Dipietrangelo: "Bruno non risponde sui problemi. Se vi piace questo Pd, tenetevelo"

Alcuni dirigenti del Pd sembrano aspettare i miei interventi per dimostrare la loro esistenza ed esercitare la propria funzione.

In mancanza di dibattito pubblico e di iniziativa politica sono, pertanto, contento di suscitare ancora reazioni e reattività (anche se molte delle volte rancorose) tra chi dovrebbe avere e svolgere un ruolo dirigente e suscitatore di discussione. C'e chi preferisce stare dietro le quinte per manovrare inermi, ignari e presunti dirigenti locali, arrecando danni ad un partito che avrebbe bisogno di dialogo,confronto e unità,organizzando fuori dalle sedi ufficiali incomprensibili caccia alle streghe.

Per quanto mi riguarda, dico e scrivo quello che penso anche perché non sono abituato a stare dietro qualcuno strumentalizzandolo. Per età e per storia comincio ad avere una certa compassione per chi pensa alla politica e allo stare assieme in un partito come manovra, ansia,spartizione e gestione di potere. Mi interessa il confronto sulla politica e sulle politiche e sulle loro conseguenze sulla vita dei cittadini. Ho scritto in questi giorni alcune riflessioni sui risultati elettorali in città e in provincia di Brindisi. Punti di vista che ho ritrovato nell'analisi del voto che a differenza di Brindisi è stata fatta o è in atto in tutta Italia.

Sono dispiaciuto per avere costretto il segretario provinciale del Pd, nonché presidente della Provincia e sindaco di Francavilla Fontana, a prestare attenzione ai risultati elettorali regionali e comunali del 31 maggio e 14 giugno e per averlo impegnato in alcune dichiarazioni sbagliate date al "Quotidiano". Mi scuso per averlo distolto dai suoi plurimi e più importanti impegni per interessarsi ad alcune mie considerazioni sul voto, tra l'altro, molto più vicine a quelle del suo referente Renzi, che alle sue. Dalle sue risposte, si evince che, preso certamente dai suoi troppi impegni politici e amministrativi, non ha potuto leggere il mio intervento e forse lo ha fatto leggere a qualche cattivo consigliere, facendosi condizionare dai titoli dati da alcuni organi di stampa o dal malessere, dalla frustrazione e dall'anarchia interni al suo partito e tra i suoi presunti dirigenti.

Maurizio Bruno e RenziInnanzitutto non ho chiesto le sue dimissioni cui non sono per niente interessato. Ho solo posto una domanda. Se, alla luce dei risultati elettorali (regionali e comunali) fin troppo chiari e deludenti (nella città di cui il segretario provinciale e sindaco, il Pd ha preso l'11%), a dirigere questa fase di oggettivo e grande lavoro politico e organizzativo, di vera e propria ricomposizione del Pd sia una "personalità" impegnata su ben tre fronti politici ed amministrativi.

Ho posto una questione di opportunità perché ritengo, forse sbagliando, che le tre cariche che si assommano in una sola persona mal si conciliano con lo stato in cui si trova oggi il Pd e con il lavoro necessario per tenerlo unito, vivo e presente sul territorio. Penso, anche, che ci sia tra le tre cariche un certo conflitto di interesse politico. Non vorrei che il segretario provinciale del Pd abbia voluto strumentalmente rispondere a me per rispondere invece a se stesso e ai suoi dirigenti regionali e locali, ai suoi rappresentanti istituzionali che di questo suo impegno tridimensionale ne parlano e qualcuno addirittura ne ride.

Tra l'altro non era lo stesso segretario provinciale a parlare,una volta fatto eleggersi a presidente della Provincia, di una sua esigenza a lasciare la direzione del Pd? E non erano queste le motivazioni per cui nominò il senatore Tomaselli coordinatore della sua segreteria? E non è stato quest'ultimo a parlare già prima delle elezioni di congresso straordinario? Basta andare a leggere i giornali di quel periodo.

Di sue dimissioni ne parlano altri e a più livelli. Io,ribadisco, non sono per niente interessato. Non ne avrei neanche i titoli dal momento che ho sospeso la iscrizione al Pda causa della mia incompatibilità culturale e politica con l'attuale direzione cittadina.Nelle mie valutazioni ho posto solo una questione di opportunità e di "carico di lavoro".

Le sue argomentazioni sui presunti brillanti risultati elettorali del Pd in provincia di Brindisi li lascio valutare a chi ha voglia di leggere i numeri. E comunque contento lui, contenti tutti. Ma io no. Ciò che però non posso consentire a Maurizio Bruno, ai suoi consiglieri o a chi gli scrive le dichiarazioni, è la insinuazione che non sarei moralmente indicato ad esprimere le mie valutazioni in quanto protagonista del ribaltone fatto nel comune di Brindisi risalente al lontano 1999 e come colui che ha distrutto il centrosinistra. Forse farebbe bene a parlare e a interessarsi dei ribaltoni successivi e soggettivi di tanti dirigenti e iscritti del Pd e in corso in tanti comuni compreso quello di questi mesi di Ostuni,per non parlare di quanto avvenuto a Carovigno.

Aldilà della questione dei tempi (sono passati 16 anni), Bruno non sa di cosa parla. Lo chieda in famiglia. E per quanto riguarda la moralità consiglierei Bruno o chi per lui ad essere più cauto. Per sua memoria, furono gli organismi dirigenti provinciali e cittadini,dopo una lunga e consapevole discussione, a decidere quella scelta. Allora si discuteva e ci si confrontava con rispetto. Dopo quel 1999, nel 2002, il centro sinistra vinse le elezioni amministrative con il 72% e al primo turno; nel 2001 la città di Brindisi per la prima volta contribuì ad eleggere un deputato, Giovanni Carbonella, e una senatrice, Rosa Stanisci. Nel 2004 furono vinte le elezioni provinciali, malgrado gli avvenimenti giudiziari del 2003. E Brindisi portò il suo contributo.

I protagonisti e i fruitori di quel ribaltone sono ben noti e hanno ancora ruoli importanti nel Pd provinciale e cittadino. Io, per comodità e opportunismo altrui, mi sono caricato solo la croce di quel ribaltone e che comunque non ho mai rinnegato. Sulla genesi e sulla gestione di quel ribaltone ho scritto un libro, richiamando fatti, circostanze, uomini che lo vollero e lo gestirono. Per le vicende giudiziarie del 2003, ho rinunciato responsabilmente da 10 anni a qualsiasi incarico politico e istituzionale. Non mi pento e non ho rimpianti. Non mi si può chiedere, però, di rinunciare alle mie idee, alla mia libertà di giudizio, alla passione politica e alla curiosità intellettuale da cui come ha ricordato ultimamente Enrico Letta, non ci si può dimettere. Passione e curiosità che mal si conciliano con la mediocrità imperante e che ho l'impressione suscitano, in alcuni presunti dirigenti del Pd, ancora preoccupazioni e cattivi pensieri. "State sereni" vi direbbe Matteo Renzi. Ma se vi piace questo partito, tenetevelo.

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