Matarrelli ed i suoi cavalli vincenti. Ecco cosa c’è dietro il successo (G. Florio).

Un gruppo risultato vincente anche alla Regione.

Passata la tempesta del ballottaggio, restano nell'agone vincitori e vinti. Ha vinto prima degli altri Pompeo Molfetta, ben al di là del lusinghiero risultato del voto: perché aveva scommesso sulla mobilitazione sentimentale di un popolo che, molti mesi addietro, era davvero difficile da individuare e che invece oggi esiste, ha una propria identità e vuole farsi sentire e valere. Ha vinto Toni Matarrelli, quando ha scommesso sullo stesso Molfetta, all'epoca considerato un cavallo riottoso che quindi difficilmente avrebbe varcato il traguardo; ma anche quando ha voluto e sponsorizzato la candidatura del giovane Mauro Vizzino, figlio d'arte ma alla prima esperienza, inquadrandola in un progetto politico di filiera (sindaco, consigliere regionale e deputato mesagnesi). Ha fatto strike. Ha vinto Gino Vizzino, facendosi generosamente da parte per dar spazio al rampollo e cementando un'alleanza che appare assai solida anche perché proprio lui ha svolto il ruolo di mediatore prima e poi di garante con le forze politiche conservatrici. Hanno vinto quelli di Mesagne Futura, che già un anno addietro esatto avevano abbandonato la bagnarola di Forza Italia per imbarcarsi in una traversata che allora appariva solitaria: hanno compiuto scelte coraggiose, considerando anche la dislocazione in “Diamoci una mano”, non del tutto comprese ed apprezzate dall'elettorato, ma sufficienti ad entrare nell'assise comunale e partecipare al governo della città. Ha vinto anche, oltre il paradosso, Ninni Mingolla, signore nella vita e nella politica, che ha assicurato un risultato elettorale onorevolissimo al Partito Democratico, che altrimenti non si sarebbe potuto ottenere.

Ha perso il PD, e non solo le elezioni, quanto la possibilità – ci stava tutta, conoscendo a fondo le vicende degli ultimi dieci anni – di cedere il passo a Pompeo Molfetta quando ancora si poteva, offrendogli la candidatura in nome del centrosinistra unitario. Hanno perso i Verdi, minuscolo vessillo riesumato per l'occasione e contraddistintosi più per le sortite volgari e di impronta diffamatoria verso avversari e stampa che per la qualità degli argomenti ed il consenso. Hanno perso quelle figure del centrodestra che erano già state spazzate via al primo turno e che hanno provato a riciclarsi con un postremo colpo di coda: Sabrina Didonfrancesco ed i suoi pochi seguaci rimasti – tutti in procinto di essere sbattuti fuori da Forza Italia, lei per prima – che hanno speso gli ultimi due giorni di campagna elettorale per far votare Mingolla; ma anche i pochi fratellini d'Italia che hanno voluto assecondare l'endorsement su Facebook dell'avvocato Raffaele Missere, sempre a favore del candidato democratico. Ed hanno perso alcuni tra gli sfegatati antisistema del Movimento 5 Stelle che, pur di abbattere il loro nemico pubblico numero uno (Toni Matarrelli), hanno provato a raccogliere un po' di consenso ancora una volta per Mingolla. Panorama desolante tra i vinti, al contrario di quanto normalmente accade: anche per perdere occorre dignità.

Giuseppe Florio

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