interpretazioni del    suo gesto; si  sono avanzate le ipotesi piu’ disparate,   dietrologie e complottismi varii, ma nessuno si  e’  pronunciato su quanto evidenziato dal consigliere uscente, nessuno ha preso posizione rispetto a quanto denunciato  , anzi, sembra che questo polverone sia stato sollevato proprio per non dover discutere su quanto da lui affermato.

Converra’ forse riepilogare o riannodare  la storia recente di questa Giunta per comprendere meglio quanto evidenziato dal consigliere Molfetta.

L’attuale giunta comunale conta su ben   nove consiglieri di maggioranza; questo risultato si  e’ ottenuto   grazie al gioco di parentele incrociate dei vari capilista, che hanno coperto con i legami familiari tutte le caselle possibili al  voto. Una versione moderna del concetto di Famiglia, cosi’ cara a noi meridionali.

  Appena insediatasi la nuova Giunta abbiamo    assistito a qualcosa a cui nessuno era preparato: qualsiasi critica o opinione  contraria, relativa alle decisioni di quella, veniva  puntigliosamente rintuzzata da uno stuolo di fan che, abbiamo scoperto col tempo ,  altri non erano   se non dei   personaggi  impegnati  a diffondere il nuovo Verbo. Possiamo chiamare questa la fase del “sorvegliare e punire”, la fase del controllo sociale, ed e’ servita a mettere il bavaglio    a qualsivoglia critica all’operato della nuova Giunta.

Infatti, sui social la gente oramai non si esprime su   nulla, preferisce starsene   in silenzio.  Un gran bel risultato per la vita democratica   della nostra cittadina.

Una volta sgomberato il campo dai criticoni, si  e’ data la stura all’esaltazione della “patria”: quotidiane dichiarazioni d’amore   per la bellezza della nostra citta’, del suo centro storico, da adornare ora con ciclamini rossi, ora con craste gialle, o ancora   con pedane di legno tinte di bianco con strani figuri appollaiati sopra;  rasentando nella sua dovizia ed esagerazione il kitsch piu’ imbarazzante.   Qualsiasi   evento, anche il piu’ spicciolo, veniva propagandato come  portentoso e mirabile, fino ad arrivare a quella “umana meraviglia ” che ci ha tenuto col fiato sospeso per mesi, in attesa della vittoria finale. Col tempo questi sogni   si sono dimostrati   semplici favolette, ad uso  dei creduloni. Favolette basate su autentiche menzogne: l’iconico  cartello sforacchiato dai proiettili della Scu altro non era che il bersaglio di alcuni cacciatori delusi al ritorno di una battuta di caccia; l’adesione al   progetto dell’Appia Regina Viarum  e’ basato sull’azzardo di far credere che la via Appia passi da Muro Tenente, mentre resta saldamente tracciata a nord di Mesagne;  per finire con la Fiera Medievale che non e’ altro che la brutta copia in tono minore della Fiera Medievale di Altamura, evento, quello si’, a scala nazionale.

Ma tanto basta per tirare a campare nella assoluta mancanza di idee e di programmazione.

Questa amministrazione di suo ha fatto veramente poco:   ha avuto la “fortuna” di godere di tanti finanziamenti da parte del governo Conte, per affrontare la pandemia e la crisi sociale che ne  e’derivata,   senza mancare di prendersene  il merito.

E non ha trovato di meglio da fare se non appropriarsi prima dell’idea della riqualificazione dello slargo di Porta Grande e poi dell ‘idea di dare una pista  di atletica alla citta’: tutte e due proposte sviluppate dal Movimento 5 Stelle.

Il Peba, pronto sulla carta   non e’ tuttora   operativo; il Piano per la ZTL  e’ riposto in un cassetto; le mini rotatorie invise a tutti gli automobilisti    sono state “soprassedute”; il contrasto all’evasione dei tributi  , dopo tre anni, ancora non recupera nulla; del Pug   se ne sente, a volte, l’eco lontano; e tanti altri “beni immateriali” di cui l’amministrazione si  e’ fregiata con tanto di trombe giubilanti, a cui pero’ non ha dato seguito. Ad oggi solo   propaganda. 

  Grazie  a questa “narrazione”    Mesagne  e’ diventata il    palcoscenico   su cui ogni giorno va in scena la vulgata   di un sindaco ed una amministrazione che tutti  ci invidiano, e di cui noi siamo gli sfortunati spettatori passivi, chiamati come siamo ad applaudirne ogni piccolo gesto.

Di contro tutta l’azione del municipio si e’ concentrata sulla valorizzazione del centro storico; impresa più semplice visto che il più era gia’ stato fatto dalle precedenti amministrazioni. Ma guai a dirlo! 

Davvero il destino della nostra cittadina e’ tutto legato al successo di una decina di ristoratori insediati nel centro storico? Cosa ne viene  al resto della cittadinanza? Saremo tutti assoldati per fare i figuranti nel centro storico?

   Alle prossime elezioni sara’ difficile separare il grano dal loglio, fare la tara su quanto   strombazzato sui social  e quanto realmente fatto per la nostra comunita’;     

e forse e’ questo il fine ultimo di tutto questo agitarsi.

E’ troppo chiedere che   una amministrazione   faccia il suo dovere in silenzio, facilitando la vita dei cittadini, sollevandoli, per quanto si puo’ , dalle quotidiane incombenze, senza dover dire continuamente grazie, grazie, grazie? 

   Per una volta tiriamo in ballo i compagni di opposizione: che hanno da dire   di tutto questo? Sono  capaci di prenderne le distanze chiaramente o sotto sotto ne ammirano il metodo e l’impronta vagamente totalitaria?

Davanti a questo quadro sconfortante e’ plausibile gettare la spugna, specie se si e’ il bersaglio quotidiano di un odio indirizzato alla propria persona, tradito da quelli che erano i più stretti collaboratori, preso come termine di paragone negativo solo per confermare il presente.    In fondo questa amministrazione vive del continuo confronto tra un prima, fatto di gestione silenziosa e dignitosa della cosa pubblica, ed un presente che vive di finti successi strombazzati da  mane a sera, ogni giorno che dio manda in terra.

Questo gettare la spugna e’,    che lo si voglia o meno, a tutti gli effetti, un gesto politico che avra’ delle conseguenze nelle coscienze dei cittadini, perlomeno di quelli che non condividono l’attuale gestione della cosa pubblica. 

Carlo Ferraro

(fonte facebook)

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