La lezione brasiliana (di Michele Graduata)
Nel giro di pochi giorni, oltre alla vittoria della destra fascista in Italia,
abbiamo assistito alla riconferma del comunista Xi Jinping alla guida della Cina e alla vittoria di Luiz Inacio Lula da Silva alla presidenza del Brasile.
Dopo l’operazione Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, facilitata se non direttamente pilotata dagli Stati Uniti, dopo le accuse di corruzione, la gogna del processo pubblico, la sentenza a dodici anni e 580 giorni di carcere, i ricorsi e l’annullamento di tutte le condanne, il presidente operaio Lula ha sconfitto il fascista Jair Messias Bolsonaro, in carica dal 2018, e conquistato per la terza volta la guida del paese.
A confronto vi erano due visioni del mondo: da un lato, Dio, patria, famiglia, libertà, lotta al comunismo, libero porto d’armi, politiche economiche ultraliberiste, taglio delle tasse e un grande piano di privatizzazioni. Durante l’attività di governo ed anche in campagna elettorale, oltre al sostegno dei tre figli, tutti in politica e indagati per sospetta corruzione, Bolsonaro ha potuto contare sul sostegno dei ricchi latifondisti, sulle lobby delle armi e sugli evangelici che, predicando un cristianesimo intransigente, sono schierati contro l’aborto e il matrimonio fra omosessuali.
Si tratta del tipico programma di tanti leader della nuova destra che viene utilizzato per conquistare ed esercitare il potere, e si legittima sulla base del consenso scaturito da libere elezioni. I suoi tre pilastri fondamentali sono: Il populismo, che dice quel che il popolo vuol sentirsi dire; la polarizzazione, che spacca in due la Nazione fra buoni e cattivi e la propaganda, utilizzata per costruire un mondo fittizio e parallelo a quello reale.
Di fronte allo smarrimento e alle sconfitte delle sinistre europee, compresa quella italiana, la lezione brasiliana insegna che è possibile battere queste nuove destre quando dall’altra parte si è in grado di costruire un progetto alternativo e di sinistra, capace di parlare ai trabalhadores del proprio paese e di fare proprio lo slogan: “Riprendiamoci la democrazia”.
Dall’altra parte in Brasile, infatti, vi era una ampia coalizione di partiti di estrema sinistra, il partito comunista brasiliano e il partito del socialismo e della libertà che, tuttavia, ha respinto la proposta di un ampio fronte contro Bolsonaro comprendente anche partiti centristi come il partito della socialdemocrazia brasiliana e il movimento democratico brasiliano. Con la promessa di un Brasile migliore, Lula ha annunciato l’impegno a stanziare investimenti nella sanità, nell’educazione, nelle politiche sociali e nella protezione dell’Amazzonia.
L’auspicio è che la lezione brasiliana sia fonte d’ispirazione anche per il prossimo congresso del PD, chiamato a risolvere una sconfitta non soltanto elettorale e politica, ma anche culturale, e a riempire il vuoto lasciato a Sinistra.
P.S. In presenza di uno scenario così cupo, ma anche aperto a nuove opportunità, c’è chi, invece di battersi per “riprendersi la democrazia”, la regala nelle mani dei suoi avversari, partecipando a iniziative sulla triste vicenda delle foibe, che i fascisti, da decenni, utilizzano come contraltare della Resistenza.