Cercasi ascolto (Carlo Ferraro)
Lo scorso 13 dicembre sono stati resi pubblici i risultati del sondaggio “Cercasi schiavo”
condotto dall’associazione Mesagne Bene Comune; questa inchiesta ha tolto il velo che copriva le reali condizioni di lavoro degli addetti al settore, andando oltre la superficie patinata dell’attuale successo turistico a Mesagne.
Il sondaggio ha avuto una partecipazione clamorosa: hanno risposto 82 addetti, a fronte di 40 esercizi in attività.
Si è avuta la conferma di quello che si intuiva, e cioè di quanto sia diffuso lo sfruttamento dei lavoratori, fatto di paghe basse ed orari di lavoro oltre le otto ore; in più, è stato rilevato che le donne sono quelle più sfruttate e con le paghe più basse.
RETRIBUZIONI: solo il 6 per cento è oltre il salario minimo, mentre l’84 per cento è un “working poor”, con le donne più povere.
ORARI DI LAVORO, un dato allarmante: il 60 per cento lavora più di otto ore al giorno, sino a 13 ore, e più si lavora meno si viene pagati. Per fare più soldi o si aumentano i posti nei de-hors, o si allunga l’orario di lavoro.
CONDIZIONI DI LAVORO: vessazioni e disagio oltre ai ricatti. Un’ambiente molto pesante.
C’è un dato da rilevare che va contro l’opinione comune: questo settore non è più connotato dalla stagionalità, dal lavoro temporaneo (uno degli alibi per giustificare i salari bassi), bensì è caratterizzato dalla continuatività e professionalità, ponendo così un serio problema rispetto ai contratti.
Le istituzioni: i lavoratori sono frustrati e soli. Il 61 per cento dei controlli sono insufficienti ed inefficaci, grazie ai contratti grigi. (il contratto è definito grigio quando copre 6-8 ore lavorative ma ne vengono richieste di più al lavoratore). Sindacati assenti nel 77 per cento dei casi, così come è assente l’amministrazione comunale.
Il risultato è quello di un profondo senso di scoramento, abbandono e mancanza di prospettiva sofferto dai lavoratori del settore.
Permane una notevole discrasìa tra i prezzi praticati ed i compensi dati a chi serve ai tavoli;
visto che l’Amministrazione Comunale investe tanto nel Centro Storico, ci si aspetterebbe che gli imprenditori restituissero in qualche modo alla Comunità questo sforzo in termini di legalità e ricchezza per tutti. Ma così non è.
Soluzioni istituzionali: a Bologna e Napoli, dove c’è un accordo tra ispettorato e comune. chi non applica i contratti viene privato dell’uso del suolo pubblico, ovvero niente dehors; ma dubitiamo che l’attuale amministrazione, sempre in cerca di consenso elettorale, possa procedere in questa direzione.
Un’altra nota non secondaria: c’è un Turismo in espansione, ma non sarà così per sempre; ci sono le grandi aziende che si fanno avanti. Inoltre il Settore è poco conosciuto, non lo si è mai studiato; bisogna capire che il turismo riconfigura tutto sul territorio, capire in che modo ed agire di conseguenza.
Inoltre i flussi turistici sono poco prevedibili: se non si appronta un serio progetto di sviluppo si rischia di “passare di moda”, vanificando tutti gli sforzi fatti finora.
Vent’anni fa andava di gran moda la riscoperta delle antiche putee, concentrate a Carovigno, autentiche testimonianze di una gastronomia antica e verace. Oggi in quella cittadina non vi è traccia di quel momento magico, visto che nessuno all’epoca elaborò una seria proposta culturale.
Qui si tratta di rendere attrattivo il nostro centro storico non solo dal punto di vista gastronomico, ma di riempirlo di contenuti. La mostra su Caravaggio è stato uno di quei contenuti ma, dato il suo costo, non può essere replicato regolarmente, e non si può basare tutto su sporadici Grandi Eventi.
I ristoratori sanno che l’attuale trend positivo potrebbe finire da un momento all’altro, come lo sa l’amministrazione comunale che, per ritardare il più possibile questa evenienza continua a profondere ingenti somme di denaro per tener su il baraccone; somme sempre più rilevanti, in una relazione che ricorda da vicino la tossicodipendenza. Da un lato l’amministrazione che ha legato il suo destino al successo del centro storico, e ne ha bisogno per presentarsi in grande spolvero alle prossime elezioni; dall’altro i ristoratori che temono la fine del trend positivo e quindi vanno rassicurati in tutti i modi. Con dosi sempre più “forti” di investimenti.
Fino a quando può reggere questo rapporto “tossico” senza un progetto complessivo?
Si parla sempre di una “capitale culturale”, ma non si riesce ad andare oltre ad una “capitale dell’intrattenimento”; mancano all’appello le varie componenti della società civile, quali le associazioni del terzo settore, i singoli individui con le loro idee, gli stessi partiti, mai coinvolti.
Non si può continuare a vivere alla giornata, tra lifting ed imbellettamenti, o con le armi “magiche” prima della giostra ed ora della ruota panoramica.
C’è un’idea di sviluppo o si andrà sempre in ordine sparso, confidando nello spirito di intrapresa dei ristoratori, lasciando loro mano libera nella gestione degli spazi pubblici occupati all’inverosimile d’estate?
Se è assodato che si opera in un settore in cui è difficile fare previsioni sui flussi turistici, invece di lasciare mano libera al libero mercato, forse solo con un patto di ferro tra le Istituzioni ed gli imprenditori , fondato su un valido progetto culturale, si potranno avere maggiori certezze e maggiori diritti.
Carlo Ferraro Portavoce M5S Mesagne