I Giovani Democratici ed il caso Grecia.
Vediamo nella Grecia un Paese tragicamente provato da anni di crisi economica, che oggi conosce percentuali altissime di povertà, disoccupazione, malnutrizione, mortalità infantile,
tagli devastanti ai servizi di sicurezza sociale e un indebolimento di proporzioni colossali del settore produttivo. Sulle durissime condizioni di vita odierne dei Greci misuriamo il disastro delle politiche economiche imposte alla Grecia dalle istituzioni internazionali almeno dal 2010 a questa parte. L’aggiustamento fiscale a cui è stata sottoposta la Grecia ha comportato sacrifici massicci: le “riforme” adottate hanno riguardato sforbiciate nette alla spesa pubblica e alle prestazioni sociali, diminuzione di salari e pensioni del 35%, riduzione della spesa sanitaria per il 40%, la fine della contrattazione collettiva, la riduzione di un quarto del numero dei dipendenti pubblici; interventi, ci dicevano, che avrebbero avuto un temporaneo effetto negativo sull’attività economica, ma successivamente avrebbero dato la stura alla ripresa. Oggi, invece, la Grecia è sull’orlo del fallimento.
Ancora oggi le Istituzioni internazionali vorrebbero concedere nuovi prestiti in cambio delle stesse rovinose politiche regressive. Ad uno Stato in condizioni sociali dolorose, si impone di raggiungere al 2018 un surplus primario di bilancio del 3,5% , si proibisce di aumentare la tassazione sui grandi profitti, ma allo stesso tempo si chiede di andare ad incidere ulteriormente su pensioni e tassazione al consumo.
Se qualche giorno fa indirizzavamo al PSE un appello ad impegnarsi ad attivare un’azione solidale nella gestione dell’emergenza umanitaria, oggi misuriamo l’afasia dei socialisti europei su un tema che riguarda il futuro di un popolo e le basi della convivenza nell’Unione Europea. Della famiglia socialista notiamo l’acquiescenza verso le politiche dei conservatori e la debolezza nel fare fronte comune oltre gli steccati nazionali. Vorremo, invece, un’iniziativa politica condivisa e coraggiosa che contrasti le politiche di rigore e mercantiliste dei conservatori e metta al centro le condizioni del lavoro, la lotta alla povertà, la redistribuzione dei redditi, gli standard delle prestazioni sociali, la politica industriale. Oggi chiediamo al PSE di adoperarsi per riportare le parti al tavolo dei negoziati e riaprire le trattative. Il referendum, strumento democratico di grande nobiltà, è, in questo contesto e riferendosi ad un’offerta che non è più valida, un salto nel vuoto, una via dagli scenari incerti e forse dagli esiti disastrosi.
Lo sforzo dei socialisti europei deve essere quello di limare le differenze in campo.
Le distanze tra i negoziatori non sono mai state così piccole: un accordo si può e si deve raggiungere, risparmiando alla Grecia altri intollerabili sacrifici ed umiliazioni e chiedendo al governo di Tsipras fermezza in tanti ambiti: nella lotta alla corruzione, nel contrasto all’evasione fiscale, nell’efficientamento della pubblica amministrazione, ad esempio.
Lo stesso impegno e la stessa scelta di campo chiediamo al PD e al Governo Renzi: non è solo il rischio contagio e la solidità finanziaria dell’Italia che ci preoccupano; è soprattutto la sorte del popolo greco e salute del progetto di integrazione europea e dei suoi valori di solidarietà e giustizia, che a nostro avviso sono la migliore assicurazione sul nostro futuro.