Carmine Dipietrangelo: dopo la legge elettorale regionale: il vulnus della rappresentatività.Un avviso ai naviganti.
È stata approvata la nuova legge elettorale regionale che, adeguandosi allo statuto della Regione, ha riportato a 50, i consiglieri da eleggere. Si è persa una occasione per dare alla Puglia un sistema elettorale moderno, equilibrato e rappresentativo.
A maggioranza e con la doppiezza di partiti e consiglieri che hanno "subito" l'impronta della destra, ha vinto la conservazione e il passato,al limite della legittimità costituzionale delle stesse norme approvate. Ed è ancora più grave che si sia fatto ricorso al voto segreto, mai pensato e praticato, su materia elettorale, nella regione Puglia e in nessun'altra regione d'Italia.
È stata respinta la proposta di doppia preferenza (donna /uomo),sistema elettorale ormai inserito in molte leggi regionali, in quella per la elezione dei consigli comunali e del parlamento europeo per i cui rappresentanti si possono esprimere tre preferenze a condizione che una sia donna e prevedibilmente in quella in discussione per il parlamento nazionale. Una scelta che, se fosse passata, avrebbe consentito di avere finalmente nel consiglio regionale della Puglia una adeguata rappresentanza femminile. Una rappresentatività di cui da sempre la Puglia è stata scarsa e priva.
Una scelta controcorrente malgrado gli articoli 3 e 51 della costituzione e le tendenze ormai consolidate, in Europa e nel mondo occidentale, di dotare i sistemi elettorali di normative che garantiscono negli organi istituzionali, la elezione tendenzialmente paritaria di uomini e donne. E questo malgrado l'impegno e la mobilitazione delle donne e degli stessi partiti che ne hanno sostenuto obiettivi e motivazioni. Ha prevalso l'auto conservazione e la doppiezza, soprattutto del PD che non ha potuto o voluto esercitare tutta la sua forza e influenza per una coerenza che mai in questa occasione andava esercitata anche preventivamente.
Eppure dirigenti e consiglieri regionali del PD sono in maggioranza renziani e come tali, protagonisti e, alcuni di essi, veri e propri soldati armati per e del cambiamento renziano. Un cambiamento che viene richiesto sempre agli altri, ma che quando riguarda se stessi si ritorna ad essere ciò che effettivamente si è, conservatori e maschilisti. Per molti di essi in Puglia essere con Renzi è solo un modo per stare con il vincente per continuare a gestire potere come facevano ai tempi di D'Alema, e, andando più indietro, come si faceva quando a comandare c'erano i potenti del PSI e della DC. A questi renziani andrebbe ricordato che fu il PD di Bersani, quello da cui hanno preso le distanze, a portare, con alcuni accorgimenti tecnici, nel parlamento nel 2013,una presenza di donne come non si era mai vista nella storia parlamentare d'Italia e d'Europa!
Il PD pugliese a trazione renziana non ha avuto né il coraggio e né la forza di essere innovatore e che, pur avendo i numeri in consiglio regionale, non è stato in grado neanche di "rottamare" un sistema elettorale vecchio e fuori dalla storia. Un PD capace a fare primarie opache e a raccogliere e organizzare pacchetti di tessere, a intrecciare accordi tra dirigenti lontani dai territori ma impegnati, nelle federazioni, in maniera alquanto trasformistica, a gestire per se e per i propri referenti, un partito di cui lo stesso Emiliano sembra non fidarsi.
Un partito che dà l’impressione di essere monarchico al centro e anarchico nei territori. Ma anche Emiliano da segretario regionale e da candidato presidente della Regione ha perso un'occasione per far valere la coerenza anche facendo ricorso alla sua "predominante esuberanza". Sembra che ad Emiliano servono i voti non per vincere ma per stravincere e sull'altare di questo obiettivo si può far finta di non essere d'accordo, come nel caso di questa legge elettorale, ma poi si fa passare di tutto. Anche un eccessivo sbarramento dell'8% necessario per avere un eletto da parte di chi partecipa alle elezioni con una sola lista. Da quello che si legge in questi giorni, il lavoro, i rapporti, gli incontri in corso per la formazione delle stesse liste che si richiameranno direttamente a Emiliano, vanno solo in direzione di candidati maschi che dicono di avere, oltre l’ambizione, voti e risorse finanziarie. Non si è letto ancora di donne candidate e/o da sostenere.
E poi credo che non serva molto proporre capilista donne che, a fronte della preferenza unica, non hanno alcuna possibilità in più per essere elette rispetto a chi sta ultimo nella lista. Non è come alle elezioni europee dove si potevano esprimere tre preferenze e obbligatoriamente una doveva essere donna.
La conservazione si esprime anche andando alla ricerca di ceti politici al maschile e sperimentati che provengono da tutte le parti(centro, destra, sinistra)per comporre le liste del presidente. Così come le voci per eventuali candidature di dirigenti PD in altre liste diverse dal proprio partito a cui concedere deroghe, sono tutte al maschile.
Forse senza la legge approvata l’altra sera, ad Emiliano si sarebbero certamente ridotti i margini di manovra per intruppare i suddetti ceti. Ed anche qui non si vedono molte donne in corsa. È solo un processo alle intenzioni? Si vedrà nei prossimi giorni.
Ma in questa legge permane ancora un altro vulnus di rappresentatività. La proposta di legge arrivata in consiglio prevedeva, attraverso un emendamento predisposto dalla presidenza del consiglio e condiviso da tutti i gruppi, la tutela della rappresentanza a livello territoriale e a vantaggio delle circoscrizioni più piccole come quella della nostra provincia.
L'emendamento è stato prima votato e poi ritirato per dubbi di ammissibilità e di costituzionalità. È stato quindi ripristinato il vecchio meccanismo del collegio unico regionale per il riparto della maggioranza dei seggi in tutte le circoscrizioni provinciali. Ancora una volta le circoscrizioni più popolate saranno avvantaggiate rispetto a Brindisi, e in ordine, quella di Bari, di Lecce, di Foggia e di Taranto.
Un esempio per dimostrare questo pericolo. Tutte le liste che non superano il 10%(soprattutto se è omogeneo a livello regionale) difficilmente potranno avere un eletto in provincia di Brindisi. A Brindisi con il meccanismo elettorale scelto spettano 5 consiglieri ma di questi solo 2,4 consiglieri sono decisi nella circoscrizione, gli altri 2,6 sono decisi dal collegio unico regionale e che essendo stabiliti da un quoziente regionale per lista il rischio che a Brindisi non scatti neanche il quinto consigliere è reale.
Non sarebbe la prima volta! Anzi è già successo molte volte. Mi ricordo quando fui eletto la prima volta nel 1990,nel consiglio regionale di 50 componenti, a Brindisi scattarono 4 consiglieri. Nel 1995 all'allora PDS furono assegnati a Brindisi due seggi di cui uno nella circoscrizione, l’altro, quello con il collegio unico regionale, fu perso a vantaggio di Lecce a seguito di un ricorso di un candidato dello stesso partito il cui quoziente di voti assoluti risultò superiore.
È la dimostrazione che il collegio unico regionale non agisce a favore della rappresentatività territoriale ma avvantaggia solo le circoscrizioni elettorali più grandi. E questo vale soprattutto per le liste che prendono meno voti. Se poi si vuole valutare con lealtà la proliferazione delle liste a sostegno di Emiliano, queste, nei territori più piccoli, produrranno oggettivamente una dispersione di voti e quindi quozienti di voti molto più bassi di quelli delle
circoscrizioni più grandi. Paradossalmente i voti di Brindisi potranno servire ad eleggere candidati a Bari, a Lecce e forse anche a Foggia.
Spero di sbagliare. Si considerino queste considerazioni un semplice "avviso ai naviganti".
Carmine Dipietrangelo
Presidente Left Brindisi